Covid-19, un "virus" che miete vittime tra i rifugiati: il nazionalismo vaccinale
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Covid-19, un "virus" che miete vittime tra i rifugiati: il nazionalismo vaccinale

La risposta collettiva globale alla pandemia da Covid-19 non è riuscita a proteggere i diritti dei rifugiati malgrado gli sforzi straordinari degli attori locali e della comunità internazional

Covid-19, un "virus" che miete vittime tra i rifugiati: il nazionalismo vaccinale
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9 Luglio 2022 - 17.48


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Una malattia che produce morti a migliaia. E’ il nazionalismo vaccinale. E colpisce soprattutto i rifugiati.

Una denuncia documentata

Secondo un dettagliato rapporto internazionale pubblicato nei giorni scorsi, la risposta collettiva globale alla pandemia da Covid-19 non è riuscita a proteggere i diritti dei rifugiati malgrado gli sforzi straordinari degli attori locali e della comunità internazionale. Questa valutazione internazionale, la prima del suo genere, è stata condotta dall’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, dal Development Assistance Committee (Dac, Comitato per l’aiuto allo sviluppo) dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e altre istituzioni che fanno parte della Covid-19 Global Evaluation Coalition.
Si tratta di una valutazione della misura in cui i diritti dei rifugiati (dall’accesso all’asilo, all’assistenza sanitaria e ai vaccini, fino alla protezione dei minori e dalla violenza di genere) sono stati protetti durante la pandemia. Le conseguenze più serie della pandemia per i richiedenti asilo e i rifugiati sono state le misure prese da decine di stati per negare il diritto di accesso e la richiesta di asilo nel loro territorio. Queste misure, mirate alla protezione della salute pubblica, hanno spesso avuto come risultato il ritorno forzato a situazioni di pericolo, in violazione delle leggi internazionali.


Le risposte degli Stati sono state ampiamente inadeguate per mitigare i rischi crescenti corsi dai rifugiati, dalla violenza di genere al peggioramento delle disuguaglianze in materia di istruzione, dalla protezione dei minori alla crescente xenofobia e alla scarsità dei vaccini.


“Abbiamo appello alla vigilanza fin dall’insorgere dell’emergenza sanitaria globale, avvertendo che avrebbe messo alla prova l’impegno globale per la protezione delle persone costrette alla fuga” ha detto Gillian Triggs, Assistente Alto Commissario Unhcr per la Protezione. “Questa valutazione ci dimostra l’estensione del danno. Contiene la prova evidente che la pandemia è stata usata per giustificare misure restrittive che hanno indebolito i diritti dei rifugiati. Dopo più di due anni, alcune di queste politiche e pratiche preoccupanti sono ancora in vigore.”


La valutazione, tuttavia, ha riscontrato anche dei risultati positivi, specialmente riguardo all’inclusione, alla cooperazione internazionale e alla condivisione della responsabilità. Si tratta dei principi alla base del Global Compact sui rifugiati, dichiarati dall’assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2018.
La valutazione ha sottolineato sforzi straordinari degli attori locali e della comunità internazionale nel sostegno ai rifugiati e ai richiedenti asilo. Ha valutato con favore le innovazioni riguardanti le attività da remoto, che hanno permesso di proseguire molti servizi fondamentali per i rifugiati nonostante il lockdown e le restrizioni agli spostamenti.

