Soldi in cambio di migranti trattenuti: il memorandum Italia-Europa-Tunisia replica la vergogna libica
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Soldi in cambio di migranti trattenuti: il memorandum Italia-Europa-Tunisia replica la vergogna libica

Soldi, tanti, in cambio di migranti trattenuti. E’ il memorandum Italia-Europa-Tunisia. Il memorandum della vergogna. Che fa il bis di quello, sciagurato, tra Italia e  Libia. 

Soldi in cambio di migranti trattenuti: il memorandum Italia-Europa-Tunisia replica la vergogna libica
Migranti sub-sahariani
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

15 Luglio 2023 - 12.35


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Soldi, tanti, in cambio di migranti trattenuti. E’ il memorandum Italia-Europa-Tunisia. Il memorandum della vergogna. Che fa il bis di quello, sciagurato, tra Italia e  Libia. 

La mercificazione della sofferenza

Scrive Dario Prestigiacomo per EuropaToday: “La premier Giorgia Meloni sarà domenica 16 luglio in Tunisia con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il primo ministro olandese Mark Rutte. I tre incontreranno il presidente tunisino Kais Saied. Per la leader italiana si tratta della terza visita nel Paese nordafricano nel giro di poco più di un mese. E stavolta, al suo ritorno a Roma, Meloni potrebbe portare in dote un nuovo memorandum d’intesa con Tunisi che, dal punto di vista italiano ed europeo, dovrebbe imprimere una stretta sulle partenze di migranti verso le nostre coste.

La missione del Team Europa

Ad annunciare la visita è stata la Commissione europea: “Non anticipiamo il contenuto di ciò che sarà affrontato nella riunione a Tunisi, le discussioni sul memorandum d’intesa sono ancora in corso”, ha precisato Dana Spinant, portavoce di von der Leyen, mettendo le mani avanti. Difficilmente, però, le discussioni dovrebbero proseguire al di là della visita del cosiddetto Team Europa, il trio di leader Ue che sta trattando con Saied. Già un mese fa, il memorandum sembrava oramai cosa fatta, con Meloni che spingeva per una ratifica prima dell’inizio dell’estate. I negoziati si sono allungati, e adesso dovrebbero condurre a un via libera. Cosa conterrà di preciso il testo?

Già nell’aprile scorso, la Commissione europea aveva proposto di rilanciare gli accordi di cooperazione con il Paese nordafricano attraverso “il sostegno alla protezione delle frontiere marittime e delle frontiere meridionali della Tunisia, il potenziamento delle forze di polizia e della cooperazione giudiziaria, una cooperazione operativa rafforzata con le pertinenti agenzie dell’Ue come Eurojust ed Europol e la sensibilizzazione sui pericoli della migrazione irregolare, con campagne di informazione finanziate dall’Ue che saranno lanciate a maggio e giugno”. Nulla di nuovissimo: già in passato Bruxelles e Tunisi avevano concordato misure del genere.

La crisi tunisina

Con l’arrivo al potere di Saied e la profonda crisi economica e finanziaria in cui si trova la Tunisia, la cooperazione si è interrotta. Di mezzo, si è innestato il prestito da 2 miliardi di euro che il presidente tunisino sta negoziando con il Fondo monetario internazionale (Fmi). Le trattative tra Saied e Fmi sono a oggi a un punto morto a causa delle condizioni poste al prestito, ossia una serie di riforme lacrime e sangue che porterebbero al licenziamento di dipendenti pubblici e allo stop a misure di sostegno su carburanti e alimenti per la popolazione. La posizione dell’Ue fino a pochi mesi fa era di attendere il via libera del Fmi prima di inviare nuovi fondi a Tunisi. Inoltre, da più parti, fuori e dentro il Paese nordafricano, si sono levate voci contro accordi internazionali che rischierebbero di rafforzare Saied in un momento in cui il presidente sta attuando una stretta autoritaria. In Tunisia, poi, continuano a susseguirsi violenze nei confronti dei migranti subsahariane, alimentate anche dalle dichiarazioni, considerate razziste dalle ong, dello stesso Saied. Infine, c’è il capitolo della guardia costiera tunisina, accusata, anche con prove alla mano, di usare la forza per fermare i barconi, anche con interventi che hanno provocato vittime.

