Da Gendarme del Mediterraneo a Garante del "Patto del grano": l'irresistibile ascesa di Erdogan
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Da Gendarme del Mediterraneo a Garante del "Patto del grano": l'irresistibile ascesa di Erdogan

Minacciando di invadere l’Europa con i milioni di migranti trattenuti in Turchia, Erdogan ha ottenuto da Bruxelles 6 miliardi di euro. Poi il ricatto sui curdi per la Nato

Da Gendarme del Mediterraneo a Garante del "Patto del grano": l'irresistibile ascesa di Erdogan
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Luglio 2022 - 17.44


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Da Gendarme del Mediterraneo a Garante del “Patto del grano”. L’irresistibile ascesa del sultano di Ankara: Recep Tayyp Erdogan. Alla guida di un ferreo regime islamo-nazionalista, Erdogan ha dato ripetute prove della sua abilità nel giocare su più tavoli., utilizzando tutte le armi a sua disposizione. Quella del ricatto, è l’arma che il presidente turco sa usare meglio.  Minacciando di invadere l’Europa con i milioni di migranti, per lo più siriani, trattenuti in Turchia, Erdogan ha ottenuto da Bruxelles 6 miliardi di euro, finora. Minacciando di porre il veto all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, ha attenuto la pelle dei curdi. E poi ci sono le due “battaglie” in cui Erdogan sta eccellendo: quella del grano e, per quanto riguarda in particolare l’Italia, quella del gas.

Garante del “Patto del grano”.

Scrivono in proposito Samuele Damilano&Sergio Cantone su Euronews.com: “Il mondo si è affidato alla Turchia per la ripresa del commercio marittimo del grano proveniente dall’Ucraina. Ankara a capo dell’operazione di sminamento del Mar Nero, in particolare delle “conchiglie” esplosive nel porto di Odessa, con il consenso di Putin e Zelensky e il riconoscimento da parte dell’Onu. Sarà la Marina turca, con eventuale supporto di altri Paesi, tra cui l’Italia, a trasportare fino allo stretto del Bosforo le navi che trasportano grano, mais, orzo e girasole.

Dal 24 febbraio, in generale, Erdogan si è posto come interlocutore privilegiato tra i due schieramenti, Russia da una parte e Ucraina, Ue/Nato dall’altra. È di poche settimane fa l’incontro tra il ministro degli esteri turco e quello russo, benché considerato un buco nell’acqua.

È stato Hulusi Akar, ministro della Difesa turco, dopo la due giorni dei ministri della Difesa della Nato a Bruxelles, il 15 e 16 giugno, a garantire che le quindici navi cariche di grano ormeggiate nei porti ucraini verranno sbloccate a breve per riprendere il commercio: tutto il grano che va verso il “sud del mondo” è russo perché il blocco navale ha strozzato il 90% di esportazione ucraina, così  in questi primi mesi del 2022 l’esportazione di cereali di Mosca è cresciuta del 18%, quella di Kiev è scesa del 32%”.

“Voglio ringraziare la Turchia per il suo sforzo di mediazione, in particolare per quanto riguarda lo sblocco dei cereali fermi nelle città del Mar Nero. Dobbiamo liberare al più presto queste forniture, e quelle di fertilizzanti, per evitare una catastrofe umanitaria e sociale nei Paesi più poveri del mondo”. Così il presidente del Consiglio Mario Draghi nella conferenza stampa congiunta al termine del bilaterale intergovernativo Italia-Turchia, svoltosi il 5 luglio scorso ad Ankara, il primo dopo dieci anni.  

Per quanto riguarda il blocco dei porti ucraini da parte delle forze militari russe, Draghi ha ricordato che un accordo tra Russia e Ucraina sul grano «ha un importantissimo valore strategico” perché “nel complesso degli sforzi per la pace sarebbe un primo atto di concordia, un primo tentativo di arrivare a un accordo per un fine che deve coinvolgerci tutti perché ne va della vita di milioni di persone nelle aree più povere del mondo». Il tema è stato affrontato anche da Erdogan. “Cerchiamo di essere un intermediario sotto l’ombrello dell’Onu e in una settimana-dieci giorni cerchiamo di arrivare a un risultato”, ha detto il presidente turco, rispondendo a una domanda sulla crisi del grano tra Russia e Ucraina. E così è stato.

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La “battaglia del gas”.

Sul “fronte italiano” il sultano ha fatto bingo. Attualmente dalla Turchia passano i 1840 chilometri della Trans adriatic pipeline, che collegano l’Arzebaigian al Tap che dalla Grecia porta il gas in Puglia: al momento è tra le principali vie di approvvigionamento energetico dell’Italia. Come avvertiva la relazione annuale del nostro dipartimento per la sicurezza, la Turchia ”ambisce a diventare il principale hub di passaggio di gas verso l’Europa”. 

