Gantz fa il Netanyahu sul Piano del secolo. E sfascia l'alleanza con la sinistra e gli arabi israeliani
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Gantz fa il Netanyahu sul Piano del secolo. E sfascia l'alleanza con la sinistra e gli arabi israeliani

L’ex capo di Stato maggiore delle Idf (Le Forze di Difesa israeliane) giudice positivamente il piano di Trum ma viene criticato dai suoi possibili alleati: "Non porterà mai ad una pace giusta e durevole"

Gantz e Netanyahu
Gantz e Netanyahu
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

30 Gennaio 2020 - 17.54


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Il “Piano del secolo” irrompe nella campagna elettorale israeliana, con i due maggiori competitor che fanno a gara per servirsene. Dell’entusiasmo del premier israeliano in carica, Benjamin Netanyahu, si è detto e scritto in abbondanza. Ma a contendergli il “Piano” è il leader di Kahol Lavan (Blu Bianco), l’ex capo di Stato maggiore delle Idf (Le Forze di Difesa israeliane), Benny Gantz.

Gara a chi annette prima

Il leader di Blu Bianco vuole portare la settimana prossima alla Knesset il piano di pace ideato da Donald Trump, perché i deputati israeliani lo possano approvare. Il piano “è una opportunità storica per tracciare i futuri confini d’Israele”, ha detto Gantz, principale sfidante di  Netanyahu alle elezioni del 2 marzo. “Il piano di pace è coerente con i principi fondamentali esposti nella piattaforma elettorale di Blu e Bianco”, ha sottolineato l’ex capo di Stato maggiore. 

Il fronte pro-Gantz si sfalda

Una posizione che rischia di creare un fossato incolmabile tra Gantz e la sinistra israeliana, oltre che con i partiti arabi israeliani riuniti nella Joint List. Un malessere a cui dà voce con Globalist Yael Dayan, scrittrice, più volte parlamentare laburista, già vice sindaca di Tel Aviv, figlia di uno dei miti d’Israele: l’eroe della Guerra dei 6 giorni, il generale Moshe Dayan: “ Gantz – dice Dayan – commette un grave errore nel rincorrere Netanyahu sul terreno preferito dalla destra. Il Piano di Trump non porterà mai ad una pace giusta e durevole con i Palestinesi, semmai rischia di infiammare la situazione. Non si costruisce un’alternativa al governo dei falchi accettando una logica colonizzatrice, magari coperta da un volto più presentabile di quello di Netanyahu”.

Il senso di responsabilità impone di sbarrare la strada ad un governo delle destre, con o senza Netanyahu.- aggiunge Yael Dayan -. Ma la sinistra, in tutte le sue declinazioni organizzate, è uscita con le ossa rotte dalle consultazioni elettorali succedutesi negli ultimi quindici anni, fino a toccare il fondo in quelle di aprile e settembre scorsi. Non è solo mancanza di leadership credibili, autorevoli. È che la sinistra ha smesso da tempo di essere empatica, incapace di entrare in sintonia con quella parte d’Israele più povera e, insieme più dinamica. Le politiche della destra hanno provocato gravissime faglie sociali, impoverendo una parte significativa del paese e, al tempo stesso, non investendo sull’Israele delle start up, sulla ricerca, l’innovazione. È un problema di radicamento ma credo soprattutto di visione, di capacità di immaginare un Israele altro da quello plasmato dalle destre. Una visione che avevano i padri fondatori d’Israele, che ha innervato il pionierismo sionista. Non è nostalgia del passato, anche se per età potrei indulgere a questo sentimento. Per fortuna anche alla veneranda età di ottant’anni continuo ad avere rapporti con tante ragazze e ragazzi splendidi, impegnati nel sociale, che non hanno rappresentanza politica. Non sono pochi, sa. Ma per portarli dalla propria parte, la sinistra dovrà lavorare sodo e con tempi non brevi”.

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Dal leader della sinistra laburista israeliana, Amir Peretz, è arrivato lo stop a qualsiasi ipotesi di passo unilaterale: “Determineremo il nostro destino tramite negoziati diretti con l’Autorità palestinese che si concluderanno con un accordo che metterà in sicurezza uno Stato ebraico e democratico all’interno di confini sicuri per le generazioni future”. La corsa all’annessione della Valle del Giordano e delle colonie è in ogni caso fuori discussione per un governo ad interim, ha aggiunto Peretz, puntando il dito contro la mancanza di legittimità.

Condanna netta da parte dei parlamentari arabo-israeliani che vedono il piano come un passo verso l’instaurazione di un regime di apartheid; sotto accusa in particolare l’ipotesi che alcune città arabe nel nord di Israele possano finire sotto la giurisdizione di un futuro Stato palestinese in cambio di territori per lo Stato ebraico. Un’idea promossa anni fa dal leader ultra-nazionalista Avigdor Lieberman, “inevitabile punto finale dell’agenda razzista di Trump e Bibi (Netanyahu), un via libera per revocare la cittadinanza di centinaia di migliaia di cittadini arabi”, ha sottolineato il leader della Joint List, Ayman Odeh.