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L’inclusione sanitaria è stata fondamentale nel contrastare la trasmissione del virus. La maggior parte dei paesi ha esteso ai rifugiati la copertura dei piani vaccinali nazionali. Ma il nazionalismo vaccinale ha ostacolato l’acquisizione e la distribuzione dei vaccini nei paesi a medio e basso reddito, che nel 2021 ospitavano l’84% dei rifugiati.
“La pandemia da Covid-19 ha messo alla prova fino al limite la capacità e la volontà degli Stati di mantenere gli obblighi e le responsabilità internazionali nei confronti dei rifugiati”, ha dichiarato la presidente del Dac dell’Ocse, Susanna Moorehead. “I donatori del Dac hanno incrementato i loro sforzi durante la pandemia, aumentando fino a livelli record l’Official Development Assistance. Ma nonostante le risorse aggiuntive, questa tempestiva valutazione dimostra che dobbiamo lavorare meglio insieme e superare il divario tra assistenza umanitaria e sviluppo. Uno sviluppo efficace, di impatto e trasparente è più necessario che mai in tempi di crisi globale.”
Per prevenire e affrontare le violazioni dei diritti dei rifugiati in conseguenza della pandemia, il rapporto formula sei raccomandazioni ai governi, alle istituzioni della protezione internazionale e alle organizzazioni delle Nazioni Unite. Fra queste, il rafforzamento della preparazione e la garanzia della continuità dei servizi di protezione essenziali, nonché la formazione delle autorità nazionali e di frontiera sul rispetto del diritto internazionale sui rifugiati in caso di pandemie future”.

Così il rapporto delle Agenzie Onu

Genocidio sanitario

17,5 milioni di persone sono morte per la pandemia, quasi 30 mila al giorno, da quando l’Organizzazione Mondiale del Commercio, 20 mesi fa, ha iniziato a discutere la proposta di sospensione delle regole che tutelano proprietà intellettuale di vaccini, terapie e diagnostica Covid-19.

 È l’allarme lanciato da Oxfam e Emergency, membri della People’s Vaccine Alliance, alla vigilia dell’incontro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc), svoltosi dal 12 al 15 giugno a Ginevra.

Oltre la metà dei decessi causati dal Covid-19 sono avvenuti in Paesi a basso e medio reddito

“La proposta di sospensione dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini, cure e test diagnostici relativi al Covid – avanzata da India e dal Sud Africa nell’ottobre 2020 e sostenuta da oltre 100 Paesi – consentirebbe ai Paesi a basso e medio reddito di realizzare questi prodotti sanitari indispensabili per la prevenzione e la cura del Covid-19 a prezzi più bassi rispetto agli attuali, imposti dalle aziende farmaceutiche monopoliste – rimarcano Sara Albiani, policy advisor sulla salute globale di Oxfam Italia e Rossella Miccio, Presidente di Emergency -.Tuttavia, l’Unione Europea, Regno Unito e Svizzera hanno impedito di raggiungere un accordo che avrebbe potuto salvare innumerevoli vite. Al contrario, nonostante almeno la metà delle vittime della pandemia siano nei Paesi in via di sviluppo (ed è un calcolo per difetto!), le richieste avanzate sono state respinte al mittente, col rischio di arrivare a una soluzione parziale che non risolverà il problema”. 

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In discussione una nuova proposta che porrà nuovi ostacoli ai produttori nel Sud del mondo

Dopo più di 18 mesi dalla proposta di sospensione dei diritti di proprietà intellettuale, alla prossima riunione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio si discuterà infatti ancora su un documento di compromesso che si allontana molto dall’idea originale e aggiunge ulteriori ostacoli per le aziende farmaceutiche nei Paesi in via di sviluppo.

 In primo luogo, perché riguarda i soli vaccini, escludendo le terapie e la diagnostica, che sono altrettanto fondamentali per salvare vite e ridurre la mortalità. 

Inoltre perché la proposta si applica, solo ai brevetti e non ad altre forme di proprietà intellettuale, che possono creare barriere legali e normative alla produzione di vaccini (così come di terapie e diagnostica). Diritti d’autore, marchi, segreti commerciali, design industriale e dati non divulgati rimarranno una potenziale barriera alla produzione a basso costo e all’accesso a vaccini e altre tecnologie mediche. 

