Intimidazioni ai comuni
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Intimidazioni ai comuni

Le intimidazioni nei confronti degli amministratori locali sono in sensibile crescita nel meridione, in testa Calabria, Sicilia e Sardegna.

Intimidazioni ai comuni
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16 Gennaio 2013 - 10.07


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di Gilda Sciortino

Accadono in tutta Italia, ma in modo particolare nel meridione, con un triste primato spettante alla Calabria, che registra quasi un terzo di tutti i casi. Parliamo di atti intimidatori diretti e indiretti, rivolti in modo particolare agli amministratori locali del nostro Paese: nel 2011 sono stati 85 gli episodi, pari al 31%. Un dato regionale che, rispetto al 2010, si mantiene stabile, anche se c’è un aumento del 40% degli episodi di intimidazione e di minaccia nella provincia di Reggio Calabria, e dell’87% nella provincia di Crotone.
A parlare di dati generalmente in sensibile crescita è il rapporto annuale di Legautonomie Calabria, dal titolo “Ripartire dagli enti locali”, dal quale veniamo a sapere che è di due a settimana la media degli atti intimidatori che, nell’anno appena conclusosi, hanno preso di mira molti amministratori locali calabresi; episodi verificatesi in 63 diversi centri della Calabria, il 38 per cento dei quali rivolti direttamente ai primi cittadini. Un fenomeno, che ha riguardato tutte le province della Regione: a Reggio Calabria le intimidazioni sono state 31, a Cosenza 28, 18 a Catanzaro, 17 a Vibo Valentia, 12 a Crotone.
Secondo il Rapporto, nel 2012 sono aumentati i danneggiamenti, l’uso di esplosivo e gli incendi dolosi. Quasi metà del totale (47 per cento) degli episodi censiti dal 2000 in poi, praticamente oltre mille, è stata compiuta in un piccolo comune, e circa quattro su dieci hanno riguardato, nel 2012, direttamente i sindaci, mentre per il 75 per cento sono stati rivolti ad amministratori comunali. Nel 20 per cento dei casi sono stati presi di mira strutture e beni comunali, mentre nel 6 per cento amministratori provinciali, consiglieri regionali, commissari comunali e parlamentari. Nello specifico, non sono stati risparmiati l’incendio dell’auto personale, l’invio di buste contenenti lettere minacciose, le scritte ingiuriose sui muri delle abitazioni o il ritrovamento di animali uccisi davanti a casa. Senza contare il taglio dei pneumatici della macchina, gli spari e le bombe alle porte d’ingresso dei municipi, i danneggiamenti o i furti all’interno degli stessi comuni, perfino il trafugamento della salma di un parente dal cimitero. Fino ad arrivare all’aggressione fisica, al tentato omicidio, anche all’omicidio stesso.
La Sicilia non è ovviamente da meno a tutto questo, seguendo a ruota la Calabria con 67 casi, il 25% a livello nazionale: rispetto al 2010, nell’isola si registra un aumento del 39% degli atti di intimidazione e di minaccia a livello regionale, in particolare nelle province di Agrigento (+ 130%) e di Trapani (+ 433%). Proprio Agrigento, poi, insieme a Reggio Calabria e Napoli, è una delle realtà maggiormente colpite dalle intimidazioni mafiose e criminali con, rispettivamente, 31 casi (11% del totale nazionale), 23 (9%) e 18 (7% rispetto al dato complessivo nazionale). Seguono la provincia di Nuoro con 16 casi (6% del totale nazionale), quella di Barletta-Andria-Trani con 8 casi (3%), Roma con 6 (2%) e Lecco con 5 (2% del totale nazionale).
Al terzo posto, dopo la Calabria e la Sicilia, si piazza la Sardegna con 36 episodi (il 13%), in aumento del 44% tra il 2010 e il 2011: a livello provinciale, un incremento si registra nelle province di Nuoro (+ 78%) e di Cagliari (+ 67%). In Campania, invece, i casi verificatisi sono stati 25 (il 9% a livello nazionale), mentre in Puglia 20 (il 7%).
Una novità, rispetto al Rapporto 2011, è la presenza della Lombardia (9 casi) e del Lazio (7 casi), mentre fanno timidamente capolino regioni del Centro-Nord Italia come la Toscana e la Liguria (3), l’Emilia Romagna e le Marche (2), il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige (1 episodio ciascuna). Per quanto concerne il Centro-Sud italiano, troviamo casi in Abruzzo e in Basilicata (3 per ogni regione).
Nel 2011 sono stati censiti 233 atti intimidatori diretti – 200 contro amministratori pubblici (il 74% a livello nazionale), 33 nei confronti di impiegati e dirigenti della Pubblica Amministrazione (il 12% a livello nazionale) – e 37 indiretti in direzione di scuole, magazzini, mezzi e altre strutture comunali (il 14% a livello nazionale). Tra gli amministratori locali, oltre ai sindaci, sono stati presi di mira assessori, presidenti di consiglio comunale e consiglieri, mentre, tra i dirigenti comunali, i più colpiti sono i responsabili degli uffici tecnici, i comandanti della Polizia Municipale e i loro sottoposti, i responsabili dei settori rifiuti, sanità e controllo sugli abusivismi edilizi.
Un fenomeno, dunque, che richiederebbe un intervento diverso e mirato per esempio da parte della politica, dimostrando maggiore vicinanza prima di tutto nei confronti di quegli amministratori che cedono, con l’inevitabile conseguente scioglimento dei comuni da loro guidati: 25 durante tutto il 2012 in Italia, il numero più elevato dopo il 1993. Nella sola Calabria, per esempio, nel ventennale del varo della legge sull’elezione diretta dei sindaci che cade proprio nel 2013, il 5 per cento è stato sciolto anticipatamente a fronte di una media nazionale del 2,6 per cento. Ecco, dunque, perché, ripartendo proprio dagli enti locali, si potrebbero dare certezze alle prospettive delle istituzioni più radicate sul territorio, quelle che con fatica ed enormi difficoltà combattono quotidianamente contro chi tenta in tutti i modi di distruggere ogni speranza nel futuro della propria terra.

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