L'Idaho ha fissato al 2 giugno l'esecuzione di un italo-americano malato terminale di cancro
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L'Idaho ha fissato al 2 giugno l'esecuzione di un italo-americano malato terminale di cancro

L''uomo condannato per un duplice omicidio nel 1985 è ricoverato nell'ambulatorio del braccio della morte: ha un tumore, complicazioni al cuore, ai polmoni ed al diabete. I familiari chiedono la grazia.

Gerald Pizzuto
Gerald Pizzuto
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8 Maggio 2021 - 16.43


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Una situazione terribile: l’Idaho ha fissato la sua prima esecuzione negli ultimi nove anni, ed il 2 giugno intende mandare a morte Gerald Pizzuto, condannato alla pena capitale per duplice omicidio nel 1985. Ma il 65enne italoamericano è ricoverato nell’ambulatorio del braccio della morte, affetto da un tumore allo stato terminale, insieme ad altre complicazioni al cuore, ai polmoni ed al diabete. 
Dall’inizio del suo ricovero, oltre un anno fa, gli sono stati prescritti 42 diversi farmaci.
I legali di Pizzuto hanno fatto richiesta di grazia, affermando che l’esecuzione, oltre ad essere incostituzionale considerata la grave infermità sia fisica che mentale del condannato che “ha iniziato a mostrare perdita di memoria ed un certo disorientamento”, sarebbe “un esercizio non necessario, con costi significativi per lo Stato”.
“Non capisco perché uccidere qualcuno che sta già morendo”, ha dichiarato, intervistata da The Marshall Project, Angelina Pizzuto che ha visto il fratello l’ultima volta 18 mesi fa. 
“E’ sulla sedia a rotelle ed anche io sono su una sedia a rotelle, e lui non si è neanche riuscito ad alzare per abbracciarmi”, ha ricordato dicendo che, a causa dei potenti antidolorifici, non è riuscito a riconoscerla. 
 Secondo la sorella, Pizzuto non è neanche in grado di comprendere la gravità delle sue condizioni mediche. “Ci sta uccidendo entrambi – ha concluso- non so cosa gli faranno, prego Dio che lo chiami a sé prima” dell’esecuzione.
Se da una parte negli Stati Uniti sono drasticamente diminuite le condanne a morte e le esecuzioni, mentre continua a crescere il numero degli Stati, ora 22, che hanno abolito la pena capitale, la popolazione dei condannati a morte americani sta diventando sempre più anziana, e spesso malata. I dati federali mostrano che se nel 1987 un condannato passava in media sette anni in cella prima dell’esecuzione, nel 2017 la media è salita a 20 anni.
“Spesso il braccio della morte ormai sembra un ospizio”, afferma Bernard Harcourt, docente di diritto della Columbia University, che ha difeso Doyle Hamm, 61enne malato terminale di cancro che nel 2018 lo Stato dell’Alabama non è riuscito ad uccidere con l’iniezione letale perché, a causa delle sue fragili condizioni di salute, non è stato possibile trovare una vena per iniettare il cocktail di farmaci letali. 
Per la stessa ragione nel 2017 in Ohio è stata bloccata l’esecuzione di Alva Campbell, un altro malato terminale di cancro, che non poteva camminare ed aveva bisogno dell’ossigeno. 
In Alabama, invece, nel 2018 vi è stata l’esecuzione dell’83enne Walter Moody, la persona più anziana mandata a morte in anni recenti. Ed il Texas, sempre lo stesso anno, non ha fermato l’esecuzione di Dannu Bible, che a causa del Parkinson avanzato tremava sul lettino della camera della morte.

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