Tanto più dopo la decisione di Mosca di tagliare le forniture di gas all’Italia. Da lunedì scorso, laRussia ha ridotto riduce di un terzo le forniture all’Italia rispetto alla media degli ultimi giorni. Lo comunica Eniche in una nota spiega: “Gazprom ha comunicato che per la giornata di oggi fornirà a Eni volumi di gas pari a circa 21 milioni di metri cubi al giornorispettoa una media degli ultimi giorni pari a circa 32 milioni di metri cubi al giorno. La media di 32 milioni di metri cubi al giorno era già significativamente inferiore rispetto a quella precedente all’emergenza gas, da giugno in poi i flussi di gas che dalla Russia arrivano al Tarvisio attraversando anche l’Ucraina sono stati abbassati di circa la metà. L’Italia e l’Europa si stanno avvicinando sempre più verso una “crisi energetica gravissima”, come è stata definita da Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

Lo show di Madrid

Al vertice Nato di Madrid, è stato un protagonista assoluto. E vincente. Così l’inviato dell’ Agi al summit, Francesco Russo: […]. Dopo essere rientrato a pieno titolo nell’arena internazionale col G20 di Roma del 2021, quando la frattura tra Occidente e blocco sino-russo si era già allargata oltre i livelli di guardiaErdogan ha colto l’occasione della guerra in Ucraina per rendersi indispensabile. Sulla carta partner del Cremlino, ma in realtà suo rivale strategico, Erdogan si è intestato il ruolo di mediatore tra Mosca e Kiev e, dopo il naufragio del tavolo di Istanbul (sul quale il presidente turco aveva investito un ingente capitale politico), è riuscito a rimanere al centro dell’arena grazie alla strategica posizione geografica.

È la Turchia che controlla l’accesso al Mar Nero ed è la Turchia che è in grado di garantire l’uscita dai porti ucraini delle derrate di cereali. Erdogan ha annunciato che una ‘road map’ per i corridoi del grano verrà stabilita la settimana prossima, dopo nuovi contatti nel weekend con Putin e Zelensky.

Ora il presidente turco può tornare ad Ankara affermando di aver ottenuto tutto quello che voleva. Biden gli ha confermato la sua disponibilità a fornirgli i caccia F-16, pur condizionati al via libera del Congresso. E, soprattutto, sono state accettate tutte le condizioni che aveva posto per dare il via libera alla candidatura di Svezia e Finlandia come membri della Nato. La quadra è stata trovata martedì’ 28 giugno, dopo un lungo vertice serale con il segretario generale dell’alleanza, Jens Stoltenberg,  il presidente finlandese, Sauli Niinisto, e la premier svedese, Magdalena Andersson.

La firma, dopo oltre tre ore di discussione, di un memorandum che vede recepite tutte le principali richieste di Ankara, ha consentito al vertice di entrare nel vivo senza l’ombra di una controversia che avrebbe messo in secondo piano persino un’agenda importantissima con in cima il nuovo ‘Strategic Concept’ e il rafforzamento degli aiuti all’Ucraina.

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“La Turchia ha ottenuto ciò che voleva”, osservano fonti della presidenza turca, “la Turchia ha ottenuto risultati significativi nella lotta contro le organizzazioni terroristiche”. Il documento, siglato dai ministri degli Esteri delle tre nazioni, vede Svezia e Finlandia impegnarsi a consegnare alla Turchia i militanti curdi ricercati, a smettere di sostenere l’Ypg e il Pyd, braccio militare e braccio politico dei curdi siriani, e revocare l’embargo alle esportazioni di armi in Turchia che era stato imposto nel 2019 proprio in risposta al blitz turco nel Nord della Siria.

“Il fatto che la definizione di Feto (l’organizzazione del religioso Fetullah Gulen, nemico giurato di Erdogan, nda) come organizzazione terroristica insieme al Pkk/Ypg/Pyd sia stata così chiaramente affermata in un accordo internazionale è un passo molto importante nella dimensione internazionale nella lotta della Turchia sotto la guida del presidente Erdogan”, commentano ancora le fonti turche.

Sono state accettate tutte le linee rosse di Ankara“, ha tirato le somme Erdogan, avvertendo che, qualora Stoccolma e Helsinki, non rispettino i loro impegni, il memorandum non verrà ratificato dal Parlamento turco. La Macedonia del Nord ci ha messo vent’anni a entrare nell’alleanza“, ha concluso sibillino il presidente turco, che da solo ha tenuto sulla corda l’alleanza militare più potente del mondo. E ora  – conclude Russo – può tornare in patria con un inequivocabile successo politico, necessario a distrarre i cittadini dalla crisi economica e dalla corsa dell’inflazione che attanagliano il suo Paese”.

Erdogan, un report di grande interesse.

E’ quello pubblicato dall’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale)

Di seguito, alcuni capitoli.

Un partner di peso?

