Gaza, l'appello del piccolo Yousef: "Fermate la guerra, siamo bambini, che colpa abbiamo?"
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Gaza, l'appello del piccolo Yousef: "Fermate la guerra, siamo bambini, che colpa abbiamo?"

L’attacco iraniano. L’annunciata ritorsione israeliana, hanno finito per oscurare la tragedia di Gaza. Una apocalisse umanitaria che riguarda in primo luogo i più indifesi tra gli indifesi: i bambini.

Gaza, l'appello del piccolo Yousef: "Fermate la guerra, siamo bambini, che colpa abbiamo?"
Bambini a Gaza
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

17 Aprile 2024 - 01.24


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L’attacco iraniano. L’annunciata ritorsione israeliana, hanno finito per oscurare la tragedia di Gaza. Una apocalisse umanitaria che riguarda in primo luogo i più indifesi tra gli indifesi: i bambini. A ricordarlo è l’Unicef. A ricordare che a causa della guerra, un bambino viene ucciso o ferito ogni 10 minuti. Oltre 12.000 bambini – quasi 70 al giorno – sono stati feriti a Gaza dall’inizio dell’attuale conflitto.

Una testimonianza toccante

Quella di Tess Ingram, Specialista di Comunicazione dell’Unicef

“Ho lasciato Gaza ieri, dopo esserci stata per due settimane. È stata la mia seconda missione a Gaza quest’anno. Ciò che mi ha colpita di più è stato il numero di bambini feriti. Non solo negli ospedali, ma anche nelle strade, nei loro rifugi improvvisati. Continuano a vivere le loro vite, ormai permanentemente alterate. 

 Negli ultimi sei mesi, uno sconcertante numero di bambini è stato ferito da intensi e spesso indiscriminati attacchi, le loro vite sono state cambiate per sempre dagli orrori della guerra. Il numero totale di bambini feriti in questo conflitto è difficile da stimare, ma secondo i dati più recenti dai documenti del Ministero Palestinese della Salute oltre 12.000 bambini – quasi 70 al giorno – sono stati feriti a Gaza dall’inizio dell’attuale conflitto. Si tratta quasi certamente di una sottostima, perché solo un piccolo numero di tutti gli infortuni segnalati viene disaggregato per specificare se si tratta di un bambino.

 Questi bambini sono diventati i volti della guerra in corso. Dalle devastanti ferite riportate negli attacchi aerei, al trauma di essere stati coinvolti in scontri violenti, le loro storie compongono un quadro straziante delle conseguenze umane del conflitto.

 Immaginate di essere perquisiti, lasciati nudi e interrogati per ore. Quando vi dicono che siete al sicuro e potete andarvene, vi allontanate rapidamente per strada, pregando. Ma poi vi sparano addosso. Vostro padre viene ucciso e un proiettile vi penetra nel bacino nudo causando gravi lesioni interne ed esterne che richiederanno un intervento chirurgico di ricostruzione. 

 In un ospedale da campo a Khan Younis, Yousef mi ha raccontato che gli è successo questo. Ha 14 anni.

Nelle ultime due settimane ho anche incontrato una bambina di 9 anni con gravi ferite aperte a causa di un’esplosione; una ragazza di 16 anni, orfana e con una gamba rotta; un ragazzo di 13 anni che si sta ancora riprendendo tre mesi dopo una difficile amputazione del braccio senza anestesia; e un bambino di 10 anni in terapia intensiva dopo essere stato colpito alla testa mentre comprava delle erbe: è morto il giorno dopo. 

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Sono solo 5 bambini fra tutti quelli feriti negli ultimi sei mesi. Ne ho incontrati tanti altri e ci sono migliaia di storie simili, probabilmente molte di più di 12.000.

 Le migliaia di bambini feriti a Gaza rappresentano due cose:

1)      La natura di questo conflitto – volatile, che spesso colpisce i civili, compresi i bambini, e costa decine di migliaia delle loro vite;

2)      L’impatto sproporzionato sui bambini – una persona su due a Gaza è un bambino.

 I bambini portano una parte enorme delle cicatrici di questa guerra. Le migliaia di feriti a Gaza faticano a ricevere le cure mediche di cui hanno bisogno. I direttori medici di alcuni degli 11 ospedali parzialmente funzionanti rimasti mi hanno detto che la mancanza di personale e di forniture – aghi, punti di sutura, anestetici – ha un impatto negativo sulle cure che possono fornire, soprattutto per gli interventi chirurgici. E così i bambini feriti spesso languono nel dolore.

Secondo l’Oms, è difficile ottenere l’evacuazione medica: a meno della metà dei pazienti che hanno presentato richiesta di evacuazione medica è stata approvata. Solo circa 3.500 persone, soprattutto bambini, sono state evacuate all’estero. Si tratta di meno di 20 al giorno. 

 I casi medici urgenti a Gaza devono poter accedere in sicurezza a servizi sanitari essenziali o essere autorizzati a partire. I bambini malati e feriti che vengono evacuati devono essere accompagnati da un membro della loro famiglia. Con almeno 70 bambini feriti ogni giorno, è necessario che il numero delle evacuazioni mediche aumenti affinché i bambini possano accedere alle cure di cui hanno urgente bisogno.

