La riforma fiscale potrebbe essere un boomerang elettorale per i repubblicani
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La riforma fiscale potrebbe essere un boomerang elettorale per i repubblicani

La gente non apprezza le misure che prevedono forti tagli delle tasse per imprese e per i più ricchi e le elezioni di mid-term del 2018 si prospettano difficili per il Grand old party

Passa al senato Usa la riforma fiscale voluta da Trump
Passa al senato Usa la riforma fiscale voluta da Trump
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globalist Modifica articolo

2 Dicembre 2017 - 09.17


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La riforma fiscale fortemente voluta da Donald Trump, passata al Senato e che non avrà difficoltà quando si tratterà di ricevere dalla Camera ilvia libera per l’armonizzazione dei due testi, potrebbe trasformarsi in un boomerang elettorale per il partito reubblicano in occasione del voto di metà mandato nel prossimo anno.
Le elezioni di mid-term sono tradizionalmente indigeste al partito che sta al potere forse perchè, giungendo alla metà del mandato presidenziale, costituiscono per la gente il solo modo per esprimere il proprio dissenso sulla linea della Casa Bianca. 
E proprio la riforma fiscale ed i suoi contenuti rischiano di non essere molto graditi ad un elettorato che se alle presidenziali vota con la pancia, alle elezioni di metà mandato ragiona di testa.
Il terreno di confronto, quello delle tasse, è stato sempre appannaggio delle proposte repubblicane e la stessa Hillary Clinton, in occasione della campagna 2016, ipotizzò, in caso di vittoria, di mettere mani al complicato insieme di norme fiscali, pur marcando la distanza tra le sue idee e quelle repubblicane. La riforma fiscale appena passata al Senato ha visto i repubblicani, che non hanno cercato alcuna intesa con i democratici, andare spediti verso i loro obiettivi: drastico calo delle imposte sulle società, bassa tassazione per i capitali rimpatriati, un notevole abbassamento della pressione fiscale sui redditi più alti.
Scelte per le quali non è certo difficile capire il perché siano state accolte negativamente dall’opinione pubblica americana, che sembra accorgersi più velocemente rispetto al passato che alcune misure sono destinate ad acuire le differenze sociali e, come in questo caso, sempre a favore di chi più ha.
Non è quindi un caso se solo il 22 per cento degli intervistati dal barometro Reuters-Ipsos in ottobre, quando la riforma ha cominciato il suo passaggio al senato, si è espressa positivamente, a fronte di un 39 per cento che l’ha giudicata in modo negativo. Il 38 per cento non si è espresso, consapevole della complessità della materia e della propria impreparazione sugli argomenti.
Queste percentuali, un mese dopo, hanno allargato il solco tra chi ha giudicato la riforma in termini negativi (49%) e chi se ne è detto a favore (29%).

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