Da "Ciao Maschio" su Rai 1 all'OFF/OFF Theatre di Roma: sono le Karma B.
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Da "Ciao Maschio" su Rai 1 all'OFF/OFF Theatre di Roma: sono le Karma B.

"Non esistono gay, lesbiche, trans o eterosessuali: esistono persone di valore". Intervista a le Karma B.

@Lorenzo Pasquali - Ondadurto Teatro - KarmaB
@Lorenzo Pasquali - intervista a Le Karma B - Globalist
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5 Aprile 2022 - 17.33


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di Alessia de Antoniis

Da “Ciao Maschio” su Rai 1 all’OFF/OFF Theatre di Roma: sono le Karma B, che da mercoledì 6 a domenica 10 aprile tornano in teatro con “Cabarecht” insieme a Holidolores, nella piéce prodotta dalla compagnia Ondadurto Teatro.

“Cabarecht”, un viaggio che svela le contraddizioni e le ipocrisie della società, fondendo il Mondo del Drag con Varietà, Cabaret e Physical Theatre. Uno spettacolo che strizza l’occhio alle opere di Bertold Brecht e Kurt Waill, dove la protesta politica e civile si combinano con l’appeal musicale del Cabaret.

Sul palco dell’ OFF/OFF Theatre sono “le” Karma B. Su Globalist arrivano senza tacchi vertiginosi, senza parrucche e senza trucco. Ma ugualmente favolose. Intervista a “i” Karma B.

“Scherzando, diciamo sempre che abbiamo tirato fuori il nostro lato drug perché dovevamo pagare l’affitto”. Ironici sul palco e fuori, Carmelo e Mauro scherzano sui loro inizi ai tempi del Muccassassina di Roma, quando la loro “fata madrina” Vladimir Luxuria fuse i loro nomi e trasformò due cenerentole in due meravigliose Queen.

“Facevamo animazione in discoteca quando è uscito il film Priscilla. Siamo impazziti per questi costumi che potevamo fare anche con le cose della ferramenta. Avevamo vent’anni. Così sono nate le Karma B, sostituendo la C di Carmelo con la K, che è più internazionale. Comunque il karma è qualcosa in cui crediamo come filosofia di vita.

Com’è fare drag in televisione senza il pubblico?

La televisione è un’esperienza nuova. Eravamo apparse a “Ciao Darwin” con Bonolis, poi la svolta con “All together now” con la Hunziker. Certo, in genere facciamo teatro, musica dal vivo, situazioni dove il pubblico è presente e partecipe. A “Ciao Maschio” parliamo alla piccola audience che abbiamo: i tre uomini e Nunzia. Per noi è già un pubblico e usiamo quello spazio esattamente come se fosse una Stand-up comedy. A volte c’è anche uno scambio diretto con gli ospiti, se recepiscono.

Negli anni Ottanta a nessuno interessava etichettare Boy George o David Bowie. Oggi l’odio dilaga sui social e nei talk, i docenti gay possono essere licenziati dalle scuole paritarie, mentre su Sky arriva “Drag Race”, Drusilla conduce Sanremo e voi siete su Rai1. Come ve lo spiegate?

C’è una profonda spaccatura tra politica e società civile. Lo dimostra il fatto che la televisione ospiti personaggi come noi o Drusilla senza problemi. Forse sono gli ultimi richiami di un mondo che sta cambiando inevitabilmente. E non solo nell’ambiente LGBTIQ. È un mondo che sta diventando qualcos’altro, dove abbiamo persone che cercano disperatamente di attaccarsi al passato, come i senatori che esultano in aula quando riescono a bloccare un disegno di legge, e un’altra parte di società civile che è stata profondamente ferita da questo episodio. Ma viviamo in un mondo che continuerà a cambiare, indipendentemente dal fatto che lo vogliano o meno. E non solo perché artisti come noi o Drusilla vanno in televisione.

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Sì, negli anni Ottanta amavamo Boy George, c’era un’ingenuità diversa, magari c’erano le nonne che dicevano “mio nipote è un artista come Boy George”. Ma non si nominava la parola gay. È stato bellissimo avere questi punti di riferimento così fluidi, ma oggi siamo liberi di fare coming out, esistiamo nelle leggi dello Stato. Questa visione degli anni Ottanta è un po’ romantica. Oggi è più difficile, ma viviamo in un mondo più chiaro. Non esistiamo solo nel mondo delle pop star. Esiste il medico gay, l’avvocato gay, le persone trans. Anzi, ora la lotta più grande che stiamo portando avanti è proprio per il loro riconoscimento: in questo momento sono le trans le più discriminate. Nella difficoltà, tuttavia, è un mondo migliore.

Si parla di inclusione, ma una grande divisione esiste proprio nella comunità LGBTIQ...

Noi ne parliamo spesso. Come personaggi che abbracciano anche il femminile, siamo discriminati da un certo tipo di mascolinità tossica che esiste anche nella comunità gay. Così come esistono le posizioni estremiste di ArciLesbica, che a volte sembrano essere più vicine alle idee di Adinolfi che alle nostre. Sono aspetti di un mondo che dobbiamo iniziare a guardare dal punto di vista della persona. Non esistono gay, lesbiche, trans o eterosessuali: esistono persone di valore e persone che non hanno valore. E questo vale per tutti. Ci auguriamo che nel futuro sia sempre più così, che verremo valutati come esseri umani e non come categorie. Poi è necessario che le lotte si facciano, come sono state fatte le lotte femministe, soprattutto per dare visibilità. Perché se sei visibile, esisti. La battaglia che facciamo noi è la stessa che fanno le donne, quella che fanno tutte le minoranze, anche quelle etniche. Viviamo in un momento in cui ogni parola può essere travisata, i social amplificano, però il fatto che se ne parli è la cosa più importante. Oggi si può parlare, anche grazie alla visibilità che dà la televisione. Quando si parla di coming out, si parla di questo.

