Svolta nel Somaliland: 30 anni di carcere per gli stupratori

Un’ottima notizia, nonostante venga da un non-stato, ma pur sempre un’autorità che governa un territorio: il Somaliland, lo Stato non-riconosciuto dalla comunità internazionale ma formato con province settentrionali della Somalia (un tempo britanniche) si è dotato di una legge anti-stupro che prevede almeno 30 anni di reclusione per i violentatori e annulla la precedente norma che spingeva la vittima a sposare il suo stupratore per evitare l’emarginazione.
Lo ha detto il portavoce del parlamento della Repubblica autoproclamata indipendente nel 1991, ricordando che in Somalia non c’è una legge contro la violenza sessuale.
Il portavoce, Bashe Mohamed Farah, ha sottolineato che la legge punta “a eliminare del tutto lo stupro”, ricordando inoltre che la normativa arriva dopo anni di pressioni da parte di gruppi per la tutela dei bambini e delle donne.
La legge è stata approvata nell’ambito degli sforzi fatti dal Somaliland per rendersi interessante e farsi riconoscere dalla comunità internazionale. Quest’ultima esita a farlo per evitare di incoraggiare ulteriori frazionamenti territoriali nell’area e altrove.
A metà novembre in Somaliland, che peraltro gode di diversi riconoscimenti de facto, ha eletto il suo quinto presidente: Muse Bihi Abdi, il candidato del partito di governo “Kulmiye” che col 55% dei voti ha battuto due sfidanti dell’opposizione (Abdirahman Iro e Faysal Ali Warabe).
Si è trattato della prima elezione svoltasi senza incidenti nel Corno d’Africa in molti anni. Controlli e sorveglianza sono stati assicurati da 60 osservatori provenienti da 27 Paesi con il finanziamento della Gran Bretagna.
Non a caso la Repubblica del Somaliland era la Somalia britannica durante il dominio coloniale inglese che durò dal 1884 fino a 1960. In quell’anno il territorio si unì all’ex Somalia italiana per formare la Repubblica di Somalia, da cui si è dichiarata indipendente 27 anni fa.