In Tunisia pugno di ferro della giustizia contro un regista gay
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In Tunisia pugno di ferro della giustizia contro un regista gay

Karim Belhadi in galera accusato di omosessualità, un reato ancora previsto dal codice penale

Repressione contro i gay in Tunisia
Repressione contro i gay in Tunisia
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Diego Minuti Modifica articolo

31 Marzo 2017 - 11.17


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La società civile tunisina marcia a due velocità. La Tunisia, evolutasi rispetto ai tempi del protettorato francese (tanto da avere adottato misure a sostegno della parità di genere ben prima di altri illuminati governi), guarda al presente senza il paraocchi delle tradizioni e delle prescrizioni legate all’applicazione implacabile dei sacri testi musulmani.
C’è poi un’altra Tunisia che resta vincolata al passato, attenta come è a non alterare i delicatissimi equilibri socio-politici raggiunti con la caduta della dittatura di Ben Ali e, prima ancora, con le riforme del padre della patria, Bourghiba.
A quale Tunisia appartenga l’arresto del regista cinematografico Karim Belhadi è facile comprenderlo, quando si riferisce che l’artista è finito in carcere con l’accusato di omosessualità. Questo reato, ereditato dall’epoca del colonialismo, vige ancora nel codice penale tunisino, pur se la società sembra accettare l’omosessualità, maschile e femminile (punite dal codice alla stessa maniera), tollerata sino a prova del contrario.
Accade però che la Tunisia cada in rigurgiti radicali ed a farne le spese sono spesso gli esponenti del mondo dell’arte. Quel che sconcerta nella vicenda di Belhadi (accanto al quale si sono schierati i cineasti tunisini), è che il ”reato” è stato consumato all’interno della casa del regista, a Berges du Lac (una delle zone residenziali della capitale tunisina, nel quartiere delle ambasciate) e quindi a seguito di un intervento della polizia, che è facile attribuire ad una soffiata.
Al giudice competente la polizia ha trasmesso i verbali dell’arresto e l’uomo (uno studente di 21 anni, pure lui arrestato) che si trovava con Karim Belhadi ha detto che con il regista c’erano rapporti omosessuali consensuali. Ma al magistrato non è evidentemente bastato perché ha ordinato di sottoporre Belhadi ad un ”test anale” , per provare la sussistenza della sodomia, un esame che l’artista ha sdegnosamente rifiutato. La società dei registi, in ordine alla decisione del magistrato, parla apertamente di un ”atto di tortura” che non può essere tollerato. Belhadi ed il suo compagno (non si capisce se tra loro esisteva un legame sentimentale o se si è trattato di un rapporto occasionale) sono stati rinchiusi nella prigione di Mornaguia, alla periferia sud-ovest di Tunisi. In base all’articolo contestato (il 230 del codice penale) il regista ed il suo amico rischiano sino a tre anni di reclusione. Ora bisognerà attendere le determinazioni della procura per capire se contro i due arrestati si instaurerà un processo, che però potrebbe dimostrarsi un boomerang mediatico per la giustizia tunisina.  Karim Belhadi è molto conosciuto per il suo impegno sociale, cominciato ancor prima della caduta del dittatore Ben Ali. Dopo avere conseguito il diploma presso l’Istituto maghrebino del cinema, Belhadi ha studiato alla Scuola superiore di studi cinematografici di Parigi. Ha firmato la regia di alcuni cortometraggi sulla società tunisina, oltre ad alcuni spot pubblicitari.

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