Milva, l’ultima diva della canzone italiana: la sua storia nel libro della figlia Martina
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Milva, l’ultima diva della canzone italiana: la sua storia nel libro della figlia Martina

Quindici volte al Festival di Sanremo, tanto teatro, Strehler, Piazzolla fino a Battiato che per lei confeziona ben tre album

Milva, l’ultima diva della canzone italiana: la sua storia nel libro della figlia Martina
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25 Luglio 2023 - 09.06


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di Giordano Casiraghi

Lo scorso 17 luglio Milva avrebbe compiuto 84 anni invece sono ormai due anni che manca, ed è uscita di scena quasi contemporaneamente a un altro artista con il quale ha avuto occasione di collaborare a più riprese. E proprio con l’ausilio di questo artista ha firmato il suo ultimo album: “Non conosco nessun Patrizio”. Milva – Battiato, un binomio che ha dato origine a ben tre album.

Ne parla in un capitolo del libro “Milva – l’ultima diva” (La Nave di Teseo, 280 pagg. 20€) l’autrice Martina Corgnati, figlia della stessa Milva. È lei che ha condotto una ricerca su tutto quello che Milva è riuscita a realizzare nella sua lunga carriera. E si parte dal nome di battesimo che il parroco ha voluto cambiare in Maria Ilva, ma Milva diventa da subito il suo nome, non assecondato perché un santo protettore non l’avrebbe avuto. Bambina difficile si dice, con tanti capelli, e piange perché vuole sempre stare in braccio a mamma Noemi che lavora con la macchina da cucire, ma sa preparare tortellini e maltagliati con fagioli che piacciono tanto al marito Mimi.

Un legame famigliare molto forte tra loro, presto sarebbe arrivata Luciana, una sorellina per Milva. La passione per il canto di romanze della madre porta Milva ad avvicinarsi a quel mondo, prendendo le prime lezioni di canto a Goro dove è nata, da Palmiro Maestri ed è a undici anni che si esibisce per la prima volta cantando tra l’altro “Un bel dì vedremo” di Puccini da “Madama Butterfly”. Non è una zona ricca quella di Goro, soggetta anche a inondazioni come avviene nel 1951 e poi nel 1958, quando Milva è in collegio a Bassano del Grappa dalle suore, dove inizia a conoscere meglio il canto e la musica sotto la spinta e la benevolenza di suor Giannina. È ancora alle elementari ma qualcosa gli dice che quella è la sua strada.

Poi viene tempo di tornare a casa dove entra in contatto con le orchestre, quella che gli fornirà la possibilità di guadagnare i primi quattrini è la Jader. Il lavoro scarseggia per i genitori che sono costretti a vendere casa e si trasferiscono in un primo momento a Firenze, ma subito dopo a Bologna, più vicina a Goro e quindi favorevole al padre nel suo lavoro con il commercio del pesce. Milva che si avventura a Riccione, nella terra del liscio, comincia a esercitarsi con il mondo vero dello spettacolo, incontra il manager Savino’s che gli toglie quell’aria paesana che portava in giro e la veste come una Audrey Hepburn, la fa partecipare a qualche concorso come quello di Montecatini nel 1957 e l’anno dopo a un concorso di voci nuove che passa attraverso la Rai e che avrà la fase finale a Trieste nel 1959: Milva è tra le vincitrici. Alla Rai di Torino viene chiamata a partecipare alla trasmissione “Canzoni alla finestra”, ed è qui che incontra per la prima volta Maurizio Corgnati, una ventina d’anni più avanti, ma qualcosa scatta e tra i due inizia una relazione importante che culminerà nella nascita di Martina, che resterà l’unica figlia di Milva.

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Ed è davvero brava Martina a raccontare ogni fase della vita privata, personale e artistica di mamma Milva. Tanti anni ad accontentarsi di stare con lei nelle pause dai numerosi impegni. Corgnati è un uomo di cultura raffinata in una Torino dove nasce l’Einaudi, le università dove insegnano Eco, Bobbio, Sanguineti, Ceronetti e Arpino. A Torino si sviluppano molte trasmissione della Rai, documentari che Corgnati è chiamato a realizzare come quello su Achille Compagnoni tornato dalla discussa conquista del K2. Nel 1960 Milva canta “Milord”, già interpretata da Edith Piaf, con testo di George Moustaki, dopo che è stata a Parigi per cantare con Gilbert Becaud. Corgnati la indirizza verso le scelte e soprattutto la porta a diventare sempre più elegante, ad assumere caratteristiche stilistiche senza sbavature. È così che arriva al primo Festival di Sanremo 1961 in coppia con Gino Latilla per cantare “Il mare nel cassetto”, una delle sue canzoni più conosciute. Arriva quarta, ma quel titolo servirà anche a Battiato quando nel 1981 farà uscire il suo capolavoro “La voce del padrone”, lo inserisce nel brano “Cuccurucucu”. 

Milva è già lanciata a mille, una partecipazione dietro l’altra, lei che spinge la sua voce, che però richiede manutenzione, un primo intervento, l’uso di quei farmaci miracolosi che ti ridanno voce anche se non ce l’hai, abitudini poco raccomandabili. Milva che sentiva la professione come un dovere prima che un piacere, almeno così si evince dalla ricostruzione che ne fa la figlia per questa lettura che assume tratti avvincenti. Il 29 agosto 1961 Milva sposa Maurizio Corgnati a Ivrea e da allora anche mamma Noemi, con il padre, la sorella e il fratello si trasferiscono a Torino. Economicamente è lei a badare a tutti. Lavora sempre più sodo, acquisisce disciplina, come caratteristica che l’accompagnerà sempre, la presenza di Corgnati gli dà sicurezza e gli giova. A Sanremo del ’62 Milva è presente addirittura con due canzoni in gara, con “Tango italiano” arriva seconda.  Ormai è un successo dietro l’altro, ma sarà Corgnati a farle fare un altro passo in avanti con un album doppio dedicato alle canzoni popolari arrangiate da Gino Negri. Milva ha tempo di partecipare a una trasmissione televisiva, e una tournée in Giappone con Claudio Villa, quindi rimane incinta.

