La Nakba infinita dei bambini palestinesi
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La Nakba infinita dei bambini palestinesi

Quattro persone, tre delle quali adolescenti, sono state uccise dalle Forze di Difesa Israeliane durante il fine settimana, e le uccisioni quasi quotidiane in Cisgiordania continuano a pieno ritmo.

La Nakba infinita dei bambini palestinesi
I funerali del parazzo palestinese Adel Daoud, ucciso dagli israeliani
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Ottobre 2022 - 18.45


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La Nakba infinita dei bambini palestinesi. Una lunga, interminabile scia di sangue. 

Un editoriale coraggioso

Così Haaretz: “Quattro persone, tre delle quali adolescenti, sono state uccise dalle Forze di Difesa Israeliane durante il fine settimana, e le uccisioni quasi quotidiane in Cisgiordania continuano a pieno ritmo.
Venerdì i soldati hanno ucciso Adel Daoud, 14 anni, vicino alla barriera di separazione nella zona di Qalqilyah. L’esercito ha affermato che aveva tentato di lanciare una molotov contro i soldati. Solo due ore hanno separato la sua uccisione da quella di Mahdi Ladadweh, 17 anni, colpito al petto dai soldati nel villaggio di Al Mazraa al-Gharbiya, a nord-ovest di Ramallah. Secondo i testimoni, gli scontri nel villaggio sono scoppiati quando i residenti hanno cercato di respingere i coloni che avevano attaccato una casa della comunità. Cinquanta residenti sono rimasti feriti negli scontri di venerdì.
Sabato, i soldati hanno ucciso altri due giovani nel campo profughi di Jenin: Mahmoud al-Sous, 18 anni, e Ahmed Daraghmeh, 19 anni. La loro morte è avvenuta quando le IDF sono entrate nel campo con un gran numero di forze per arrestare un ricercato e hanno incontrato una resistenza armata. La settimana scorsa, l’IDF ha ucciso altri quattro residenti durante le sue attività nel campo profughi. Questi numeri richiedono una riflessione e un riesame dell’attività dell’esercito a Jenin e in altri luoghi, e anche delle azioni dei soldati dal grilletto facile quando si tratta di palestinesi – anche quando sono disarmati, anche se sono bambini.

Ma la responsabilità non si ferma all’esercito. Il governo è responsabile delle azioni dell’Idf. I coloni sono i principali responsabili dell’operato dell’Idf e suggeriscono che, in vista delle elezioni, il Primo Ministro Yair Lapid e il Ministro della Difesa Benny Gantz vogliano dimostrare agli elettori di non essere deboli in materia di sicurezza, come invece sostiene costantemente la destra. Anche i coloni aggiungono benzina al fuoco con le loro violenze contro i residenti della Cisgiordania, con i loro slogan mendaci che avvertono del pericolo sulle strade e con le loro provocazioni al governo contro i palestinesi. Durante la stagione elettorale, il potere di queste cose è particolarmente grande e i coloni sono molto bravi a sfruttare le opportunità.

La finestra di opportunità dei coloni è l’ora del pericolo per lo Stato, un test della capacità di Lapid e Gantz di resistere alle minacce e alle intimidazioni della destra, aumentando allo stesso tempo la loro supervisione dell’esercito. Saranno anche messi alla prova se hanno qualche altra politica da offrire – oltre a quella di uccidere – quando si presenteranno davanti agli elettori, chiedendo di poter formare anche il prossimo governo.

Questo non è affatto chiaro alla luce del fatto che il cosiddetto governo del cambiamento ha “battuto un record” di uccisioni di palestinesi. Circa 100 palestinesi uccisi dall’inizio dell’anno sono un numero inaccettabile, soprattutto se si esaminano le circostanze di ogni singolo omicidio. L’Idf non indaga quasi più su nessuno dei casi, certamente non seriamente, e la compiacenza con cui la portata delle uccisioni viene accolta dal governo, dall’esercito e dall’opinione pubblica è estremamente minacciosa e pericolosa”.

