I bambini curdi le prime vittime della sporca guerra scatenata da Erdogan
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I bambini curdi le prime vittime della sporca guerra scatenata da Erdogan

Continuano i raid aerei di Ankara, colpiti 181 posizioni dell'Ypg. Panico tra la gente dei villaggi. Foto e video che testimoniano la barbarie

Offensiva turca contro i curdi
Offensiva turca contro i curdi
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10 Ottobre 2019 - 07.20


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Un bilancio pesantissimo mentre la comunità internazionale parla ma non agisce. Sono circa 60mila gli sfollati siriani fuggiti nelle ultime 36 ore dalle zone dell’offensiva turca nel nord-est della Siria, secondo quanto riferito dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria. Secondo le fonti citate dall’Osservatorio i civili sono in fuga in particolare dalle zone di Darbasiye e Ras al Ayn. La direzione dello sfollamento è verso sud e sud-est, verso la città di Hasake.
Intanto cominciano ad arrivare le prime immagini e video che testimoniano come i civili (e i bambini) siano le principali vittime di questa barbarie.

La Turchia apre un’inchiesta per “propaganda del terrore” – Scatta in Turchia la repressione interna contro i commenti ostili all’offensiva. La Procura di Ankara ha infatti aperto un’inchiesta per “propaganda terroristica” nei confronti del co-leader del filo-curdo Hdp, terza forza nel Parlamento turco, i deputati Sezai Temelli e Pervin Buldan. Almeno altre 78 persone sono indagate per i loro post sui social media. La stretta riguarda anche i media. Il quotidiano di sinistra Birgun ha denunciato che il suo caporedattore web, Hakan Damir, è stato arrestato giovedì mattina dalla polizia per la copertura dell’operazione militare da parte del suo giornale. 
L’aviazione turca ha ripreso stamani a bombardare aree nel nord-est della Siria a ridosso della frontiera.
Lo riferisce la tv panaraba al Arabiya citando i propri corrispondenti nella zona tra Qamishli e Tall Abyad. E’ stata colpita l’area di Tall Abyad e di Ras al Ayn, epicentro dell’offensiva turca.
“Le forze militari turche hanno colpito finora 181 postazioni appartenenti alle organizzazioni terroristiche nel nordest della Siria come parte dell’Operazione Fonte di pace” scattata oggi contro i curdi. Lo annuncia il ministero della Difesa turco, citato dall’agenzia Anadolu, riferendosi alle forze curde che la Turchia giudica appunto “terroristi”.
Iniziativa bipartisan al Senato per imporre sanzioni alla Turchia se non ritira il suo esercito dalla Siria nella sua operazione contro le forze curde. L’obiettivo è imporre all’amministrazione Trump di congelare i beni in Usa dei più alti dirigenti turchi, compreso il presidente Erdogan e i suoi ministri degli esteri, della difesa, delle finanze, del commercio e dell’energia. Le misure punitive colpirebbero anche le entità straniere che vendono armi ad Ankara, come pure il settore energetico turco.
Miliziani affiliati all’Isis hanno attaccato nelle ultime ore forze curdo-siriane nella zona di confine con la Turchia dove è in corso l’offensiva turca. Lo riferiscono fonti curdo-siriane vicine all’amministrazione autonoma curda del nord-est siriano. Secondo le fonti, gli scontri sono in corso a sud di Ras al Ayn. Non è possibile verificare in maniera indipendente le informazioni provenienti dalle parti coinvolte nel conflitto.

 

La Turchia attacca i curdi nel nord-est della Siria. Nelle prime ore del pomeriggio, i jet F-16 di Ankara hanno dato ufficialmente il via all’operazione ribattezzata ‘Fonte di pace’ bombardando obiettivi delle milizie Ypg a Ras al-Ayn, seguiti poco dopo dai colpi d’artiglieria su Tal Abyad, per “eliminare i rischi” prima di avviare l’offensiva di terra. E in serata l’annuncio del ministero della Difesa: l’esercito turco ha attraversato il confine ed è entrato nel nord della Siria. Il governo di Recep Tayyip Erdogan non ha indicato, al momento, il numero dei combattenti mandati oltre frontiera. Ma al confine le forze di terra erano già ammassate con decine di blindati, almeno 5 mila soldati delle forze speciali d’assalto, che possono contare su 18 mila combattenti arabi e turcomanni dell’Esercito siriano libero cooptati da Ankara.
Secondo i curdi, i raid aerei hanno già provocato la morte di diversi “civili” nei villaggi frontalieri, dove si è scatenato “il panico”. Almeno 15 i morti, di cui 8 civili, hanno riferito fonti locali. E la risposta curda, per ora, si è limitata ad alcuni colpi di mortaio sparati verso la frontiera turca. Immediata è giunta la condanna internazionale, dall’Ue all’Onu fino a Russia e Iran, i partner turchi nei negoziati di Astana sulla Siria. E anche Donald Trump, pur ribadendo il disimpegno Usa da queste “stupide guerre”, ha definito l’offensiva “una cattiva idea” e chiesto che la Turchia rispetti “tutti i suoi impegni”, tra cui “proteggere i civili, le minoranze religiose, inclusi i cristiani, e assicurare che non ci sarà alcuna crisi umanitaria”, oltre che “garantire che tutti i combattenti dell’Isis catturati restino in prigione e che l’Isis non rinasca in nessun modo o forma”. Ma Recep Tayyip Erdogan brinda all’intervento contro il Rojava, da anni un suo chiodo fisso. “La nostra missione è evitare la creazione di un corridoio del terrore ai nostri confini meridionali e di portare pace nell’area” e condurrà “alla creazione di una zona di sicurezza, facilitando il ritorno a casa dei rifugiati siriani”, ha scritto su Twitter il presidente turco annunciando l’offensiva.
Le condanne dell’azione si susseguono di ora in ora. A fermare Erdogan ci aveva provato l’amico Vladimir Putin, ultimo leader straniero a parlargli prima dell’attacco. Il suo invito a “non compromettere gli sforzi congiunti per risolvere la crisi siriana” è caduto nel vuoto, come l’appello poco prima del presidente iraniano Hassan Rohani a risolvere le “legittime preoccupazioni” sui curdi affidandosi a Bashar al Assad. Ankara ha informato sui primi sviluppi dell’operazione gli ambasciatori dei Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che domani dovrebbe avere una riunione d’emergenza. Rassicurazioni che però non sono bastate. “Molto preoccupato” si è detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, secondo cui non può esserci “alcuna soluzione militare al conflitto in Siria”. Dura la condanna dell’Ue, con il presidente uscente della Commissione Jean-Claude Juncker che ha lanciato un “appello alla Turchia affinché blocchi l’operazione militare” e ha avvertito: “Non aspettatevi che l’Ue finanzi una cosiddetta zona di sicurezza”. Per il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, Ankara rischia di “causare un’ulteriore catastrofe umanitaria e un nuovo movimento di profughi”. Anche l’Italia condanna l’intervento militare. “Preoccupazione” per “iniziative che possono portare ad un’ulteriore destabilizzazione della regione” è stata espressa dal premier Giuseppe Conte, mentre per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio “nessuna risposta militare può rappresentare una soluzione alla crisi in corso” e “azioni unilaterali rischiano solo di pregiudicare i risultati raggiunti nella lotta contro la minaccia terroristica, a cui l’Italia ha dato un significativo contributo nell’ambito della Coalizione anti-Daesh”. Condanne anche dall’Arabia Saudita e dall’Egitto, che ha chiesto una riunione urgente della Lega Araba.

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