Fondi in cambio di migranti

Tutte argomentazioni che hanno spinto il Senato Usa a limitare i fondi per la Tunisia fino a quando non verranno varate  riforme per la democrazia. Ma che non hanno fermato i negoziati tra Ue e Tunisi. Nel corso della visita di giugno del Team Europa, von derl Leyen ha promesso un aiuto finanziario a lungo termine di 900 milioni di euro e un aiuto aggiuntivo di 150 milioni da destinare “immediatamente” al Paese africano. Soldi che potrebbero rappresentare una boccata di ossigeno, ma in cambio dei quali Bruxelles vuole un supplemento di sforzo da parte della Tunisia: riprendersi i richiedenti asilo che dalle sue coste raggiungono quelle europee. Per la Commissione Ue, come per Meloni, si tratterebbe di una vittoria politica non da poco, perché si darebbe vita alla prima vera “piattaforma” extra Ue dove rispedire i clandestini: qui, non si sa ancora bene come, verrebbero svolte le procedure di asilo. I migranti a cui viene riconosciuto tale diritto verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia. Nella pratica, questo vorrebbe dire creare una sorte di ponte aereo costante tra l’Italia e il Paese nordafricano.

Se ciò avvenisse, si concretizzerebbe uno dei punti principali delle nuove politiche sui migranti che l’Ue sta portando avanti. Una soluzione che la destra professa da tempo, e che ha fatto conquiste anche a sinistra (si pensi alla socialdemocratica Danimarca). Di recente, von der Leyen ha anche chiesto  15 miliardi in più agli Stati membri da qui al 2027 per finanziare accordi di questo tipo. Ma per il momento Saied non sembra intenzionato  a far diventare il suo Paese il maxi ufficio per le procedure d’asilo dell’Italia e degli altri Stati Ue: “Ribadisco ancora una volta che la Tunisia può monitorare solo i propri confini” e per questo “non accetterà l’insediamento dei migranti sul proprio suolo”, ha detto poche settimane fa. Domenica si vedrà se avrà cambiato idea o meno, e, nel caso, con quali argomenti.”

Riecco il blocco navale

Un must della destra riesumato e aggiornata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Così lo tratteggia su il Giornale Francesca Galici: “Il governo italiano sta lavorando di concerto con i Paesi del nord Africa, in particolare Libia e Tunisia, per trovare una strada che blocchi le partenze degli irregolari…[…]

Da quando è ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi ha iniziato a lavorare a un sistema capace di attuare un controllo, che si sta affinando con i rapporti che Giorgia Meloni sta costruendo, insieme all’Unione europea, in nord Africa. In campagna elettorale, Fratelli d’Italia ha spinto sul blocco navale che, come spiegato in più occasioni anche dal premier, non va inteso come una “diga” fisica davanti alle coste italiane ma come concetto, intendendo un sistema capace di impedire le partenze. “Il blocco navale? Lo facciamo attraverso gli accordi come quelli con la Libia e la Tunisia, rafforzando – anche sulla base di progetti europei – la loro capacità di rafforzare il controllo delle proprie coste ed evitare le partenze”, ha spiegato il ministro, intervenendo alla quarta edizione di “Piazza Italia”, organizzata dal coordinamento romano di Fratelli d’Italia.

È in quest’ottica si inserisce, come ha ricordato Piantedosi, l’ennesima visita di Meloni in Tunisia “con von der Leyen e Rutte per la firma di un memorandum”. Questo, ha proseguito il titolare del Viminale, è “un successo di grandissima portata politica internazionale, inimmaginabile fino a poco tempo fa da chi giustamente si diceva scettico sul coinvolgimento europeo nell’affrontare il problema. E io stesso mercoledì incontrerò al Viminale il ministro dell’Interno tunisino”. 

La Spoon River dei bimbi morti nel Mediterraneo

Si stima che siano almeno 289 i bambini morti o scomparsi quest’anno in naufragi avvenuti sulla rotta migratoria del Mediterraneo centrale dal Nord Africa all’Europa, circa 11 a settimana. Inoltre, secondo i dati Unicef, dal 2018 sono circa 1500 i bambini morti o dispersi sempre nella rotta mediterranea in cerca di sicurezza, pace e migliori opportunità di vita. Un dato che corrisponde a un quinto delle 8.274 persone morte o disperse lungo la rotta secondo i dati del Progetto Migranti Scomparsi dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Molti dei naufragi che avvengono nel corso della traversata del Mediterraneo centrale non lasciano sopravvissuti oppure non vengono nemmeno registrati, rendendo di fratto impossibile molto spesso risalire al numero reale dei bambini morti, che con ogni probabilità è molto più alto.

Catherine Russell, direttrice generale dell’Unicef, ha detto in merito che “nel tentativo di trovare sicurezza, ricongiungersi con la famiglia e cercare un futuro più speranzoso, troppi bambini si imbarcano sulle coste del Mediterraneo, perdendo poi la vita o risultando dispersi durante il viaggio”. Si tratta, sempre a suo dire, di “un chiaro segnale che bisogna fare di più per creare percorsi sicuri e legali per l’accesso dei bambini al diritto d’asilo, rafforzando al contempo le azioni per salvare vite in mare. In definitiva, bisogna fare molto di più per affrontare le cause alla radice che portano in primo luogo i bambini a rischiare la vita”.

