Terrorismo e crisi, ma il G7 si trasforma in un vertice anti-populismo
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Terrorismo e crisi, ma il G7 si trasforma in un vertice anti-populismo

Obama attacca Trump mentre dall'entourage di Junker arriva un messaggio contro Le Pen, Grillo e Boris Johnson

I leader del G7
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27 Maggio 2016 - 09.37


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Il terrorismo, la lotta all’Isis. La crisi economica. Ma il G-7, dopo l’attacco di Obama a Trump, si è trasformato in una sorta di vertice contro i populismi su entrambe le sponde dell’Atlantico. 

È stata la dichiarazione di Obama in conferenza stampa che ha suscitato il maggior scalpore. Riferendo i commenti dei suoi colleghi su Trump, il presidente americano ha osservato che i partner degli Stati Uniti stanno seguendo con molta attenzione il successo dell’ex imprenditore e che non sanno quanto debbano prendere sul serio certe sue dichiarazioni. Obama, in un’uscita insolita in un consesso internazionale su una questione elettorale americana, ha sottolineato anche l’ignoranza mostrata dal candidato repubblicano sui temi della politica estera.

Sullo stesso tema – chissà se era solo una coincidenza – è arrivato anche un controverso tweet del potente capo di gabinetto del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, il tedesco Martin Selmayr, anch’egli presente a Ise, il quale ha parlato di «scenario dell’orrore» se nel 2017 attorno al tavolo del G-7 ci fossero Trump, Le Pen, Boris Johnson e Beppe Grillo, tutti politici populisti. Juncker ha a sua volta sollecitato Johnson, l’ex sindaco di Londra sostenitore di Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dalla Unione europea con il referendum del prossimo 23 giugno e severo critico dell’apparato comunitario, a visitare Bruxelles per verificare una realtà diversa da quella che descrive all’elettorato britannico.

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I lavori ufficiali del G-7 sono stati dedicati anche all’immigrazione e alla situazione economica. Sul primo tema l’Europa (Tusk) ha chiesto l’appoggio dei Grandi nella gestione della crisi, in un momento in cui stanno aumentando i flussi di profughi in arrivo dal Mediterraneo Centrale, soprattutto Libia, verso l’Italia. Secondo Tusk anche se la per ragioni geografiche la responsabilità ricade soprattutto sull’Europa, «la comunità globale deve mostrare solidarietà».

Sul fronte economico il premier giapponese Shinzo Abe sta cercando di rafforzare il linguaggio uscito dall’incontro dei ministri finanziari e dei banchieri centrali, che lo scorso fine settimana a Sendai avevano parlato di «crescenti incertezze». Nel comunicato di oggi, Abe vorrebbe inserire esplicitamente il rischio di crisi, oltre che l’osservazione che la crescita è debole e diseguale. In un intervento il premier nipponico ha paragonato la situazione attuale a quella seguita al crollo della banca Usa, Lehman Brothers, nel 2008. Una valutazione non del tutto condivisa. La crescita è stabile, ha affermato il cancelliere tedesco, Angela Merkel, che pure non si è nascosta debolezze e rischi. Ma il capo del Governo di Tokyo potrebbe essere stato indotto a drammatizzare la situazione, che il G-7 affronterà con una “Iniziativa economica di Ise-Shima”, che verrà presentata oggi, anche per ragioni interne, volendo disporre di una buona giustificazione per rinviare l’aumento dell’Iva già previsto per l’anno prossimo.

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Abe non ha fatto però progressi nell’ottenere dai suoi partner un’azione comune di stimolo, soprattutto sul fronte della politica di bilancio, data la continua opposizione di Germania e Gran Bretagna, e il comunicato dovrebbe indicare che le misure su questo fronte (che dovranno formare un mix equilibrato con politica monetaria e riforme strutturali) saranno tagliate sulle esigenze di ciascun Paese. «La politica monetaria non basta», ha detto Renzi e, secondo il cancelliere Merkel, sta raggiungendo i suoi limiti di efficacia.

Il G-7 insisterà anche sulla necessità di rilancio del commercio internazionale, che recentemente è venuto meno alla sua funzione di motore della crescita. Abe e i suoi colleghi europei si sono incontrati separatamente per sottoscrivere una nota in cui si impegnano a concludere l’accordo di libero scambio fra Tokyo e l’Unione europea «al più presto nel 2016». Lo stesso impegno per la verità era stato annunciato nel 2015.

Nella settimana in cui è stato raggiunto l’accordo a Bruxelles sul programma greco, le autorità europee non hanno mancato di autocongratularsi per la conclusione positiva della trattativa. «L’anno scorso al G-7 di Elmau – ha detto Juncker – la Grecia era il problema più grave. Ora è risolto e anche la questione del debito è presa in considerazione seriamente».

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