Il più riottoso tra i membri Nato e candidato – ormai senza grandi aspettative – all’Unione europea, è il primo partner per l’Italia in Medio Oriente e Nord Africa. Nel 2021, l’interscambio tra i due paesi si è attestato a 19,4 miliardi di euro, mentre le esportazioni italiane nel paese equivalgono a 9,5 miliardi. Inoltre, gli investimenti diretti italiani in Turchia ammontano a circa 6 miliardi di dollari e, dati del Ministero del Commercio turco alla mano, le aziende italiane presenti nel paese sono oltre 1500. Ankara è anche un importante partner energetico per l’Italia: il gasdotto Tanap (Trans-Anatolian Pipeline), che successivamente si collega con la Tap, rappresenta la terza rotta di approvvigionamento di gas per il nostro paese dopo quelle provenienti da Algeria e Russia. Sul piano internazionale poi, la Turchia è il paese che finora sta portando avanti la mediazione più credibile tra Russia e Ucraina, capace – si spera – di sbloccare il grano fermo nel porto di Odessa. Mentre in Libia sostiene il governo di Tripoli, in aperto contrasto con Mosca che appoggia il generale Haftar in Cirenaica. Tensioni che alimentano l’instabilità nel paese, con effetti diretti anche per l’Italia, che riesce ad importare dalla Libia appena un quarto del gas di cui avrebbe bisogno.

Un alleato riluttante?

Pur essendo un partner importante, la Turchia è soprattutto un alleato ‘scomodo’. Dal ‘ricatto’ sui migranti, all’eterna questione del Mediterraneo Orientale fino alla minaccia di apporre il veto all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, il presidente Erdogan è alfiere di una politica estera spregiudicata ma, spesso, vincente. Nell’ultimo vertice Nato di Madrid, il leader turco è riuscito a ottenere, senza troppo clamore, che in cambio di un suo ‘sì’, Helsinki e Stoccolma promettessero di non prestare più sostegno ai leader curdi che Ankara considera ‘terroristi’. Come se non bastasse ha obbligato gli Stati Uniti a ritornare sulla decisione di non vendere alla Turchia 40 caccia F16, bloccati dopo che Ankara aveva acquistato dalla Russia il sistema antimissile S400. Tutti colpi messi a segno allo scopo di rilanciare la sua immagine di leader presso l’opinione pubblica turca. Il motivo è facilmente ravvisabile: l’anno prossimo – nel centenario della nascita della moderna Turchia – il paese va al voto e nei sondaggi il presidente è in calo. L’economia turca versa in condizioni disastrose: l’inflazione nel paese ha raggiunto quota 80%  e nell’ultimo anno e mezzo la lira turca ha dimezzato il suo valore rispetto al dollaro. E nei calcoli del presidente, la ribalta internazionale gli fornirà il consenso necessario ad essere rieletto.

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Migranti: limite raggiunto?

Le ambizioni di Erdogan d’altronde hanno un prezzo: nel paese – membro Nato e del G20 e partner privilegiato dell’Italia e dell’Unione europea – le libertà sono erose giorno per giorno mentre oppositori e dissidenti vengono perseguiti e incarcerati. Il tutto senza che i paesi occidentali riescano ad imporre il tema dei diritti umani nelle loro agende con Ankara. Sembra infatti che nella lista dei dissidenti curdi che Ankara ha chiesto a Svezia e Finlandia di estradare, ci sarebbero anche i nomi di giornalisti, intellettuali e scrittori. Se fossero consegnati alle autorità turche sarebbe imbarazzante perfino da commentare, mentre i due governi sono già stati accusati da più parti di aver ‘tradito i curdi’, per il proprio tornaconto. Eppure, in una nota di Palazzo Chigi, quello avvenuto oggi tra i due leader era stato presentato come “uno scambio costruttivo sul partenariato bilaterale e le opportunità di suo ulteriore rafforzamento”. Mentre sul tema migratorio le parole del premier in conferenza stampa sono state insolitamente dure: “La gestione dell’immigrazione deve essere umana, equa ed efficace. Noi cerchiamo di salvare vite umane. Ma occorre anche capire che un paese che accoglie non ce la fa più. E’ un problema che il ministro Lamorgese ha posto in Europa, lo ha detto qui e lo diremo alla Grecia quando la incontreremo. Forse noi siamo il paese meno discriminante e aperto, ma anche noi abbiamo limiti e ora ci siamo arrivati”.

 Così il report dell’ Ispi.

Gendarme, Garante, cinico “ricattatore”. Comunque vincente. Triste ma vero. Erdogan si fa forte delle debolezze e delle ossessioni (l’esternalizzazione delle frontiere) dell’Europa, per ottenere ciò che a lui preme. E lo fa con cinica determinazione, ricevendo riconoscimenti a Mosca come a Washington, a Bruxelles (Nato e Ue), e nelle più influenti capitali europee. Nel frattempo, le carceri turche continuano a riempirsi di oppositori, veri o presunti, e la pulizia etnica nel Rojava continua speditamente. E la cosa potrebbe ripetersi in tutta la Siria. Perché una cosa è certa: a pagare a caro  prezzo d un accordo Erdogan-Putin sul martoriato paese mediorientale – di questo si discuterà il 19 luglio a Teheran nel vertice Russia-Iran-Turchia – sarà il popolo siriano. 

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