"Max il giornalista", la storia del partigiano Massimo Rendina
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"Max il giornalista", la storia del partigiano Massimo Rendina

La biografia di un uomo che, come scritto dall'ANPI nel giorno della sua scomparsa,"è stato un testimone leale e appassionato di molti decenni della nostra storia".

"Max il giornalista", la storia del partigiano Massimo Rendina
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22 Aprile 2023 - 14.46 Culture


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di Ludovico Conti

Massimo Rendina, noto anche come il Comandante Max, è stato un giornalista e partigiano italiano, nato a Mestre il 4 gennaio del 1920. Durante gli anni del fascismo, Rendina si è trasferito a Bologna per studiare all’università. Qui inizia la carriera giornalistica lavorando, come cronachista, a “Il Resto del Carlino”, insieme a Enzo Biagi.

A dicembre del 1942, reduce dal fronte russo dove era di stanza come sottotenente dei bersaglieri, Rendina divenne co-direttore del mensile “Architrave”, rivista del GUF (Gruppo Universitario Fascista) bolognese. Nonostante l’idea dei gerarchi fascisti fosse quella di dare una posizione più filofascista al giornale, Rendina, insieme a Eugenio Facchini, altro reduce dal fronte russo, si impegna nella contestazione del regime e della guerra, dipingendola come un atto disillusorio del regime, scardinando tutta la propaganda fascista a favoredel conflitto.

In un paio di note, scriveva: «Ormai la retorica illusione di una vittoria facile e di una guerra lampo è sprofondata nell’abisso del passato»; «Ora soltanto il conflitto appare definitivamente difensivo nella sua intima essenza e si trasmuta in una lotta integrale, assoluta, di vita o di morte, estranea ad ogni altro pensiero che non sia di sopravvivere alla distruzione di tutto il mondo».

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Il 25 luglio del ’43, dopo che benito Mussolini venne esautorato dal Gran Consiglio del Fascismo, tornò a lavorare per “Il Resto del Carlino”; quando l’8 settembre fu nominato un direttore repubblichino intervenne pubblicamente per annunciare orgogliosamente che non avrebbe collaborato con la RSI. Abbandonò il giornale si spostò a Torino dove aderì alla Resistenza. Il suo nome di battaglia divenne «Max il giornalista», prendendo parte prima alla 19ma brigata Giambone Garibaldi, poi nella 103ma brigata Nannetti della 1a divisione Garibaldi, dove fu comandante e poi capo di Stato Maggiore.

Prese parte alla liberazione di Torino e venne ferito in una battaglia nelle campagne del circondario. Rendina fu riconosciuto come invalido di guerra e partigiano combattente dalla Resistenza dal 1° novembre 1943 al 7 maggio 1945.

Massimo Rendina in uniforme da Bersagliere

Dopo la guerra, riprese la sua attività di giornalista e scrisse per l’edizione piemontese de “L’Unità”. Successivamente, entrò in RAI dove lavorò come corrispondente da Parigi prima e come responsabile dei servizi giornalistici poi. Si occupò di canali radiofonici: a lui fu assegnano l’allora neonato terzo canale radiofonico che si occupava di cultura. Lavorò anche come redattore a “Radio Sera”, collaborando come documentarista insieme a Sergio Zavoli.

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Il Comandante Max ha anche lavorato nel mondo cinema, sia come sceneggiatore che come attore. Ha scritto infatti la sceneggiatura per Uno fra la folla con Eduardo De Filippo e ha recitato nel film Giordano Bruno con Gianmaria Volontè.

Dalla seconda metà degli anni ’80, Rendina ha insegnato Teoria e tecniche della comunicazione alla II Università di Roma. È stato attivo presso l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) ed è stato presidente del Comitato Provinciale di Roma e vicepresidente dell’ANPI nazionale.

Un uomo coraggioso che non ha mai smesso di lottare per la libertà e per la democrazia. Grazie alla sua attività giornalistica e alla sua partecipazione nella Resistenza ha contribuito a far emergere le verità celate dalla grande macchina della Propaganda fascista. La sua vita, dallo studio universitario alla sua carriera giornalistica, nel cinema, con l’ANPI e l’Università è stata contrassegnata da un forte impegno culturale e civile. La sua morte nel 2015, all’età di 95 anni, ha rappresentato una grande perdita per la memoria storica del paese e per l’anima partigiana dell’Italia.

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