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Martina nasce a Torino, è gracile, ma Milva è già pronta a tornare sulle scene, cominciando da una impegnativa torurnée in Argentina. E sarà ancora Maurizio Corgnati a cucirle addosso il progetto discografico “Canti della libertà” che verrà rappresentato al piccolo Teatro di Paolo Grassi con la collaborazione di Gino Negri e Fiorenzo Carpi. Successo clamoroso, ma quella volta in platea non c’era Strehler ,che però la osserva a distanza, infatti la convoca per lo spettacolo “Poesie e canzoni”. Nasce un’intesa che la porterà ancor più in alto, al punto che il regista la richiama nel 1967 per “Io, Bertold Brecht n.2”, anche se non mancano gli screzi, lui è esigente e pignolo e lei non sempre asseconda le sue pressanti indicazioni su come recitare in scena. E del teatro è attratta Milva, al punto di cercare altre rappresentazioni, come quella volta a Vicenza dove incontra per la prima volta l’attore bergamasco Domenico Serughetti che si fa chiamare Mario Piave. Non si direbbe capace, ma Milva perde la testa per lui.

Ma il lavoro incalza, ancora Festival di Sanremo per “Canzone” in coppia con Celentano. Anni di trasformazioni, con i figli dei fiori, i raduni di massa partendo da Woodstock, ma è un mondo che Milva avverte di striscio, lei che ancora non ha trent’anni, ma che da oltre dieci anni è impegnatissima e vola a Roma dove la rivuole Strehler. All’alba dei Settanta Milva si trasferisce a Milano con Mario Piave e prosegue nel frequentare televisione, teatri e spettacoli canori. A Roma Oreste gli cura gli affari con le partecipazioni televisive, a Milano conosce il produttore discografico Sandro Colombini che  con Ricordi segue Milva nell’incisione di album come “Milva canta Brecht” e “Dedicato a Milva da Ennio Morricone”. Nei primi Settanta Milva viene richiamata al Piccolo da Strehler per l’”Opera da tre soldi” insieme a Domenico Modugno. Intanto prosegue la storia con Mario Piave e i due provano anche ad avere un figlio, ma poi arriva tempo che Milva incontra Massimo Gallerani, di sette anni in meno, scatta qualcosa, ma per un periodo si viaggia su doppio binario, anche se il percorso è segnato. Tanti appuntamenti, tante città dove cantare con un orchestra o un semplice gruppo, in ogni caso con la direzione di Natale Massara, quello del Clan, già dei Ribelli di Celentano.

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Nel 1974 Milva è ancora a Sanremo con “Monica delle bambole” dove per la prima volta il successo subisce una battuta d’arresto. In quel periodo il suo manager Elio Gigante è tra i più importanti in circolazione, ma è il suo nuovo compagno che la indirizza nella scelta del repertorio, lo fa con l’album “Sono matta da legare” e nel successivo “Milva” 1977. Sono anni di lotta armata, Gallerani fa parte del gruppo Il Manifesto e vive da vicino i tumulti politici di quel periodo. L’album “Libertà” del 1975 riporta gli arrangiamenti di Gino Negri, le canzoni sono tutte impegnate e la posizionano senza riserve nella parte a sinistra, al punto che Enzo Jannacci si occuperà di lei e le farà cantare “La rossa”. Martina prosegue nella romanzata storia di sua madre  e si racconta in terza persona, vede spesso il padre, meno con Milva che si concede per qualche settimana in estate a Porto Rotondo, ma nel 1976 la fa venire a Milano per proseguire gli studi. Milva sempre più in teatro e si susseguono gli impegni con “Canzoni tra le due guerre”, “Diario dell’assassinata”, “Orfeo all’inferno”. Con “Lili Marleen” conquista il pubblico tedesco con dischi arrangiati da Vangelis. Da Amburgo a Berlino è un susseguirsi di acclamati concerti. Non si misura solo con le canzoni, viene vista come una diva, prende casa sul lago di Como e anche in famiglia, tra mamma e fratelli, assume un ruolo primario.

Dopo “La rossa” dell’80 arriva Franco Battiato con “Milva e dintorni”. Sarà Massimo Gallerani a farglielo scoprire. Sulle prime lei scarta l’idea, ben più avanti negli anni di Alice pensa, e invece tra i due funziona. Altroché, visto che poi sarà proprio lei a pubblicare ben tre album orchestrati e diretti da quel cantante che magari aveva incrociato già ai tempi delle manifestazioni canore nei Sessanta. Battiato gli cuce addosso il successivo “Svegliando l’amante che dorme” (1989) e poi “Non conosco nessun Patrizio” (2010), quando Battiato è ancora nel pieno della sua espressività artistica, mentre Milva comincia a perdere colpi, ma sarà proprio lei a chiedere a Battiato questo “regalo”, ben sapendo che sarebbe stato il suo ultimo album. Tante altre cose realizzate tra un album e l’altro e Martina Corgnati è bravissima nell’affrontare ogni svolta stilistica e umana di mamma Milva, che nel frattempo ha iniziato ad apprezzare il suo lavoro nell’arte. Un libro scritto bene, con un bell’inserto fotografico che mostra Milva nelle varie fasi della sua vita, una storia avvincente la sua, quella di una delle nostre migliori cantanti di sempre. 

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