Sempre l’Unicef stima che il numero totale di bambini arrivati sulle coste dell’Italia dal Nord Africa da gennaio 2023 sia di 11.600, con una media di 428 a settimana. Un dato che rappresenta il triplo degli arrivi riguardanti bambini registrati nel corso del 2022. La maggior parte di loro parte dalla Libia e dalla Tunisia, dopo aver affrontato lunghe traversate via terra dall’Africa centro-meridionale o dal Medio Oriente. Il 71% dei bambini arrivati in Europa nel 2023 (3.300) sono stati inoltre registrati come non accompagnati o separati dai genitori o eventuali tutor legali, una condizione che li rende sensibili ed esposti a fenomeni di sfruttamento, abuso e violenza, soprattutto per quanto riguarda le ragazze che viaggiano da sole.

“Da un mondo a un altro veniva il bimbo, figlio bello, morto in mare a quattro anni, figlio mio, oggi al largo di Reggio Calabria, figlio”. Con queste parole la scrittrice Valeria Parrella ha ricordato ieri, su Twitter, il bambino di quattro anni morto durante il viaggio della speranza. Ieri la madre è scesa a Reggio Calabria dalla nave Dattilo della Guardia costiera italiana, che nella notte aveva soccorso un gruppo di 50 migranti, con in braccio il corpo del suo bambino. La donna piangeva e urlava disperata, insieme ad altre due compagne, anche loro in lacrime, distrutte da quel viaggio tremendo nel quale sono morti anche altri passeggeri. 

Il bambino era di origine subsahariana e, probabilmente, di nazionalità nigeriana. Per la mamma, sotto choc, la Prefettura di Reggio Calabria ha immediatamente disposto l’assistenza psicologica.

La notizia della presenza del cadavere del bambino, circolata poco dopo l’attracco della Dattilo al molo di ponente del porto reggino, si è diffusa in un baleno, provocando costernazione e sgomento tra i volontari e le forze dell’ordine che si occupano del dispositivo di accoglienza. Si sospetta che i bimbi morti fossero probabilmente 3. “I bimbi morti sono probabilmente tre, non è ancora chiaro…. queste donne sono ancora tutte sotto choc”, ha detto una volontaria.

Il “Mare della Morte”

Secondo il bilancio dell’Oim, riportato da Frontex, a giugno sono scomparse circa 1.900 persone, di cui la maggior parte lungo la rotta del Mediterraneo. Gli arrivi – scrive l’Agenzia Ue per la protezione dei confini nel suo rapporto mensile – su tutte le altre rotte migratorie hanno registrato cali rispetto a un anno fa, che vanno dal 6% sul Mediterraneo occidentale fino al 34% sulla rotta del Mediterraneo orientale.

“Dopo una diminuzione a maggio causata da lunghi periodi di cattive condizioni meteorologiche, i trafficanti hanno intensificato le loro attività, determinando un aumento dell’85% degli arrivi nel Mediterraneo centrale nel solo mese di giugno”. “L’aumento della pressione migratoria su questa rotta potrebbe persistere nei prossimi mesi con i trafficanti che offrono prezzi più bassi per i migranti in partenza dalla Libia e dalla Tunisia in mezzo a una feroce concorrenza tra i gruppi criminali”, avverte Frontex.

Esseri umani, non numeri

“Nel leggere le cifre delle persone scomparse in mare non dobbiamo mai dimenticare che non si tratta di numeri ma di esseri umani. Di nostri fratelli e sorelle. È aberrante arrivare a considerare ‘ordinaria amministrazione’ la notizia di centinaia, migliaia di persone disperse in mare. È e rimane una tragedia”. Lo scrive don Marco Pagniello, direttore della Caritas italiana, commentando le numerose morti di migranti nel Mediterraneo, passate più volte sottaciute sui media nell’opinione pubblica. “La fuga da situazione invivibili è una realtà con la quale dobbiamo fare i conti tutti – prosegue il direttore della Caritas -: chi governa le nazioni e le organizzazioni internazionali e anche i cittadini comuni. Tutti siamo chiamati a fare la nostra parte: nell’accoglienza, nel cambiamento di mentalità, nell’attuazione di politiche coraggiose e lungimiranti”. “È tempo di riportare l’investimento per la cooperazione internazionale a livelli adeguati alla promozione dei diritti umani, in modo da creare le condizioni per cui le persone non siano costrette a partire – conclude don Pagniello -. Quella delle migrazioni è una sfida per i Paesi e per le Chiese che si affacciano sul Mediterraneo. Questo mare deve tornare a essere un luogo di vita, di relazioni, di cultura e di sviluppo, anziché di morte”.

Ma di questa umanità non c’è traccia nel memorandum della vergogna 2.0. 

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