Fukushima, 5 anni dopo. Il Giappone si ferma
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Fukushima, 5 anni dopo. Il Giappone si ferma

Cerimonie in tutto il Paese per ricordare il terremoto e successivo tsunami che provocarono 18mila morti e il disastro alla centrale. E la contaminazione è fuori controllo

Fukushima, 5 anni dopo. Il Giappone si ferma
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11 Marzo 2016 - 10.44


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Il Giappone si ferma per ricordare il quinto anniversario del terremoto e del successivo tsunami che ha lasciato più di 18mila morti o dispersi (rispettivamente 15.894 e 2.561 secondo i nuovi dati diffusi ieri dalla polizia) e provocato, nell’impianto di Fukushima Daiichi, il disastro nucleare più grave dopo quello di Cernobyl del 1986.

Un minuto di silenzio è stato osservato in tutto il paese alle 2.46 del pomeriggio (ora locale), il momento in cui era stata registrata la prima scossa di magnitudo 9 al largo della costa orientale. Il premier Shinzo Abe e l’imperatore Akihito parteciperanno a una cerimonia organizzata al Teatro nazionale a Tokio.

Da allora, sono pochi i reattori nucleari rientrati in funzione. E rimangono sfollate 174mila persone, su un totale di 470mila subito dopo il triplice disastro, nelle tre prefetture più colpite dal sisma (Tohoku, dove si trova Fukushima, Iwate e Miyage), più di 57mila dei quali vivono ancora in strutture provvisorie, prefabbricate.

Cinque anni dopo, radioattività oltre i limiti. A cinque anni dal disastro dell’11 marzo alla centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, la vicina città di Tomioka è abbandonata. Il livello di radiazioni è ben al di sopra dei limiti consentiti: le ultime rilevazioni parlano di 4,01 microSievert/ora. Anche in diverse zone circostanti il pericolo di esposizione alle radiazioni è ancora molto alto, sebbene il governo spinga molti sfollati a far rientro nelle loro case. (Fukushima 5 anni dopo – foto)

A descrivere la situazione sono gli esperti di Green Cross, Ong ambientalista che ha effettuato i campionamenti nella Prefettura di Fukushima per valutare gli attuali rischi per l’uomo e l’ambiente. Secondo il fisico nucleare Stephan Robinson, direttore dei programmi acqua e disarmo di Green Cross Svizzera, “a Tomioka le radiazioni sono 35 volte superiori rispetto alla massima dose annua fissata dalle Raccomandazioni della Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica”.

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Un dato allarmante, ma non basta. “Anche al di fuori di quest’area – continua Robinson – ad esempio a Koriyama, i parametri risultano fino a 20 volte più alti della soglia”.

“A Koriyama è stato registrato un livello di 3 microSievert/ora – afferma Robinson – equivalente a una dose annua di 26 milliSievert. Inoltre, l’analisi dei campioni di terreno indica un massiccio superamento dei valori limite di radiazioni alfa e beta, particolarmente pericolose quando penetrano nell’organismo attraverso gli alimenti”.

Koriyama rientra in una delle due fasce di contaminazione radioattiva che dalla centrale di Fukushima si estendono per 225 km a sud verso Tokyo e a sud-ovest. Qui i valori degli isotopi radioattivi rilevati dai campionamenti di Green Cross (radio 226, torio 232, cesio 137 e stronzio 90) superano di quattro volte il limite massimo, sebbene gli hotspot presentino una distribuzione irregolare, quasi a macchia di leopardo.

Abitanti a rischio. Per gli abitanti ci sono rischi per la salute a lungo termine, come l’insorgenza di tumori e anomalie genetiche, denuncia l’associazione. Questo è dovuto principalmente al fatto che la popolazione è soggetta a un’esposizione alle radiazioni costante e non occasionale, acuita dalla contaminazione dei prodotti alimentari.

Le attuali direttive del governo giapponese prevedono degli indennizzi solo in caso di evacuazione. Nessun rimborso invece per coloro che vivono nelle zone limitrofe, che però sono altamente inquinate, secondo le indagini di Green Cross. Inoltre, in programma per il prossimo anno c’è la revoca del provvedimento di sgombero dalle aree contaminate, decisione che nel 2018 bloccherà i risarcimenti che la compagnia elettrica Tepco, gestore della centrale nucleare di Fukushima, è obbligata a corrispondere ai 50.000 evacuati, e che avrà l’effetto di far tornare i cittadini in zone con livelli di radiazioni altissimi.

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Situazione inaccettabile. “Questo è inaccettabile – dichiara il fisico Valerio Rossi Albertini, ricercatore del Cnr e membro del comitato scientifico di Green Cross – perché bisogna almeno lasciare ai cittadini la possibilità di decidere. Togliere l’indennizzo costringe di fatto molte famiglie indigenti a tornare in un ambiente pericoloso e nocivo, reso tale dalla colpevole leggerezza dei vertici della Tepco. Tanto più che, ad aggravare la situazione, concorre anche l’acqua di raffreddamento radioattiva rilasciata a più riprese dalla centrale di Fukushima nell’ambiente circostante”.

“Una delle soluzioni che i tecnici giapponesi vogliono sperimentare è molto ardita – racconta Rossi Albertini – ma di dubbia efficacia: costruire un muro di ghiaccio che dovrebbe impedire alle acque di falda che scendono dalle alture circostanti di mescolarsi con quelle contaminate. Tuttavia, bene che vada l’impresa, saranno necessari decenni per decontaminare l’area e vaste zone resteranno malsane per la popolazione ancora per molto, moltissimo tempo”.

Per il presidente di Green Cross Italia, Elio Pacilio, Fukushima è la conferma che è necessario abbandonare i programmi di espansione nucleare sia in Giappone che altrove e intraprendere strade più sicure per l’uomo e per l’ambiente. “Il governo Giapponese – conclude Pacilio – deve proteggere quei 32 milioni di cittadini che oggi sono esposti alle ricadute radioattive derivanti dall’incidente. È ingiusto far pressioni per il rientro nelle abitazioni, anzi è necessario estendere l’ordine di evacuazione, e i relativi indennizzi, anche alle famiglie che vivono negli altri territori interessati dagli effetti della contaminazione”.

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La denuncia di Greenpeace. “Per chi vive a Fukushima non si intravede la fine di questo incubo – afferma Junichi Sato, direttore esecutivo di Greenpeace Giappone – L’industria nucleare e i governi di tutto il mondo hanno perpetuato il mito che si può tornare alla normalità dopo un incidente nucleare, ma l’evidenza mostra che questa è solo retorica”. Dal rapporto di Greenpeace “L’eredità nucleare di Fukushima e Cernobyl”, ricerca condotta in Giappone, Ucraina e Russia, emerge che i governi stanno riducendo le misure di protezione dalla radioattività sia in Giappone che nei Paesi contaminati dal disastro di Cernobyl.

Il monitoraggio ambientale e alimentare è stato tagliato nel secondo caso, mentre a Fukushima il governo vuole che la maggioranza della popolazione evacuata faccia rientro a casa nel 2017 anche se le aree sono ancora contaminate.

Intanto, per la prima volta nella storia del Giappone, un tribunale locale ha ordinato lo stop di due reattori nucleari per ragioni di sicurezza. I reattori 3 e 4 di Takahama erano stati riaccesi a fine gennaio, ma il reattore 4 era già stato bloccato dopo tre giorni per un problema tecnico. In Giappone rimangono così al momento solamente due reattori in funzione.

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