Gerusalemme, la battaglia della Spianata e la pulizia etnica in Palestina
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Gerusalemme, la battaglia della Spianata e la pulizia etnica in Palestina

Globalist ha dato conto, con articoli e interviste, una situazione esplosiva, con il racconto dal campo, grazie a Osama Hamdan, la rivolta di Damascus Gate, la “Piazza Tahir” palestinese.

Scontri alla spianate delle moschee a Gerusalemme
Scontri alla spianate delle moschee a Gerusalemme
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

8 Maggio 2021 - 16.15


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La “battaglia della Spianata” infiamma Gerusalemme. 

Globalist ha dato conto, con articoli e interviste, una situazione esplosiva, con il racconto dal campo, grazie a Osama Hamdan, la rivolta di Damascus Gate, la “Piazza Tahir” palestinese.

La Spianata insanguinata

Almeno 205 palestinesi e 17 agenti di polizia sono stati feriti venerdì durante gli scontri scoppiati nel complesso della Moschea Al-Aqsa di Gerusalemme, in una grave escalation nelle tensioni che si sono accumulate a Gerusalemme nelle ultime settimane. Il servizio di emergenza della Mezzaluna Rossa palestinese ha detto che circa 205 persone sono state ferite negli scontri con la polizia lì e altrove a Gerusalemme, comprese 88 che sono state ricoverate in ospedale. La Mezzaluna Rossa palestinese ha anche allestito un ospedale da campo nel complesso della moschea a causa del gran numero di manifestanti feriti, la maggior parte dei quali feriti al volto e agli occhi da proiettili rivestiti di gomma e schegge di granate stordenti. Gli scontri sono stati gli ultimi di una giornata mortale che ha visto le forze israeliane sparare e uccidere due palestinesi dopo che tre uomini hanno aperto il fuoco su una base israeliana nella Cisgiordania occupata. La polizia israeliana era in attesa mentre decine di migliaia di persone affollavano la moschea nell’ultimo venerdì di Ramadan e molti sono rimasti per protestare a sostegno dei palestinesi che affrontano lo sfratto dalle case sulle terre rivendicate dai coloni ebrei. Circa 70.000 fedeli hanno partecipato all’ultima preghiera del venerdì di Ramadan ad Al-Aqsa, ha detto la sovrintendenza islamica che sorveglia il sito. Migliaia hanno protestato dopo, sventolando le bandiere verdi del gruppo militante islamico Hamas e intonando slogan pro-Hamas prima di disperdersi pacificamente.

La tensione è esplosa dopo la preghiera serale, quando centinaia di fedeli palestinesi hanno iniziato a lanciare pietre e altri oggetti contro le forze israeliane, che hanno risposto con equipaggiamenti antisommossa.

La polizia israeliana ha detto in una dichiarazione durante la notte di venerdì che dopo la preghiera serale i disordini sono ripresi mentre i fedeli lanciavano pietre contro le forze di sicurezza. In risposta, la polizia “le forze sono entrate [nel complesso del Monte del Tempio] per ristabilire l’ordine mentre usavano misure antisommossa”, ha aggiunto la polizia. Inoltre, durante gli scontri sono stati feriti 17 agenti di polizia, la metà dei quali è stata evacuata per ricevere ulteriori cure mediche in ospedale. filmati mostrano i fedeli che lanciano sedie, scarpe e pietre verso la polizia e gli agenti che rispondono aprendo il fuoco.

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Il leader di Hamas Ismael Haniyeh ha iammonito  il primo ministro Benjamin Netanyahu a non “giocare col fuoco”.

“Questa è una battaglia che non si può vincere”, ha aggiunto.

Ziyad al-Nakhalah, segretario generale del movimento della Jihad islamica, ha avvertito Israele e ha detto che “dovrebbe aspettarsi una risposta da un momento all’altro”.

