Guerra a Gaza, i Dem americani in pressing su Biden: sei troppo pro Israele
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Guerra a Gaza, i Dem americani in pressing su Biden: sei troppo pro Israele

I Democratici americani e la guerra di Gaza. Cresce un atteggiamento critico verso la politica dell’amministrazione Biden, ritenuta troppo pro-Israele.

Guerra a Gaza, i Dem americani in pressing su Biden: sei troppo pro Israele
Biden e Sanders
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

19 Novembre 2023 - 18.01


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I Democratici americani e la guerra di Gaza. Cresce un atteggiamento critico verso la politica dell’amministrazione Biden, ritenuta troppo pro-Israele.

Le richieste di Sanders

Il senatore Bernie Sanders chiede di “condizionare” gli aiuti americani a Israele a un “cambio delle posizioni militari e politiche” del governo israeliano. “Anche se Israele ha il diritto di andare contro Hamas, il governo estremista di destra di Netanyahu non ha il diritto di dichiarare una guerra totale al popolo palestinese”, afferma Sanders sottolineando che gli aiuti dovrebbero essere contingentati all’impegno a trattative per una soluzione di due Stati e alla fine dell’occupazione di Gaza.

Il presidente e i coloni

Joe Biden chiede ai suoi più stretti collaboratori di preparare il divieto di visti e sanzioni per i coloni israeliani estremisti che attaccano i palestinesi in Cisgiordania. In una comunicazione, indirizzata fra l’altro al segretario di stato Antony Blinken e a quello al Tesoro Janet Yellen, Biden chiede di mettere a punto “opzioni per un’azione rapida contro i responsabili di violenza in Cisgiordania” ritenendoli una “seria minaccia” alla pace fra israeliani e palestinesi e una forza destabilizzante nel Medio oriente. Nel mirino di Biden – riporta Politico citando la comunicazione inviata a Blinken e Yellen – ci sono persone o entità che “direttamente o indirettamente si sono impegnate in azioni o politiche che minacciano la sicurezza o la stabilità della Cisgiordania”; coloro che “agiscono per intimidire i civili in Cisgiordania con l’obiettivo o l’effetto di un ricollocamento forzoso”; o coloro le cui azioni “costituiscono abusi dei diritti umani e azioni che ostacolano il raggiungimento della soluzione dei due Stati”.

Il prezzo del sostegno a Israele

Di grande interesse è il “viaggio” di Rodolfo Casadei per Tempi nell’universo Dem americano.

Scrive Casadei: “Joe Biden sta pagando un prezzo politico per il suo sostegno a Israele e alla sua offensiva militare nella Striscia di Gaza. Lo dicono i mal di pancia all’interno del Partito democratico, ma lo dicono soprattutto i sondaggi fra gli elettori americani.

Il 25 ottobre la Camera dei Rappresentanti, riunita per la prima volta dopo la nomina del repubblicano Mike Johnson come speaker, ha votato un testo di condanna dell’attacco compiuto da Hamas contro Israele il 7 ottobre scorso e ha riaffermato «l’impegno (americano – ndt) per la sicurezza di Israele, anche attraverso assistenza alla sicurezza». La mozione è stata approvata con 412 voti a favore con un ampio voto bipartisan, ma 9 degli unici 10 voti contrari sono venuti da deputati democratici, e democratici erano tutti e 6 i deputati che si sono astenuti.

I “dissidenti” fanno tutti parte dell’ala sinistra del partito; si tratta dei deputati Rashida Tlaib (di origine palestinese, rappresentante del Michigan), Cori Bush (Missouri), Jamaal Bowman (New York), André Carson (Indiana), Al Green (Texas), Alexandria Ocasio-Cortez (New York), Summer Lee (Pennsylvania), Delia Ramirez (Illinois) e Ilham Omar (Minnesota). Tutti quanti fanno parte di minoranze etniche e razziali.

Biden sotto il 40 per cento

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Più preoccupante per il presidente Biden, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali dell’anno prossimo, l’improvvisa flessione dei consensi alla sua amministrazione fra i simpatizzanti del Partito democratico: secondo un sondaggio condotto dalla Gallup,  fra settembre e ottobre il gradimento delle politiche presidenziali è sceso dall’86 al 75 per cento fra coloro che si definiscono democratici. A causa di ciò il gradimento complessivo di Biden presso il pubblico americano è sceso dal 41 per cento di settembre al 37 per cento di ottobre: è la quarta volta da quando è stato eletto presidente che Biden finisce sotto al 40 per cento dei consensi.

