Sulla coscienza di Fini e Giovanardi 24.273 detenuti
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Sulla coscienza di Fini e Giovanardi 24.273 detenuti

Grazie alla Corte Costituzionale le carceri si svuoteranno di più di un terzo. E Ilaria Cucchi accusa: senza quella legge mio fratello sarebbe ancora vivo. [Costanza Giannelli]

Sulla coscienza di Fini e Giovanardi 24.273 detenuti
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18 Febbraio 2014 - 13.40


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di Costanza Giannelli

«Dopo 8 anni, la consulta ha cancellato la Fini-Giovanardi. E ora chi lo dice ai Cucchi?». Il secco tweet di FlashPoke è uno specchio della rabbia di queste ore. Insieme alla gioia per la bocciatura della legge sulle droghe, infatti, arriva l’amarezza. Finalmente il monstrum giuridico è stato cancellato, ma per molti questa decisione arriva tardi, troppo tardi. I danni prodotti da questa legge «criminogena» sono sotto gli occhi di tutti: migliaia di anni di carcere, processi, condanne sproporzionate rispetto ai reati. E morti. Nessuna sentenza potrà mai ripagare queste vite e gli oltre ventiquattromila detenuti “illegittimamente” nelle prigioni italiane. La decisione della Corte Costituzionale, però, potrebbe aiutare chi sta scontando una pena ingiusta per colpa di una legge incostituzionale. Per alcuni, addirittura, sarebbe la soluzione al problema del sovraffollamento carcerario.

Secondo i dati del ministero della Giustizia, alla fine del 2013 i detenuti per reati di droga erano 24.273 su un totale di 62.536, addirittura il 38,8 percento. Ma c’è di più. Grazia Zuffa, nel “Quarto Libro Bianco sulla Legge Fini-Giovanardi”, basandosi proprio sui dati del ministero, ha rilevato che «quattro detenuti su dieci sono ristretti per “produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti”», mentre solo il tre percento è in carcere per “associazione finalizzata al traffico illecito”. «L’enorme divario fra i reati per detenzione e quelli relativi al grande traffico rende evidente che la legge è stata costruita (ed è applicata) per colpire indiscriminatamente i “pesci piccoli”, se non i semplici consumatori». La Fini-Giovanardi, quindi, è il frutto di un Paese garantista a senso unico che colpisce i «poveri cristi», ingrossa le tasche delle narcomafie e, grazie anche alla ex Cirielli sulla recidiva, intasa le patrie galere.

Sono quasi quindicimila i detenuti “in eccesso” nei penitenziari italiani. La maggior parte di loro è dietro le sbarre grazie alla Fini-Giovanardi e alla Bossi-Fini. Una legge razzista e una proibizionista, quindi, in meno di dieci anni hanno riempito le carceri, provocando un disastro sociale ed economico. A maggio, se il problema del sovraffollamento non sarà risolto, potrebbe scattare anche la maxi multa da parte dell’Europa. Per questo, in molti hanno voluto vedere nella decisione della Consulta lo “svuotacarceri” di cui il Paese ha bisogno.

I giornali si sono sbilanciati, fornendo le cifre di un’imminente scarcerazione di massa. Secondo queste stime, sarebbero circa diecimila (per qualcuno addirittura quindicimila) i detenuti che potrebbero beneficiare della cancellazione della Fini-Giovanardi. L’abrogazione della legge, se così fosse, potrebbe da sola risolvere la questione carceraria o, almeno, contribuire a ridimensionare l’emergenza. I giuristi, però, frenano gli entusiasmi. Le norme dichiarate illegittime cesseranno di avere efficacia fra un mese circa, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza che, per ora, è stata annunciata solo con un breve comunicato. Fino ad allora, non si possono stabilire con certezza quali saranno gli effetti della sentenza, né fare previsioni sul numero dei detenuti coinvolti.

La Consulta, infatti, non si è pronunciata sul contenuto della legge, contestandone meramente l’illegittimità formale «per violazione dell’articolo della Costituzione che regola la procedura di conversione dei decreti-legge». La Corte si è espressa sul metodo piuttosto che sul merito, lasciando intoccato l’impianto della legge che, paradossalmente, potrebbe essere ripresentata tale e quale ed essere approvata nuovamente con un corretto iter legislativo. Per adesso, torna in vigore la Iervolino-Vassalli del 1990, così come modificata dal referendum promosso dai radicali nel 1993, che aveva depenalizzato il consumo personale. A beneficiare della vecchia – meno restrittiva – normativa sarà, però, chi è in attesa di giudizio o chi commetterà nuovi reati. Per chi sconta una sentenza definitiva, invece, la situazione è diversa e non c’è alcun automatismo.

Per i detenuti che stanno scontando una pena sulla base della normativa decaduta, potrebbero essere avviati degli «incidenti di esecuzione» per chiedere il ricalcolo della pena sulla base della legislazione più favorevole. In questo caso, però, i giudici dovrebbero valutare caso per caso. Non si avrebbe, quindi, un’uscita di massa dal carcere, ma un ulteriore intasamento dei Tribunali e, forse, un flusso lento ma costante di scarcerazioni. Per questo, c’è anche chi già ipotizza un provvedimento ad hoc del Parlamento o chi torna a invocare l’indulto e l’amnistia. Per capire cosa succederà ora che «illegale è la legge», però, si può solo aspettare.

Secondo Mario Barone, presidente di Antigone Campania, «è difficile fare previsioni, benché i media abbiano fornito cifre relative ai detenuti che potrebbero lasciare il carcere. I numeri non sono riscontrabili». La Campania è tra le regioni a più alto tasso di sovraffollamento carcerario, e proprio Poggioreale detiene l’infausto record di presenze, con mille detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare. Un vero e proprio «inferno», in cui al degrado delle celle stipate fino all’inverosimile si aggiungono i maltrattamenti e i pestaggi della “cella zero”. Secondo i radicali, poi, il trenta percento dei detenuti del carcere napoletano – il più sovraffollato d’Europa – è tossicodipendente, circa il cinque percento in più della media nazionale. In base alle stime, sarebbero oltre quattrocento coloro che potrebbero uscire grazie al ricalcolo della pena ora che la Fini-Giovanardi è stata abolita.

Se al momento non si può dire cosa succederà, si può dire cosa non sarebbe successo se questa legge «criminale e liberticida» non fosse stata approvata con un colpo di mano dal governo Berlusconi. «Se la notte del 15 ottobre del 2009 non fosse stato arrestato per poi essere portato in tribunale a piazzale Clodio, Stefano non sarebbe stato ferocemente pestato, tanto da renderne obbligato il ricovero in ospedale in condizioni “acute” come ha recentemente riconosciuto la Suprema Corte di Cassazione», ha scritto Ilaria Cucchi sul suo blog. Senza la Fini-Giovanardi, ormai «carta straccia», Stefano sarebbe ancora vivo, e come lui molte altre vittime della violenza di Stato.

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