Parlare sta diventando complicato, soprattutto con la moda della schwa…

Sabato siamo a Perugia invitati al Festival Internazionale del Giornalismo. Parleremo di questo argomento, nuovo anche per noi. Crediamo che la posizione di ascolto sia la migliore. Nei nostri spettacoli stiamo cercando espressioni che siano più inclusive possibili dei vari generi. L’uso della schwa è un’esigenza che viene da persone non rappresentate. Il problema della rappresentazione è qualcosa che non tutti valutano. Finché non faremo sentire rappresentate tutte le persone, non saremo una società inclusiva. Andiamo al festival per imparare e per portare la nostra esperienza. Scherzando, diciamo che la Drag Queen è già una schwa che cammina sui tacchi. E poi, anche noi non parliamo più lo stesso italiano di Dante: la lingua è in continua evoluzione.

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Non è più semplice chiedere a una persona se vuole che si usi il maschile o il femminile?

Entriamo nel campo completamente nuovo delle persone che non vogliono definirsi. È un mondo che si sta aprendo anche per noi. Quello che era il mondo dei femminielli di una volta a Napoli: persone che si facevano chiamare al femminile, ma non erano transessuali. Sono tutte quelle persone che oggi si definiscono fluide. C’è un mondo ancora da scoprire. Ecco perché è importante mettersi nella posizione dell’ascolto: per cercare di capire. Poi non è detto che si parlerà con la schwa.

Una drag può essere anche etero?

Ci sono le Bio Queen, delle donne drag fantastiche. Ci sono trans che anche dopo l’operazione continuano ad essere drag, perché la drag è una professione, è un’arte. Nell’ultima edizione di Drag Race America, Rupaul ha preso il primo concorrente maschio etero che fa drag. È il bello di quest’arte: che ci sono dei codici che tu declini come vuoi. Ma è e resta un’arte performativa.

Sui social riceviamo commenti da parte delle donne che non consideriamo complimenti. “Voi drag siete meglio delle donne, siete più curati”. Un simile commento da un uomo lo capisco. Rientra in quella mascolinità tossica per cui la donna deve essere sempre perfetta. Da una donna mi fa soffrire di più. La nostra è una fantasia che dura due ore in teatro, ma ci sono delle donne che sono schiave di questo modo di pensare, che si alzano tutte le mattine due ore prima come si faceva negli anni Cinquanta. Il fatto che nel 2022 ci sia ancora questo tipo di mentalità, per cui una donna deve essere in qualche modo, che non si sa neanche quale sia, e che non va mai bene, è frustrante. Quando ci dicono “che belle gambe che avete, senza cellulite”: ovvio che non l’abbiamo, siamo uomini. Una donna è tutt’altra cosa, per fortuna. Una donna è un universo meraviglioso e ha lo stesso valore sia se si trucca la mattina per due ore perché vuole sentirsi più pazzesca, sia se decide di non truccarsi e uscire a fare tutto il mondo di cose che deve fare. Questo è il messaggio che deve passare. Perché certi apprezzamenti arrivano soprattutto dalle donne.

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C’è molto maschilismo tra le donne: spesso non serve un uomo che le sottometta, si sottomettono da sole…

Mi rendo conto che certi commenti arrivano da persone che sono abituate a sentirsi inferiori. Negli anni Cinquanta era normale che una donna fosse al servizio della mentalità maschilista. Oggi è cambiata la forma ma, purtroppo, per alcune persone la sostanza resta la stessa. Come il fatto di non sentirsi complete senza un uomo accanto o senza figli.

Spesso le donne in carriera assumono atteggiamenti maschili, come se essere una donna fosse deprecabile…

Questo è un altro topic che affrontiamo spesso. Diciamo che ci piacerebbe un mondo più femminile in una realtà dove molte donne sono maschiliste. Non è il semplice fatto di essere una donna che ti fa essere migliore di un uomo. Ci sono donne che abbracciano i comportamenti tossici degli uomini, soprattutto nel mondo del lavoro.

Siamo testimonial di un brand che prende in giro il fatto di essere donne con le palle. Il claim è “donne con le balls”, nel senso che hanno tutti accessori a forma di palle. Sono le uniche che indossano e ci piace che hanno scelto noi come testimonial.

L’arte drag per i diritti civili?

Noi sosteniamo le battaglie di libertà. Ci sono delle cose che ci toccano personalmente e altre battaglie che sosteniamo per gli altri.

Come le adozioni?

È una battaglia che sosteniamo per gli altri. Ci sono persone portate per la genitorialità, alle quali viene negata la possibilità di adottare perché gay. Crediamo che la genitorialità non sia qualcosa da collegare all’orientamento sessuale. Ci sono pessimi genitori etero e pessimi genitori gay e viceversa. La realtà ci dice altro rispetto alle battaglie ideologiche che portano avanti alcuni estremisti. Nella realtà ci sono già persone che, per i motivi più disparati, crescono con due papà o due mamme o uno zio o due nonne e crescono benissimo. Trent’anni fa in Danimarca hanno aperto le adozioni e oggi quei bambini adottati sono uomini e donne come gli altri: mi baserei più su questi studi che su altre idee personali.

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