Secondo gli analisti della Gallup non ci sono dubbi che la perdita di fiducia è dovuta alle dichiarazioni e agli atti compiuti dal presidente all’indomani degli attacchi del 7 ottobre. A corroborare questa conclusione non sarebbe solo la coincidenza temporale fra la caduta di consenso e la visita di Biden a Benjamin Netanyahu, ma anche precedenti sondaggi che vanno nella direzione di un riallineamento delle simpatie rispetto a Israele e ai palestinesi fra gli elettori che si considerano democratici.

Con gli israeliani o con i palestinesi?

Nel marzo scorso un altro sondaggio della Gallup aveva appurato che, per la prima volta da quando veniva sondato l’argomento, una maggioranza di elettori democratici dichiarava la sua simpatia per la causa palestinese piuttosto che per quella di Israele. Alla domanda «Nell’attuale situazione del Medio Oriente, le tue simpatie vanno più agli israeliani o ai palestinesi?», all’inizio di quest’anno il 49 per cento dei democratici ha risposto “ai palestinesi”, e solo il 38 per cento “agli israeliani”.

Fino a pochi anni fa i democratici favorevoli ad Israele erano nettamente maggioritari. Ancora nel 2014 sopravanzavano i favorevoli ai palestinesi per 58 a 23 per cento. Poi la forbice è andata chiudendosi, e l’anno scorso le due opzioni erano in parità, attorno al 39 per cento.

Secondo alcuni analisti la svolta pro-palestinese dell’elettorato democratico dipenderebbe dall’eccessiva vicinanza del premier israeliano Netanyahu ai repubblicani (fra i quali il sostegno a Israele continua ad essere altissimo, con il 78 per cento a favore e solo l’11 per cento pro-palestinese); secondo altri invece dipenderebbe da un fattore generazionale.

Gruppi d’età

Sondaggi Gallup condotti contestualmente a quelli sin qui riferiti dicono che la maggioranza degli americani tuttora simpatizza per gli israeliani più che per i palestinesi (nell’ordine del 54 per cento contro il 31 per cento), ma quando si scende ad analizzare i gruppi d’età (Millennials, cioè nati fra il 1980 e il 2000, Generazione X, cioè nati fra il 1965 e il 1979, Baby boomers, cioè nati fra il 1946 e il 1964, Generazione silenziosa, cioè nati fra il 1900 e il 1945), si scopre che in tutti i gruppi i favorevoli ad Israele sono più numerosi di quelli favorevoli ai palestinesi, tranne che fra i Millennials, dove i favorevoli ai palestinesi superano di un 2 per cento coloro che sono pro-Israele.

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A conferma che gli americani più giovani pendono più dalla parte dei palestinesi che da quella degli israeliani arriva un altro sondaggio, condotto stavolta dalla Quinnipiac University, nel quale si domandava agli americani adulti, ripartiti in quattro gruppi di età, se approvavano o disapprovavano l’invio di armi e altro equipaggiamento militare a Israele da parte degli Usa dopo gli attacchi del 7 ottobre. Il 59 per cento degli americani fra i 35 e i 49 anni di età si è dichiarato favorevole, così come il 77 per cento di coloro che hanno fra i 50 e i 64 anni e il 78 per cento di coloro che hanno più di 65 anni; ma fra gli americani che hanno fra i 18 e i 34 anni soltanto il 39 per cento è favorevole all’invio di armi a Israele, mentre il 51 per cento è contrario.

Un handicap per Biden

I deputati che rappresentano la maggioranza del gruppo democratico al Congresso non si mostrano preoccupati del recente voto sulla mozione del 25 ottobre. «Rappresento la corrente principale del Partito democratico», dichiara Ritchie Torres, deputato democratico di New York, «mentre membri come Ilhan Omar rappresentano una frangia. Difficilmente la definirei una spaccatura. Una spaccatura sembrerebbe suggerire che il Partito democratico sia diviso in due tronconi. Al contrario: con l’eccezione di una minoranza visibile e rumorosa, quasi tutti i democratici del Congresso sostengono il diritto di Israele di difendersi di fronte ad un terrorismo senza precedenti».

Commenta la giornalista Bari Weiss: «La posizione di Biden su Israele è ampiamente popolare presso l’elettorato considerato complessivamente. Ma i cambiamenti demografici e ideologici interni al Partito democratico rischiano di rendere Israele-Hamas un vero e proprio handicap per Biden all’interno della base del suo partito».