Il parlamentare  della Joint List Sami Abu Shehadeh, arrivato al Monte del Tempio per la preghiera del sabato mattina, ha detto che il primo ministro Netanyahu è responsabile della recente fiammata. “La moschea di Al-Aqsa è una linea rossa che nemmeno Netanyahu può superare”, ha aggiunto.

Protesta di Sheikh Jarrah

Nel frattempo, nel quartiere di Sheikh Jarrah, decine di persone hanno partecipato alla manifestazione settimanale contro i piani di sfratto, che nelle ultime settimane ha attirato più folla e attenzione.

La polizia ha detto di aver disperso la folla dopo che alcuni dei manifestanti hanno iniziato a lanciare pietre. Due manifestanti sono stati arrestati e due sono stati feriti da granate stordenti. Anche diversi parlamentari israeliani, tutti della Joint List a maggioranza araba, hanno partecipato alla protesta. Uno di loro, Ofer Cassif, ha raccontato di essere stato spinto dagli agenti, che gli hanno rotto gli occhiali. Il mese scorso, Cassif è stato colpito violentemente da agenti di polizia durante una protesta simile a Sheikh Jarrah.

Con le restrizioni sanitarie per lo più revocate in seguito alla rapida campagna israeliana per il vaccino Covid-19, i fedeli si sono stretti insieme mentre si inginocchiano in preghiera sull’altopiano alberato che contiene la Moschea di Al-Aqsa, il terzo sito più sacro dell’Islam.

Ma le tensioni nella città che sono riemerse nelle ultime settimane, di cui il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha detto che Israele è responsabile, erano in primo piano nel sermone del venerdì tenuto dallo sceicco Tayseer Abu Sunainah.

“Il nostro popolo resterà saldo e paziente nelle sue case, nella nostra terra benedetta”, ha proclamato Abu Sunainah a proposito delle molteplici famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme Est, che potrebbero essere sfrattate nell’ambito di una lunga causa legale.

La Corte Suprema di Israele terrà un’udienza sugli sfratti di Sheikh Jarrah lunedì.

Dopo le preghiere, migliaia di persone sono rimaste nel complesso per protestare contro gli sfratti, con molti che sventolavano bandiere palestinesi e cantavano un ritornello comune durante le proteste di Gerusalemme: “Con la nostra anima e il nostro sangue, ti riscatteremo, Aqsa”.

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Venerdì sera, il presidente Abbas ha ribadito che Israele è responsabile dell’escalation a Gerusalemme e in un discorso televisivo ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione.

Giocare con il fuoco

I residenti di Sheikh Jarrah sono in maggioranza palestinesi, ma il quartiere contiene anche un sito venerato dagli ebrei religiosi come la tomba di un antico sommo sacerdote, Shimon Hatzaddik.

Il portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha detto che gli sgomberi, “se ordinati e attuati, violerebbero gli obblighi di Israele secondo il diritto internazionale” sul territorio di Gerusalemme Est che ha catturato e occupato nella guerra in Medio Oriente del 1967.

Al centro di una lunga  battaglia legale  sulla proprietà delle case abitate da famiglie palestinesi, Sheikh Jarrah vive da anni espulsioni a favore dei coloni israeliani.  Stavolta nel mirino ci sono 40 palestinesi (di cui 10 bambini) su cui si attendeva ieri la decisione della Corte suprema israeliana. Che, dopo aver invitato le parti a trovare un compromesso, ha rinviato l’udienza a lunedì 10 maggio, giornata che si prospetta ancora più calda visto che coinciderà con le celebrazioni israeliane del Jerusalem Day, ovvero l’occupazione della zona est nel 1967.

Nella notte, dopo l’Iftar, il pasto che rompe il digiuno nel mese di Ramadan, i palestinesi si sono ritrovati per manifestare, la polizia ha risposto con gas lacrimogeni, proiettili veri e proiettili rivestiti di gomma. E ha protetto i coloni che hanno preso parte attivamente alle violenze. 