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Così l’editoriale del quotidiano progressista di Tel Aviv.
La denuncia di Save the Children

160 bambini palestinesi stanno vivendo una situazione drammatica, si trovano in prigione in attesa di interrogatorio. Soli, inascoltati, esposti ad enormi rischi a cui ora si aggiunge anche il coronavirus – documenta Save The Children in un recente Rapporto -Ancora oggi circa 500-700 bambini Palestinesi della Cisgiordania vengono processati e detenuti secondo la legge militare israeliana, ogni anno. Sono gli unici bambini al mondo ad essere sistematicamente processati da tribunali militari, con processi iniqui, arresti violenti, spesso notturni e interrogatori coercitivi. L’accusa più comune è il lancio di pietre, per cui si può arrivare ad una pena di 20 anni. 
In prigione sono sottoposti ad abusi emotivi e fisici, l’assistenza sanitaria e il sostegno psicosociale sono per loro molto limitati e con l’emergenzacoronavirusla loro situazione si è ulteriormente aggravata. Al momento, quasi 160 bambini si trovano nelle carceri militari israeliane, in attesa di processo o condanna. 
Da marzo 2020, con l’inizio della pandemia, a questi bambini è impedito di ricevere visite dai propri genitori e parenti. Non possono neanche incontrare i loro avvocati e quindi anche il supporto legale è minimo.

Questa situazione crea ulteriori difficoltà e sofferenze per i bambini e li rende vulnerabili a possibili violazioni, inclusa la pressione ad autoincriminarsi. 

Abusati, le testimonianze

Ala è stato arrestato mentre andava a scuola durante degli scontri. Colpito da proiettili di gomma e ferito al piede e alla testa ha subito prima un interrogatorio di 5 giorni e solo dopo è stato visitato da un medico. Dopo aver trascorso alcuni giorni in ospedale per le ferite riportate è stato trasferito in prigione. Ha dovuto dividere una cella di circa 20 metri quadri con altri 9 ragazzi, alcuni anche molto più piccoli di lui. La paura del Coronavirus era tanta e i ragazzi provavano a mantenere pulito questo spazio angusto in cui erano costretti, ma senza disinfettanti e con le guardie che entravano continuamente nelle celle, spesso con i cani, era praticamente impossibile. Ora Ala è stato per fortuna rilasciato ma teme fortemente per gli altri ragazzi che sono ancora in carcere. Lui ha vissuto fino a poco temo fa in quella situazione e sa che il pericolo di ammalarsi è reale.

Un altro minore (Ubay Mohammad Odeh, minore dei territori occupati di Gerusalemme) è stato arrestato mentre andava a scuola con taxi, è stato fermato per un controllo di documenti. I soldati gli hanno detto che la carta di identità non andava bene, e lo hanno portato via coprendogli la testa con un cappuccio, in un campo di detenzione. É stato spogliato nudo e messo in isolamento, dopo essere stato interrogato, nella sezione degli adulti. È rimasto così per 22giorni in una cella umida e piena di topi. Durante i trasferimenti per gli interrogatori ha subito continue aggressioni da parte dei militari che lo accusavano di avere picchiato un giudice. 
Abdul-Salam Abu Al-Hayjah (16 anni del campo profughi di Jenin) è stato esposto a gravi torture, per costringerlo a dire dove è nascosto suo padre. Nel suo interrogatorio hanno minacciato di uccidere il padre e di deportare la sua famiglia. É obbligato a stare per lunghi periodi in piedi, senza vestiti. Gli è impedito di fare una doccia, e chi lo interroga lo minaccia che non rivedrà più la luce del sole finchè non avrà dato tutte le informazioni che gli sono richieste. 
Altri minori hanno denunciato una guardia che aveva tentato in più occasioni di violentare qualcuno di loro. La guardia è stata arrestata e condannata a tre anni di prigione. I minori, sono stati brutalmente percossi mentre venivano portati dalla prigione al Tribunale, e si trovavano nelle mani delle guardie”.

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Così il report di Save the Children.

La storia di Rayan

Rayan Suleiman, un bambino palestinese di 7 anni è morto due giovedì fa mentre veniva inseguito dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata, la conferma della morte arriva dal ministero della Salute, palestinese.  

Una dichiarazione del ministero afferma che Rayan Yasser Ali Suleiman, della città di Tuqu vicino alla città di Betlemme, è caduto dall’alto mentre scappava dai soldati israeliani.

I medici non sono riusciti a salvargli la vita, è stato dichiarato morto poco dopo essere stato ricoverato all’ospedale di Beit Jala.
Con la morte di Rayan sono 40 i bambini palestinesi uccisi finora quest’anno nei territori occupati, molte di queste morti sono state dichiarate come “incidenti” dalle forze israeliane.

Michelle Bachelet l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha affermato: “L’esercito israeliano sta usando una forza letale e brutale violando sia il diritto internazionale che i diritti umani.”

Recentemente Bachelet ha rilasciato una dichiarazione esprimendo “allarme” per il gran numero di palestinesi – in particolare bambini – che sono stati uccisi e feriti dalle forze israeliane nel territorio palestinese occupato.