La lettera dei 400

 Altro segnale di un malessere crescente viene evidenziato da Matteo Basile su Repubblica: “Più di quattrocento rappresentanti dell’amministrazione americana  – scrive Basile – hanno firmato una lettera d’accusa a Joe Biden per la sua politica pro-Israele. L’iniziativa riguarda consiglieri e appartenenti a quaranta agenzie governative, tra cui il dipartimento di Stato e l’Fbi.

La protesta si aggiunge alla decisione di un gruppo di attivisti, il Center for Constitutional Rights, di denunciare Biden alla corte federale in California: il presidente degli Stati Uniti è accusato di “essere venuto meno ai suoi doveri internazionali e alle leggi americane nel prevenire Israele dal commettere genocidio” a Gaza. Nella causa si chiede alla corte di vietare a Washington di fornire a Israele armi, soldi e sostegno diplomatico.

La capitale, dove è stata organizzata la prima marcia di solidarietà verso gli israeliani, appare una città ancora più lacerata dalle divisioni, ma la “lettera dei 400” rappresenta uno strappo clamoroso, prodotto dal dissenso crescente di una parte dell’amministrazione verso la politica di Biden.

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I rappresentanti del governo chiedono l’immediato cessate il fuoco, opzione non sostenuta dal Congresso e dalla missione Usa alle Nazioni Unite. Al Consiglio di sicurezza gli Usa si sono schierati al fianco di Israele, convinti che un cessate il fuoco aiuterebbe Hamas a riorganizzarsi.

La lettera è solo l’ultimo atto di protesta ufficiale, che segue alte iniziative non pubbliche. Il New York Times ha citato tre note interne inviate al capo della diplomazia Antony Binken attraverso un canale di comunicazione speciale creato dai tempi della guerra in Vietnam e firmate da decine di dipendenti del dipartimento di Stato.

Un’altra lettera era stata sottoscritta da più di un migliaio di lavoratori dell’agenzia federale per lo sviluppo internazionale, che però hanno scelto di restare anonimi per “la preoccupazione di perdere potenzialmente il lavoro”.

In una riunione del 23 ottobre, cui hanno partecipato una settantina di funzionari governativi di fede musulmana e origine araba, era stato chiesto se qualcuno avesse ricevuto pressione dalle famiglie a dimettersi, in segno di protesta. Molti hanno alzato la mano per dire di sì. Negli ultimi giorni la Casa Bianca ha sollevato il problema dell’alto numero di vittime tra i civili a Gaza, lo stesso Biden ha dichiarato lunedì che gli “ospedali devono essere protetti”, ma questo non ha fermato le critiche.

:La lettera dei quattrocento funzionari del governo, finita al New York Times, comincia denunciando il massacro del 7 ottobre da parte di Hamas, che ha ucciso più di 1200 israeliani, ma chiede a Biden di fermare il bagno di sangue causato dalla “ritorsione militare” della campagna israeliana a Gaza. “Noi – scrivono – chiediamo al presidente Biden di invocare con urgenza il cessate il fuoco e una de-escalation dell’attuale conflitto, assicurando l’immediato rilascio degli ostaggi israeliani detenuti in modo arbitrario dai palestinesi”.

L’appello punta a riportare a Gaza acqua, carburante, elettricità e altri servizi di base e il “passaggio di adeguati aiuti umanitari nella Striscia”. Tra i firmatari ci sono rappresentanti che abbracciano religioni differenti e lavorano in settori sensibili, dal Consiglio di sicurezza nazionale al dipartimento Giustizia all’Fbi. Alcuni hanno sostenuto la candidatura di Biden alla Casa Bianca  e temono che questa politica pro-israeliana possa pregiudicarne la vittoria nel 2024.

“La stragrande maggioranza degli americani – continua la lettera – sostiene un cessate il fuoco”. Il riferimento è a un sondaggio di ottobre secondo cui il 66% degli intervistati, incluso l’80% di Democratici, riteneva necessario che gli Stati Uniti mettessero pressione a Israele per portarla ad accettare il cessate il fuoco. Finora, secondo i dati forniti dal ministero della Salute di Gaza, le vittime palestinesi sono state più di undicimila”.

Nessuno dei 400 chiede a Biden di indossare la kefiah. Ma nemmeno la kippah. 

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