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“Il piano di pace di Trump è ridicolo, pericoloso e unilaterale”, afferma Chemi Shalev, firma di punta del quotidiano progressista di Tel Aviv Haaretz. “Trump ha dichiarato la Terza Nakba”, rilancia Gideon Levy, icona del giornalismo radical israeliano. “Con la Valle del Giordano  e la maggior parte delle colonie della Cisgiordania sotto la sovranità israeliana, i Palestinesi hanno la garanzia che non avranno mai né uno Stato, un mezzo Stato, un governo cittadino o un quartiere. Null’altro che una colonia penale – scrive su Haaretz Levy – Con l’annessione della Valle del Giordano e della maggior parte delle colonie, Donald Trump rende ufficiale la creazione di uno stato d’apartheid che sarà conosciuto come lo Stato di Israele. Ciò che Herzl iniziò a Basilea, Trump lo ha completato a Washington.. D’ora in poi sarà impossibile lasciare che la comunità internazionale, soprattutto quella presuntuosa che si autodefinisce ricercatrice del bene, continui a ciarlare della soluzione dei due Stati. Non esiste una cosa del genere. Non c’è mai stata. Non ci sarà mai. Se la comunità internazionale, e con essa l’Autorità Palestinese, sperano di risolvere il problema palestinese, hanno una sola strada da percorrere: l’instaurazione di una democrazia dal Mar Mediterraneo al fiume Giordano. Non resta nient’altro”.

Prosegue Levy: “Ma le notizie che vengono da Trump e la capitolazione del mondo di fronte ad esse sono ancor più funeste. Trump sta creando non solo un nuovo Israele, ma un nuovo mondo. Un mondo senza diritto internazionale, senza rispetto per le risoluzioni internazionali, senza neanche una parvenza di giustizia. Un mondo in cui il genero del Presidente degli Stati Uniti è più potente dell’Assemblea Generale dell’ONU. Se le colonie sono permesse, qualsiasi cosa è permessa.  Quel che è stato conquistato con la forza militare bruta potrà essere liberato solo con la forza. Nel mondo di Trump e della destra israeliana, non c’è posto per i deboli. Essi non hanno diritti.  Da ora in poi, o ci sarà un individuo, un voto – il singolo voto di Trump (e di Benjamin Netanyahu) o il voto uguale di ogni individuo che vive in Israele-Palestina. Europei, Palestinesi e Israeliani: è arrivato il momento di scegliere tra i due scenari”.

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Chi ha già scelto è la destra ultranazionalista israeliana che non ha alcuna intenzione di veder nascere uno Stato palestinese, come previsto, seppure con grandi limitazioni, dallo stesso piano di Washington. “Non permetteremo che il governo israeliano riconosca uno Stato palestinese in nessuna circostanza, neanche un millimetro di terra agli arabi”, ha messo in chiaro il ministro della Difesa, Naftali Bennett, seguito dal ministro dei Trasporti, Bezalel Smotrich, che ha ribadito la totale opposizione a “qualsiasi tipo di sovranità araba sulla terra d’Israele”. Ieri però il ministro del Turismo, Yariv Levin, ha spiegato in un’intervista alla Radio militare che la questione non sarà discussa a giorni: un rinvio “tecnico” per preparare i documenti e per attendere l’opinione del procuratore generale, Avichai Mandelblit, sulla possibilità che un governo ad interim possa attuare iniziative di una simile portata. –

Abu Mazen scrive a Netanyahu

Intanto il I presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen  ha inviato una lettera al primo ministro israeliano, nella quale afferma che l’accettazione del piano Trump significherebbe la morte degli accordi di pace di Oslo. “Stiamo parlando dell’America e Israele che rinunciano agli accordi di Oslo. L’Autorità palestinese si ritiene libera di rinnegare gli impegni degli accordi con Israele, compresi quelli relativi al coordinamento della sicurezza”, si legge nella lettera, secondo quanto riferisce l’emittente Channel 12. Secondo Times of Israel, la lettera è stata inviata a Netanyahu tramite il ministro delle Finanze Moshe Kahlon, che ha incontrato oggi Hussein al-Sheikh, capo della Commissione per gli affari civili dell’Autorità palestinese. Ma di quella lettera, “Bibi” farà carta straccia. Per lui esiste solo un Piano da realizzare, contendendolo all’odiato Gantz: il Piano dell’amico Donald, che non porterà alla pace, ma, spera Netanyahu, alla sua rielezione.

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