 Con 1 bambino ucciso o ferito ogni 10 minuti, prima di tutto, è necessario un cessate il fuoco. È l’unico modo per fermare l’uccisione e la mutilazione di bambini.

I loro corpi distrutti e le loro vite spezzate sono una testimonianza della brutalità che è stata imposta loro.

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Dal suo letto d’ospedale a Khan Younis, Yousef mi ha chiesto di riferire questo: “Fermate la guerra, è abbastanza. Siamo bambini, che colpa abbiamo? Sono stato colpito da questo sparo; qual è la mia colpa per soffrire in questo modo?”.

Il mondo gli deve una risposta. Una risposta di vita.

Un appello accorato.

È quello rivolto alla comunità internazionale dalla Direttrice Generale dell’Unicef, Catherine Russell, a seguito della sua missione.  “Oggi ho concluso una missione di due giorni in Medio Oriente, dove l’escalation di violenza continua a infliggere un tributo inconcepibile alle vite dei bambini.

Il primo giorno in Israele ho incontrato alcune delle numerose famiglie israeliane che il 7 ottobre hanno subito violenze indicibili, tra cui bambini presi in ostaggio, l’uccisione di persone care e la perdita di case e comunità. Un parente dei due bambini israeliani rimasti in ostaggio a Gaza, Ariel di 4 anni e Kfir, il suo fratellino di un anno, mi ha detto che li rivuole indietro, insieme alla madre e al padre. ‘Li amiamo così tanto’.

I familiari dei bambini ostaggi liberati mi hanno raccontato l’orrore di essere tenuti prigionieri, senza sapere cosa ci sarebbe stato domani. Sei mesi dopo, le famiglie degli ostaggi israeliani non conoscono il destino dei loro cari ancora a Gaza, rendendo impossibile la guarigione o il recupero. Il personale del Centro medico pediatrico Schneider di Petach-Tikvah, dove alcuni dei bambini israeliani in ostaggio sono stati presi in cura dopo il loro rilascio a novembre, mi ha detto che la strada verso la guarigione sarà lunga per far sì che i bambini si sentano di nuovo al sicuro.

Ho avuto anche incontri costruttivi con i funzionari israeliani, anche per quanto riguarda la terribile crisi umanitaria a Gaza e l’urgente necessità di garantire un migliore accesso. Ho accolto con favore la loro assicurazione sul fatto che gli operatori umanitari avranno un migliore accesso ai bambini che ne hanno un disperato bisogno. Attendiamo con ansia la fondamentale attuazione di questa garanzia, unitamente alla sicurezza per gli operatori umanitari e per i bambini che assistono.

Il secondo giorno ho visitato lo Stato di Palestina, dove ho incontrato famiglie e funzionari in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Ho ascoltato i racconti angoscianti di famiglie e bambini sulla paura e la violenza che da tempo permea le loro vite e che negli ultimi sei mesi si è notevolmente intensificata. Solo quest’anno, 37 bambini palestinesi e due bambini israeliani sono stati uccisi nelle violenze.

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Ho incontrato bambini che ogni giorno, quando si recano a scuola, sono ostacolati da barriere e posti di blocco. Ho anche parlato con un ragazzo che è stato arrestato per la prima volta dalle autorità quando aveva 11 anni. Suo fratello è ora detenuto e la famiglia non sa dove sia.

Ho visitato l’ospedale di Al Makassed a Gerusalemme Est, dove ho incontrato le tre gemelline Noor, Najwa e Nejma. I medici mi hanno detto che la loro madre è venuta in ospedale da Gaza otto mesi fa per partorire, e che i bambini erano così piccoli che hanno avuto bisogno di un’incubatrice e di cure mediche speciali per sopravvivere. La madre è dovuta tornare a Gaza, ma poi è scoppiata la guerra e non è più potuta tornare.  Teme di poter morire prima di rivederli.

Allo stesso tempo, nella Striscia di Gaza, secondo quanto riportato, più di 13.800 bambini sarebbero stati uccisi, mentre migliaia sarebbero stati feriti e altre migliaia sarebbero sull’orlo della carestia.

Il nostro personale dell’Unicef non è stato risparmiato dalla violenza. Molti dei nostri colleghi hanno perso familiari, amici e case a Gaza.  Oltre 200 operatori umanitari sono stati uccisi nel tentativo di salvare le vite degli altri.

I bambini non iniziano le guerre e non possono porvi fine, ma pagano sempre il prezzo più alto. Per il bene di tutti i bambini, esorto le parti in conflitto a rilasciare tutti gli ostaggi israeliani, ad attuare un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza e a facilitare il libero accesso umanitario, nonché ad astenersi da qualsiasi ulteriore violenza contro i bambini.

Gli ultimi giorni ci hanno ricordato che le ostilità possono diffondersi rapidamente nella regione. Come sempre, i bambini soffrono immensamente in guerra. Ognuno di noi ha l’obbligo di fare tutto il possibile”.

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