di Adelmina Meier
Dopo la messa in onda del Tg1 che celebrava Atreju e la Meloni di ieri e di oggi, ieri quella che dava gomitate tra i maschi del partito neofascista per farsi strada, oggi quella di Palazzo Chigi fedele al romanesco, parecchio arrogante e collezione vivente di contraddizioni tra cose dette ieri e cose ora sostenute oggi; dopo quel Tg1 è venuta spontanea la curiosità – per analogia – di ripescare qualche vecchio cinegiornale di quando c’era Lui.
Quando lui inaugurava di tutto ed aveva sempre appresso l’operatore per le immagini che in fase di montaggio sarebbero state definite dalla voce perentoria dello speaker del tempo. Ah, scusate, annunciatore.
Da ieri ad oggi. Si badi bene, per quel che riguarda quanto è accaduto al Tg1, il problema non è la Meloni e il codazzo che le sta appresso, il problema non è il direttore a tempo del primo telegiornale del Servizio Pubblico, che a dirigere il Tg1 c’è solo perché lo ha voluto la Meloni, il problema è il Tg1, fatto di uomini e donne, di professioniste e professionisti, che formano il corpo redazionale. Gli interrogativi vengono guardando loro, ascoltando loro, soprattutto nei silenzi. I problemi vengono dalla nonchalance che li accompagna quando quotidianamente sono chiamati a far da spalla a questo scempio. Non un sussulto, non un passo indietro, non un “no, grazie”. Niente, niente di niente. Alle ortiche non dico quella “schiena dritta” che si è persa per strada da un bel po’, alle ortiche quel minimo di iniziativa sindacale che basterebbe a timbrare il cartellino. Non un movimento di palpebra, niente. Ogni diagnostica ci darebbe un grafico piatto.
Dicevamo dei cinegiornali celebrativi degli anni Trenta del secolo scorso, in bianco e nero, più nero che bianco. Ecco, la prima differenza tra i filmati di allora e il servizio del Tg1 che in queste ore fa discutere è Giovanni Donzelli. Intervistato, è così distante dai volti seriosi, truci e inquietanti del bianco e nero col duce, quando inaugurava la Via del Mare, l’ufficio dell’Anagrafe, la Casa del fascio a Primavalle, quando dava le prime picconate, o con la cazzuola in mano poneva il primo mattone. Cerco filmati col duce e i suoi gerarchi ad aprire banchi gastronomici con la porchetta e l’amatriciana. Niente, tutti seriosi e mai goderecci i filmati di quello sciagurato ventennio. Ilare e rassicurante, invece Donzelli. Presenta la festa, la kermesse con un sorriso che suggerisce l’idea che non è una cosa seria, che si fa per ridere.