L'Argentina verso il voto tra povertà, saccheggi e inflazione galoppante
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L'Argentina verso il voto tra povertà, saccheggi e inflazione galoppante

A meno di due mesi dalle elezioni del 22 ottobre, in Argentina si sta diffondendo un crescente sentimento di rabbia tra la popolazione, che sta lottando per far fronte alle difficoltà economiche e al deterioramento delle condizioni di vita.

L'Argentina verso il voto tra povertà, saccheggi e inflazione galoppante
Proteste in Argentina
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29 Agosto 2023 - 09.19


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A meno di due mesi dalle elezioni del 22 ottobre, in Argentina si sta diffondendo un crescente sentimento di rabbia tra la popolazione, che sta lottando per far fronte alle difficoltà economiche e al deterioramento delle condizioni di vita.

I saccheggi che si sono verificati la settimana scorsa in alcuni supermercati delle province più povere rappresentano solo una manifestazione visibile del crescente malcontento che sta attraversando la popolazione. Il Paese è alle prese con una situazione economica critica: la soglia di povertà è stata fissata a 249.000 pesos (circa 658 euro) ad agosto, mentre il salario minimo è di 112.500 pesos (circa 298 euro) e la pensione minima è di 124.000 pesos (circa 328 euro). Questa disparità tra il costo della vita e i redditi disponibili sta generando tensioni e frustrazioni.

«È un déjà vu. Le crisi si ripetono in una spirale senza fine», osserva Alejandro Di Giacomo, a capo della facoltà di giornalismo dell’Università di Palermo, quartiere di Buenos Aires, e presidente dell’Associazione della stampa estera. «L’inflazione, la dollarizzazione, la caduta del potere d’acquisto, e il Fondo monetario internazionale che incalza chiedendo tagli e sacrifici: questo spiega la vittoria, col 30% delle preferenze, dell’ultra liberista Javier Milei (La Libertad Avanza) alle primarie presidenziali di metà agosto. È un voto di protesta. Ma è come fuggire dall’incendio gettandosi nel fuoco» viste le proposte di Milei di privatizzare tutto, spiega.

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D’altra parte, la decisione del governo di una decina di giorni fa, di svalutare il peso del 22% rispetto al dollaro, non ha fermato la rincorsa del biglietto verde. Al cambio ufficiale un dollaro vale 365 pesos, ma al mercato parallelo, il `dollaro blu´ si paga 720 pesos, in una continua fluttuazione al rialzo. E chi può, si fa pagare tassativamente in dollari. Anche per le pulizie di casa.

Ad arretrare sono stati invece i consumi. Secondo studi di Focus Market, pubblicati dal quotidiano La Nacion, dopo la svalutazione è stata registrata una flessione del 19% degli acquisti. Stando ai rilevamenti di ShopApp il 44% degli argentini ha affermato di aver smesso di comprare almeno una delle marche preferite, principalmente a causa dell’aumento dei prezzi. Mentre si segnalano in crescita le presenze nelle mense per i poveri.

D’altra parte la Fondazione Mediterranea segnala un aumento del 55-60% nel prezzo medio per l’acquisto di un chilo di carne, tra luglio ed agosto. Col famoso `bife´ argentino che ha raggiunto prezzi ormai proibitivi. E i costi per la salute sono schizzati alle stelle.

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Nel fine settimana Sergio Massa, che oltre ad essere il ministro dell’Economia del governo di Alberto Fernandez è il candidato presidente peronista (Union por la Patria), ha annunciato una serie di misure per tamponare l’impatto sulle fasce sociali più deboli. Si va dal pagamento di un bonus di 60 mila pesos (159 euro) versato in due tranche per quanti guadagnano fino a 400 mila pesos (1.050 euro al mese), ad un fisso di 37 mila pesos (98 euro) per le pensioni minime che sarà corrisposto a settembre, ottobre e novembre. E nella speranza di portare a casa qualche notizia spendibile elettoralmente, Massa è volato dal presidente Lula. L’obiettivo è mettere in piedi un meccanismo che permetta di pagare le importazioni dal Brasile con gli yuan degli scambi con la Cina.

Ma tra gli argentini cresce anche il timore di restrizioni sui conti correnti, come avvenne col Corralito, la misura imposta dall’esecutivo di Fernando de la Rua, nel default del 2001. Octavio Suarez, alla guida del suo taxi giorno e notte, scuote la testa: «Milei, Massa o Patricia Bullrich (la candidata alla presidenza dei conservatori di Juntos por el Cambio) , chiunque vincerà il 22 ottobre non riuscirà a cambiare la sorte di questo Paese. Qui ormai siamo al collasso».

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