Un G20 sull'Afghanistan per "evitare la catastrofe", ma la sciagura è già in atto
Top

Un G20 sull'Afghanistan per "evitare la catastrofe", ma la sciagura è già in atto

"Aiuti umanitari, sicurezza e diritti umani": sono le priorità del G20 straordinario sul paese finito nelle mani dei talebani che il premier Mario Draghi ha formalizzato nel suo debutto

Talebani
Talebani
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

24 Settembre 2021 - 16.17


ATF

Un G20 sull’Afghanistan per “evitare la catastrofe”. Ma la catastrofe è già in atto. 

Parole…

“Aiuti umanitari, sicurezza e diritti umani”: sono le priorità del G20 straordinario sull’Afghanistan che il premier Mario Draghi ha formalizzato nel suo debutto di ieri (con un videomessaggio di circa 20 minuti) davanti ad un centinaio di leader mondiali alla 76/ma Assemblea generale dell’Onu a New York. “Il vertice straordinario del G20 dovrà dare massimo sostegno a questi obiettivi”, ha detto in un intervento a tutto tondo, dove ha rilanciato la necessità del multilateralismo per affrontare le sfide globali, dalla pandemia ai cambiamenti climatici, dalla ripresa economica alla lotta alle diseguaglianze e all’insicurezza alimentare, sino alla risoluzione dei conflitti e alla lotta al terrorismo.       Draghi ha lanciato il G20 straordinario proposto sotto la presidenza italiana del forum evocando il rischio terrorismo e di una “catastrofe sociale e civile”. “La situazione umanitaria in Afghanistan è la più immediata e condivisa preoccupazione, anche per l’avvicinarsi dell’inverno”, ha spiegato.  “Ma dobbiamo pure evitare che il Paese torni ad essere una minaccia per la sicurezza internazionale”, ha avvisato, riferendosi alla presenza di gruppi affiliati ad al-Qaeda e Daesh e invitando la comunità internazionale “a collaborare con efficacia, a partire dallo scambio di informazioni”. Il premier ha anche fustigato il nuovo governo dei talebani, che “non risponde alle aspettative della comunità internazionale di un governo inclusivo e rappresentativo delle diverse componenti etniche, sociali e religiose del Paese”. “I nuovi governanti devono dimostrare con le loro scelte, e non solo a parole, di credere nel rispetto delle libertà individuali”, ha attaccato, ammonendo che  “in Afghanistan stiamo assistendo allo smantellamento dei progressi degli ultimi 20 anni relativamente alla difesa delle libertà fondamentali, soprattutto per le donne”. Il vertice sull’Afghanistan è stato presentato come prova concreta di quel multilateralismo che l’Italia vuole rilanciare. “Da qualche tempo – si è rammaricato – assistiamo a un progressivo indebolimento del multilateralismo, che ha garantito pace, sicurezza e prosperità a partire dal dopoguerra. Gli ultimi mesi ci hanno però posto davanti a problemi che non possiamo risolvere da soli”.

…e  realtà

I talebani si preparano a ripristinare le esecuzioni dei condannati per omicidio e le amputazioni delle mani e dei piedi dei condannati per furto, anche se forse non in pubblico. Lo ha confermato all’agenzia di stampa Associated Press Nooruddin Turabi, uno dei fondatori dell’organizzazione e responsabile dell’applicazione della legge islamica nel Paese durante il precedente governo dei mullah.

Turabi, uno dei dirigenti talebani compreso nella lista nera delle Nazioni Unite, è responsabile del sistema carcerario. Turabi ha respinto l’indignazione per le esecuzioni del passato, che a volte avevano luogo davanti alla folla in uno stadio, e ha messo in guardia il mondo contro qualsiasi interferenza con i nuovi padroni dell’Afghanistan. “Tutti ci hanno criticato per le punizioni allo stadio, ma noi non abbiamo mai detto nulla sulle loro leggi e sulle loro punizioni”, ha detto Turabi. 

 “Nessuno ci dirà quali dovrebbero essere le nostre leggi. Seguiremo l’Islam e faremo le nostre leggi secondo il Corano”, ha aggiunto. A giudicare i casi, ha poi spiegato, saranno i giudici, comprese le donne: “Il taglio delle mani è molto necessario per la sicurezza”, ha affermato, ricordando che quando veniva praticato ha avuto un effetto deterrente. Il governo, ha concluso, sta studiando se eseguire le punizioni in pubblico e “svilupperà una politica” al riguardo. Quando i talebani erano al potere 20 anni fa, le esecuzioni dei condannati per omicidio venivano eseguite in genere con un colpo di arma da fuoco alla testa sparato da un membro della famiglia della vittima, che aveva l’opzione di accettare i cosiddetti “soldi insanguinati” in cambio della vita del condannato. Per i ladri, inoltre, la punizione era l’amputazione di una mano, mentre per il reato di rapina in autostrada venivano amputati una mano e un piede. 