“Fare del male a qualsiasi bambino durante il conflitto è profondamente inquietante, l’uccisione e la mutilazione di così tanti bambini quest’anno è inconcepibile”, ha aggiunto la Bachelet in una nota.

La paura che non passa

“Eravamo a casa, abbiamo sentito esplosioni intorno a noi, vicino alla moschea. I vetri sono caduti, e poi le case sono crollate sulle persone”, racconta Dana, 11 anni, “La gente scappava, i paramedici ci dicevano di correre in ospedale. Abbiamo perso la speranza.”.

“Avevo preparato i vestiti, i giochi e gli accessori per l’ʿīd al-aḍḥā. Non li ho potuti indossare quel giorno, non ho potuto celebrare la festa”, dice Amal, 12 anni, “Non c’era gioia e divertimento, ma solo il rumore delle esplosioni, e noi che non ci sentivamo al sicuro”.

“Durante la guerra mio padre ha mandato me e mio fratello da mio zio e due cugini sono venuti a casa nostra”, racconta Maram, 11 anni, “Ero molto spaventata, non era la stessa cosa che essere con mamma e papà. Loro mi avrebbero fatto sentire più al sicuro. Ma la mia famiglia lo ha fatto perché, se questa casa fosse stata bombardata, alcuni di noi sarebbero sopravvissuti e avrebbero potuto aiutare gli altri”.

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“Se hai sette anni qui hai già vissuto quattro guerre”, dice Juan Paris, psichiatra di Medici senza frontiere. “Non è difficile che tu possa pensare che in futuro ci possa essere solo un’altra guerra, e qualcosa che fa del male a te, ai tuoi genitori e alle persone che ti circondano. Tutto ciò non può che condizionare uno sviluppo sereno del bambino”.

L’articolo di euronews è del 31 maggio 2021.

Il 18 maggio dello stesso anno, Adriano Sofri scrive su Il Foglio: “Allora: quanto sono preziosi per noi i bambini palestinesi? Quel cambio così ineguale – per esempio, 58 a 2, se non sbaglio, negli scorsi giorni, e si vorrebbe dire soltanto: 60 bambini – non misura anche la differenza nella nostra scala dei valori? C’è un razzismo involontario in noi. E’ il riflesso di quel nostro sentirci così a casa a Tel Aviv e così incuriositi a Ramallah e così spaesati a Gaza – anche quando reagiamo simpatizzando per Ramallah o abbracciando gli asinelli piagati di Gaza. I bambini sono merce rara per noi. Benché la caratteristica più sorprendente di Israele sia la sua vivacità demografica, a un tasso più che doppio di quello nostro, la natalità nei territori palestinesi è ancora più alta (ed enormemente più alta è la mortalità infantile). Ci figuriamo Gaza come un formicaio umano e soprattutto infantile, e i suoi padri come fatalmente rassegnati o esaltati dal sacrificio dei loro piccoli, e i suoi capi cinicamente disposti a servirsene come di scudi umani, i più redditizi per la loro propaganda. C’è, nella nostra immaginazione, un’inflazione di bambini palestinesi, vivi o morti. Ad aggravarla ha provveduto lo spettacolo frustrato o assuefatto dei bambini sterminati nella guerra dei dieci anni di Siria. Leggo mie vecchie righe. “La strage di Erode: non ci fu, probabilmente. Se ci fu, calcolano i demografi sulla base della popolazione presunta di Betlemme, uccise una ventina di bambini sotto i due anni. La demografia di Gaza diventa agghiacciante, quando suona la sirena delle bombe. La maggioranza della popolazione ammassata in quel fazzoletto di terra è composta di bambini e ragazzini: un giardino d’infanzia in un miserando zoo umano. Non c’è un Erode geloso a mandare aerei sulla striscia di miseria e rancore. Gli israeliani vogliono davvero ridurre al minimo le vittime civili, che Hamas ostenta. Non possono essere così disumani né così imbecilli da mirare e colpire i bambini. Ma quando si interviene con un simile spiegamento di forza in un enorme giardino d’infanzia, tanti (quanti?) bambini moriranno, resteranno feriti e mutilati e, quelli che sopravviveranno, non lo dimenticheranno più, e assicureranno altre generazioni al trionfo dell’odio e della vendetta”.  Così Adriano Sofri.

Un anno e cinque mesi dopo, la Nakba dei bambini palestinesi continua.  Allora: quanto sono preziosi per noi i bambini palestinesi?, s’interroga Sofri. Poco o niente è la risposta. 

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