La protesta dei fratelli Bennett, stelle del football: rilancia l'orgoglio dei neri d'America
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La protesta dei fratelli Bennett, stelle del football: rilancia l'orgoglio dei neri d'America

A Green Bay, all'inno nazionale, Michael (gioca nei Seahawks) è rimasto seduto; Martellus (dei Packers) ha levato il pugno come fecero Tommie Smith e John Carlo a Messico 1968

Martellus Bennett
Martellus Bennett
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Diego Minuti Modifica articolo

11 Settembre 2017 - 12.16


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La politica, anche se sempre bandita da parte della potente casta dei proprietari delle società – che con rare eccezioni si schierano soltanto in prima persona -, tende sempre più spesso a fare capolino nel mondo dello sport professionistico americano.

Anche perché ci si rende conto che, con la continua copertura mediatica delle partite, ma anche dei protagonisti in campo e fuori,  ogni concetto espresso può essere amplificato all’infinito. Come è successo con quei giocatori dei Golden State Warriors che, da vincitori del torneo Nba, non andranno alla Casa Bianca per incontrare Donald Trump, un presidente che non sentono il loro.
E può anche accadere che su uno stesso argomento, peraltro lacerante, come le rivendicazioni dei neri d’America, due persone nate nella stessa famiglia, uniti dalla medesima idea, scelgano di protestare in modo diverso, anche se egualmente plateale. 
Protagonisti, ieri, a Green Bay, sono stati i fratelli Bennett. Il primo, e più famoso, si chiama Martellus (forse l’ufficiale d’anagrafe non ha capito che il nome che avevano scelto per lui i genitori era Marcellus) , un ”piccoletto” di quasi due metri per cento chilogrammi abbondanti, ma velocissimo per uno della sua stazza, che nella squadra di Green Bay gioca nel ruoto d’attacco di tigh end. Il fratello Michael, 31 anni, uno in più di Martellus, gioca nella difesa dei Seattle Seahawks e per taglia nemmeno lui scherza.
Ieri il calendario ha voluto giocare con loro, proponendo per la prima partita della stagione della Nfl proprio Green Bay Packers-Seattle Seawhaks.
Sin qui ancora niente di particolare. Invece, quando sono cominciate a risuonare le note dell’inno americano (negli Stati Uniti ‘Star spangled banner’ viene eseguito all’inizio di ogni manifestazione sportiva, professionistica e no) , i Bennett brothers hanno voluto mostrare la loro protesta per la condizione dei neri. Mentre Michael è rimasto seduto (così come, per primo, ha fatto l’allora quaterback dei San Francisco 49ers, Colin Kaepernik, che per questo ormai è senza ingaggi), con lo sguardo rivolto in basso.
Martellus Bennett, invece, come gli altri Packers, si è messo lungo la linea che delimita lateralmente il campo di gioco. Ma, alle prime note dell’inno, ha levato in alto il braccio destro, con la mano chiusa a pugno, come fecero sul podio Tommie Smith e John Carlos, velocisti americani, in occasione delle Olimpiadi di Mexico City. Un gesto che era delle Black Panthers, il movimento radicale nero degli anni ’60 e ’70.
Ora bisognerà vedere come il football professionistico americano reagirà. E’ probabile che tutto rimanga nell’ambito di qualche dicharazione, di commenti estemporanei e niente di più. Ma la protesta resta, come dimostrano le scelte di due ragazzi che, oramai ricchi e famosi, pensano ai loro fratelli neri che soffrono le differenze di una società competitiva oltre ogni limite. 

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