Cartoline dall’inferno

Di grande impatto è la testimonianza raccolta da Pamela Ferlin per il Corriere della Sera. “Karim (nome di fantasia) è un giornalista al vertice della Radio Televisione di stato Afgana (RTA) che da settimane vive fuggiasco in clandestinità e al quale dobbiamo garantire l’anonimato, abbiamo raccolto la sua testimonianza e il suo appello disperato.

Gentile collega, ho letto il vostro Diario Afghano trovandolo su un sito internazionale del Corriere della Sera tradotto in inglese, vi ringrazio per aver dato voce a due giovani studentesse in balia degli avvenimenti nel nostro paese, oggi vi chiedo aiuto per tutta la nostra categoria: i giornalisti in Afghanistan sono in pericolo di vita.

Essere giornalisti sotto i talebani

“Dalla notte del 15 agosto tutto è cambiato: sono stati requisiti gli spazi della tv di stato (Rta), un loro portavoce ha occupato la postazione del nostro telegiornale per comunicare in diretta ufficialmente la presa di Kabul e dell’Afghanistan. Ora Rta è controllata dai talebani, 135 testate tra carta stampata e tv nel paese sono state chiuse, le poche sopravvissute sono obbligate a seguire le regole dei talebani: proibita la libertà di espressione. La maggior parte dei giornalisti nel paese ha lasciato il proprio lavoro e siamo in pericolo di vita, ogni giorno ci sono casi di colleghi rapiti e seviziati. Il mio capo è fuggito a Londra, alcuni colleghi sono espatriati e altri vivono nascosti come me, che cambio alloggio ogni due o tre giorni per non essere localizzato. Alle nostre colleghe donne che si sono presentate in ufficio è stato vietato l’accesso alla tv già il 18 di agosto, e da quel giorno non sono più potute tornare, vale per RTA ma anche per ToloTV.

E ancora: “Le limitazioni alle donne non valgono solo per le colleghe giornaliste, i talebani hanno proclamato che senza un Muharram religioso (un parente maschio) una donna non può uscire di casa. Aziza e Sima, ogni volta che escono di casa per andare all’università corrono il rischio di incappare in uno ‘studente del corano’ particolarmente invasato che si sente autorizzato ad aggredirle con la forza o a mandarle in prigione.

Futuro da incubo

“Una catastrofe. Temo una guerra civile ma temo maggiormente il ritorno dell’Isis su questo scenario già tragico. Sono peggio dei talebani, e hanno l’intenzione di alzare la tensione, il rischio è che difronte alla minaccia di un male maggiore la gente scelga i talebani che comunque hanno un radicamento nella parte più tradizionalista della società. Il prezzo di questo ricatto sarà quello di sacrificare completamente i diritti delle donne e della popolazione più emancipata. tre giorni fa a Jalalabad e a Kabul le prime auto bomba, opera dell’Isis come le esplosioni all’aeroporto: si aspettano la loro fetta di potere. Siccome quello dei talebani è un governo debole, non sarà all’altezza del ruolo cui è chiamato, perciò in una fase di povertà e di incertezza economica e politica le bande dell’Isis attrarranno molti disperati che altrimenti non avrebbero un posto nella società e una protezione. Non è solo un problema di sicurezza fisica: quella mentale è in vero pericolo”.

La rivolta è “rosa”