Un giovane palestinese di 18 anni è stato colpito dagli agenti a una gamba, un uomo – Najim Qatina, è stato accoltellato dai coloni mentre tornava dal lavoro ed è stato poi colpito al volto con spray al peperoncino. La famiglia al-Kurd, uno di quelle minacciate di espulsione, ha denunciato l’irruzione della polizia nella loro casa, poi respinta, non senza pestaggi con i manganelli e arresti di alcuni palestinesi presenti nell’abitazione. Intanto sui social molti utenti hanno denunciato la censura di post e storie che mostravano in diretta quanto stava accadendo a Sheikh Jarrah: cancellate da Twitter e Instagram.

A “supervisionare” i coloni c’era il parlamentare kahanista Itamar Ben-Gvir, a capo del gruppo razzista e di estrema destra che quest’anno per la prima volta è riuscito ad entrare alla Knesset israeliana, dopo anni di messa al bando. Ben-Gvir ha spostato il suo ufficio a Sheikh Jarrah, a riprova dell’attenzione che l’estrema destra israeliana dà a battaglie per la terra e le proprietà come quella in corso.

Il ministro degli esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp)  Riyad al-Maliki ha inviato una lettera alla Corte penale internazionale, che da poco ha deciso di aprire un’inchiesta  su violazioni dei diritti umani e crimini di guerra commessi da Israele nei Territori Occupati dal 2014 in poi: nella lettera al-Maliki chiede all’Aia di “prendere una posizione chiara e pubblica contro i crimini perpetrati da Israele contro i palestinesi di Sheikh Jarrah”.

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E’ intervenuto, alla fine, anche l’Onu con l’inviato per il Medio Oriente Tar Wennesland che si è dato preoccupato per “lo sfratto di famiglie di rifugiati palestinesi da Sheikh Jarrah e da altri quartieri di Gerusalemme est occupata”. “Chiedo a Israele di interrompere le demolizioni e gli sfratti, in linea con i suoi obblighi secondo il diritto internazionale”.

“Per garantire che la sua annessione della città fosse irreversibile – scrive Ramzy Baroud  direttore di The Palestine Chronicle- il governo israeliano ha approvato il Master Plan 2000, un imponente progetto intrapreso da Israele per riorganizzare i confini della città in modo tale da garantire una maggioranza demografica permanente per gli ebrei israeliani a spese degli abitanti nativi della città. Il Master Plan non era altro che un progetto per una campagna di pulizia etnica sponsorizzata dallo Stato, che ha visto la distruzione di migliaia di case palestinesi e il conseguente sfratto di numerose famiglie…”.

Da Washington si invita alla prudenza: “Non ci sono scuse per la violenza, ma questo spargimento di sangue è particolarmente inquietante ora – si legge in una nota del Dipartimento di Stato – in arrivo degli ultimi giorni del Ramadan”. È assolutamente fondamentale che tutte le parti esercitino moderazione – ha proseguito la nota – si astengano da azioni provocatorie e retoriche e preservino lo status quo storico sull’Haram al-Sharif/Monte del Tempio nelle parole e nella pratica”. Non solo: l’amministrazione Biden ha espresso “profonda preoccupazione per il potenziale sfratto di famiglie palestinesi nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan a Gerusalemme”.

Reazioni anche dall’Egitto: “Condanniamo – hanno fatto sapere i portavoce del ministero degli Esteri de Il Cairo – l’assalto alla moschea di Al-Aqsa da parte delle forze israeliane e l’attacco ai fedeli di Gerusalemme e ai palestinesi all’interno della moschea”. Condanne e preoccupazioni anche dall’Unione Europea.

Dichiarazioni rituali, che accompagnano da sempre le fiammate di violenza in Terrasanta. Appelli destinati a non avere seguito. Come sempre. Mentre la pulizia etnica della Palestina non ha soluzione di continuità. A partire da Gerusalemme. 

 

 

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