 “Milioni di persone stanno pagando il prezzo dell’ipocrisia dei leader mondiali che hanno affermato che i vaccini avrebbero dovuto essere un bene pubblico globale, ma hanno lavorato per quasi 2 anni per far deragliare il processo che avrebbe potuto portare a mantenere quella promessa. – aggiungono Albiani e Miccio -. Con le molteplici crisi che devono essere affrontate a livello globale in questo momento è incomprensibile, che si stia ancora discutendo se sia una buona idea o meno mettere in condizione i Paesi più poveri di essere in grado di produrre i propri vaccini, test e trattamenti per questa e per eventuali future pandemie”.

 Meno di un quinto degli abitanti dell’Africa al momento ha ricevuto un ciclo vaccinale completo.

Attualmente, meno di un quinto degli africani ha ricevuto un ciclo vaccinale completo. Le strategie usate per promuovere l’accesso ai vaccini nei paesi a basso reddito si sono basate sulle donazioni. Per più di un anno i vaccini non sono stati disponibili e, una volta iniziate le spedizioni nei Paesi poveri, spesso le dosi si sono rivelate inutilizzabili, perché troppo vicine alla scadenza. Minando la fiducia tra l’Ue e i Paesi africani, oltre che la capacità dei diversi Paesi di pianificare efficaci campagne vaccinali. D’altro canto, terapie e test rimangono ancora un miraggio nei Paesi più poveri.

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 Nonostante le immani difficoltà, l’Africa è stata più efficiente di Portogallo e Austria nella somministrazione dei vaccini ricevuti.

Nonostante le difficoltà logistiche l’Africa ha somministrato però il 70% delle dosi ricevute, più di quanto non abbiano fatto paesi europei come Portogallo (68%), Austria (58%), Cipro (69%).  Un risultato notevole se si pensa che i Paesi africani hanno limitati budget sanitari, con una spesa pro-capite 33 volte inferiore a quella dei Paesi ad alto reddito.

 In gioco la credibilità stessa dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Oxfam, Emergengy e la People’s Vaccine Alliance denunciano quindi come l’attuale stallo all’Omc sulla sospensione delle regole sulla proprietà intellettuale rischia di compromettere i negoziati in corso e la stessa credibilità dell’organizzazione, soprattutto perché l’economia globale sta affrontando la prospettiva di una recessione unita all’aumento dei prezzi di cibo e carburante.

 “L’Ue di fatto rimane sorda agli appelli dell’Africa che chiede una sospensione dei diritti di proprietà intellettuale – continuano Albiani e Miccio -.  Asseconda gli interessi dell’industria farmaceutica, senza mostrare la flessibilità necessaria a ricostituire un senso di fiducia in tempi di crisi tanto drammatici”.

 Il rischio che l’apartheid vaccinale si riproponga per il contrasto delle nuove varianti il prossimo autunno

L’attuale apartheid vaccinale rischia peraltro di replicarsi con la prossima generazione di vaccini o terapie anti Covid, sancendo un precedente pericolosissimo per le prossime pandemie.

 “Perché mai i Paesi a basso reddito dovrebbero accettare di fronteggiare le nuove varianti con vaccini di vecchia generazione? – concludono Albiani e Miccio – Rassegnarsi all’idea che i Paesi ricchi facciano di nuovo incetta delle dosi capaci di contrastare nuove varianti? Non serve carità, ma riconoscimento dei diritti. Chiediamo ai governi di fare la cosa giusta, sospendendo le regole della proprietà intellettuale su vaccini e trattamenti per questa pandemia e quelle che dovremo affrontare in futuro”.

Nessuna di queste richieste è stata recepita. La cosa giusta non è stata fatta. Il crimine contro l’umanità – perché tale è, se non dal punto di vista strettamente giudiziario di certo sul piano politico e, anche se la parola sembra tropo grossa per lor signori, su quello dell’etica pubblica – continua. Chiamatelo apartheid vaccinale o nazionalismo vaccinale: la sostanza non cambia. Ed è una sostanza letale. I responsabili sono noti. Governano il mondo. 

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