Lo scotch sulla bocca per protesta contro i talebani per rivendicare il loro diritto allo studio. Un gruppo di donne ha manifestato nel centro commerciale vicino alla sede del ministero dell’Istruzione: vestite di nero, con la bocca tappata e cartelli in mano per una “protesta silenziosa”, così l’hanno definita le organizzatrici, contro la decisione del governo talebano di autorizzare soltanto studenti e insegnanti uomini a riprendere le lezioni. Anche a Herat, nei giorni scorsi, un gruppo di studentesse delle superiori ha protestato si sono radunate in un quartiere residenziale alla periferia della città, dove i talebani non sono presenti, per non attirare la loro attenzione. Hanno mostrato striscioni chiedendo di poter tornare a scuola, dicendo che escludere le ragazze dall’istruzione lascerà un’intera nazione futura senza istruzione. “Chiediamo loro (talebani) di riaprire le nostre scuole il prima possibile”, ha detto una manifestante di 17 anni, non andare a scuola è come “tornare indietro”. “Chiediamo che tutte le ragazze tornino nelle loro scuole e che a tutte le donne sia permesso di tornare al loro lavoro”, ha aggiunto una 18enne. Talebani: “Ragazze in classe? Il prima possibile” Dopo aver preso il potere in Afghanistan il mese scorso, i talebani inizialmente hanno affermato che alle ragazze sarebbe stato concesso pari accesso all’istruzione, anche se in contesti di segregazione di genere, e l’inclusione, ma da allora hanno imposto restrizioni alle donne. Ieri alle dipendenti del governo della città di Kabul è stato detto di rimanere a casa, mentre è stato consentito di lavorare solo alle donne che non possono essere sostituite da uomini. Venerdì, il ministero dell’Istruzione talebano ha consentito ai ragazzi dalla sesta alla dodicesima classe di tornare a scuola, così come agli insegnanti maschi: non così alle ragazze. Nel loro precedente governo negli anni ’90, i talebani avevano escluso ragazze e donne dalla scuola, dal lavoro e dalla vita pubblica. Adesso, il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha dichiarato che le ragazze “torneranno in classe il più presto possibile”. “Stiamo definendo le cose… accadrà il più presto possibile”, ha affermato Mujahid riferendosi all’istruzione delle giovani afghane. “Senza mia sorella a scuola non ci vado” A sostegno del diritto all’istruzione delle ragazze, sui social è partita la campagna #withoutmysisteriwillnotgotoschool. Con questo hashtag tanti ragazzi e giovani uomini dicono: “Senza mia sorella a scuola non ci vado”, per esprimere solidarietà alle loro coetanee.    Q. Q., un’insegnante di scuola superiore, in un post su Twitter ha scritto: “Come insegnante, ho sempre parlato dell’importanza di educare le donne. Ma ora l’insegnamento all’ombra dell’Emirato moltiplica per zero tutto il duro lavoro”.  “Proibire alle ragazze di frequentare la scuola è come seppellirle vive. Non lasciare che questo incubo si trasformi in realtà”, ha detto al Post Aryan Aroon, attivista e scrittore afghano che ha lasciato il Paese prima che i talebani prendessero il sopravvento. Il ministro dell’istruzione superiore Abdul Baqi Haqqani aveva annunciato il 12 settembre che alle donne sarebbe stato permesso di studiare nelle università e nei programmi post-laurea, sebbene poi avesse chiarito: “Non permetteremo a studenti e studentesse di studiare nella stessa classe. Le classi miste vanno in contrasto con le disposizioni della sharia”, la legge islamica. Durante l’ultimo governo talebano (1996 – 2001), le scuole femminili furono chiuse e alle donne venne vietato lavorare. Le afghane che camminavano sole negli spazi pubblici spesso denunciavano di subire aggressioni. In questi giorni i fondamentalisti talebani stanno di nuovo imponendo la loro rigida interpretazione della sharia, compreso un codice di abbigliamento conservatore ed esecuzioni pubbliche per violazioni morali. Il ministero delle donne in Afghanistan inoltre è stato tramutato in ministero per la Prevenzione dei vizi e la promozione delle virtù. “C’è un profondo valore simbolico nel trasformare un ministero delle donne per le donne in un ministero degli uomini per controllare le donne”, ha detto in un tweet Obaidullah Baheer, docente presso l’Università americana dell’Afghanistan. “Così, è un’occasione mancata di mostrare tolleranza verso più della metà della popolazione afghana”. 

 Il governo dei “misogini” è completo

I talebani hanno annunciato una lista di viceministri, per completare la squadra dell’esecutivo ad interim, ma non c’è ancora nessuna donna tra i nominati. La lista è stata presentata dal portavoce Zabihullah Mujahid nel corso di una conferenza stampa a Kabul. Mujahid ha difeso l’allargamento del governo sottolineando che sono state incluse le minoranze etniche come gli Hazari e che le donne potrebbero essere aggiunte dopo. Il viceministro dell’Informazione del governo provvisorio afghano, Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani, ha dichiarato che l’attuale esecutivo resterà ad interim e i leader del gruppo decideranno i prossimi passi. Rispondendo poi a una domanda sull’inclusività  del governo ha aggiunto che si sta lavorando per renderlo più inclusivo, scrive Tolo News. 

Il cerchio si chiude. Presidente Draghi, la catastrofe è realtà. E l’Occidente ne porta grande responsabilità. 

Native

Articoli correlati