Nel Brasile del fascista Bolsonaro Covid-19 dilaga e ora l'America è preoccupata
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Nel Brasile del fascista Bolsonaro Covid-19 dilaga e ora l'America è preoccupata

l paese è ormai terzo per numero di contagi nel mondo (più di 310mila) e sesto per i morti (oltre 20mila), ma il presidente continua ad insistere per una piena ripresa delle attività economiche,

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22 Maggio 2020 - 20.26


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Un fascista irresponsabile al potere: il caso Brasile spaventa l’America Latina, mentre il contagio dilaga in tutto il continente. Il paese è ormai terzo per numero di contagi nel mondo (più di 310mila) e sesto per i morti (oltre 20mila), ma il presidente Jair Bolsonaro continua ad insistere per una piena ripresa delle attività economiche, ignorando ogni richiesta di drastici provvedimenti.
Anche Donald Trump, di cui il leader populista brasiliano di estrema destra è un ammiratore, sembra preoccupato. Questa settimana ha lasciato intendere che potrebbe mettere un bando agli arrivi dal paese latino americano: “il Brasile sta avendo qualche problema, non c’è dubbio. Non voglio – ha detto il presidente americano- che venga qui della gente che ci può contagiare”.
Contrario ad ogni forma di confinamento, Bolsonaro ha annunciato ieri una riapertura “imminente”dell’economia dopo una videoconferenza con i governatori degli stati, in una giornata in cui si registrava un drammatico record di 1.188 nuovi decessi e 18.500 contagi. Il numero dei morti sta raddoppiando ogni due settimane, scrive oggi la Bbc, un ritmo che non ha precedenti in altri paesi. E stiamo parlando solo dei dati ufficiali, perché il numero dei test effettuati rimane basso e i numeri reali potrebbero essere molto più alti. Secondo uno studio della Scuola medica dell’università di San Paolo, i contagiati sono 15 volte di più di quanto dichiarato dalle autorità.
Diversi governatori e sindaci hanno imposto il confinamento, ma di fronte all’assenza di efficaci misure governative per sostenere chi non può lavorare, e con Bolsonaro che continua a sfidare pubblicamente le regole di distanza sociale, è difficile tenere dentro casa chi si arrangia per vivere. E così accade, in questo paese di 210 milioni di abitanti, che vi sia un’anomala proporzione di decessi fra i più giovani: solo il 69% delle vittime del coronavirus aveva più di 60 anni, contro percentuali del 95% raggiunte in Europa, si legge oggi su Le Figaro. Un fenomeno che viene collegato ad una popolazione che è in media molto più giovane, ma anche al fatto che fra i ceti più poveri, dove il distanziamento sociale è quasi impossibile, siano diffuse condizioni di obesità, ipertensione e diabete.
Bolsonaro ha liquidato il coronavirus come una ‘febbriciattola’ e dall’inizio della crisi si è liberato di ben due ministri della Salute. Dopo l’uscita di scena di Luiz Henrique Mandetta, che aveva chiesto invano misure più severe contro il contagio, il suo successore Nelson Teich si è dimesso in meno di un mese. Dal 15 maggio l’interim è stato assunto da Eduardo Pazuello, un generale dell’esercito come molti altri esponenti del governo.
Come Trump, Bolsonaro ha promosso l’uso dell’idrossiclorichina, un farmaco antimalarico la cui efficacia contro il coronavirus non è provata, ma i rischiosi effetti collaterali sono ben noti. Il governo ha distribuito 3 milioni di queste pillole negli ospedali. Dopo che il presidente americano ha detto pubblicamente di assumerla regolarmente, l’esecutivo brasiliano ha raccomandato ai medici di prescriverla fin dai primi sintomi di Covid-19.
Ma negli ospedali mancano intanto i dispositivi di sicurezza e così il Brasile, secondo quanto ha denunciato ieri l’associazione nazionale degli infermieri (Cofen), detiene anche il triste record del 40% degli infermieri colpiti dall’epidemia rispetto al resto del mondo: in questa categoria i contagiati sono almeno 15mila e i morti almeno 137.
Il primo caso di coronavirus registrato ufficialmente in Brasile risale al 26 febbraio, ma secondo l’istitituto scientifico brasiliano Fiocruz il contagio ha iniziato a diffondersi ai primi di febbraio con le festività del carnevale. Ora l’epidemia dilaga nei grandi centri urbani, con il sindaco di San Paolo, Bruno Cuevas, che denuncia il rischio di un prossimo collasso del sistema sanitario cittadino. E il coronavirus si è esteso anche a Manaus, alle porte dell’Amazzonia, dove le popolazioni indigene sono particolarmente vulnerabili. Il dilagare del contagio preoccupa i paesi vicini, soprattutto quelli dell’area amazzonica, dove il controllo delle frontiere è impossibile. Vi sono forti preoccupazioni nella Guyana francese, che ha finora registrato pochi casi, ma anche in Colombia e Perù, dove l’epidemia si sta diffondendo.
Il Brasile è sempre più un caso in America Latina, una regione del mondo che secondo alcuni osservatori potrebbe essere il nuovo epicentro della pandemia. Secondo i dati della John Hopkins university, in Perù vi sono oltre 108.700 contagi, in Messico 59.500, in Cile 57.500, in Ecuador più di 35mila, in Colombia almeno 18mila, mentre Panama e Argentina sono intorno ai 10mila.

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