Croazia, svastiche e razzismo: nazionalismo che dilaga
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Croazia, svastiche e razzismo: nazionalismo che dilaga

Sta scuotendo l’Ue e l’intera comunità internazionale l’escalation di atti discriminatori e razzisti commessi in Croazia in queste ultime settimane.<br>

Croazia, svastiche e razzismo: nazionalismo che dilaga
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26 Giugno 2015 - 11.38


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L’incontrollabile susseguirsi di atti discriminatori e razzisti in Croazia, culminato con lo straordinario impatto mediatico ottenuto su scala globale dall’infausta svastica apparsa sull’erba dello stadio “Poljud” di Spalato durante il match con l’Italia valido per le qualificazioni europee, non può che portare ad un’unica conclusione: il vento nazionalista è tornato a soffiare prepotentemente sul Paese balcanico. E invece di avviare un sano dibattito pubblico per scandagliare le cause portanti di quest’ultima ondata di razzismo e intolleranza, la classe politica insiste nello sminuire la portata degli “incidenti” e si affretta ad invitare i cittadini alla calma, mostrando così di essere presbite di fronte alla minaccia che incombe. Del resto la gravità del momento non si esaurisce con il clamore suscitato dall’enorme croce uncinata disegnata con una vernice speciale a comparsa ritardata da un ultrà croato tuttora sconosciuto (e a piede libero) e notata da tutti solo in mondovisione durante il primo tempo del match, disputato peraltro a porte chiuse a causa delle intemperanze razziste di una fetta della tifoseria croata che avevano funestato la partita precedente. Di certo, la svastica larga ben quattro metri ha rappresentato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, il gesto che ha provocato lo sdegno di Bruxelles, dei Paesi balcanici ed europei e dell’intera comunità internazionale. Ma resta in fin dei conti un simbolo, per quanto eclatante, della deriva razzista e nazionalista che negli ultimi tempi sta assumendo contorni sempre più preoccupanti in Croazia, un Paese che durante la seconda guerra mondiale ha inviato decine di migliaia di serbi, ebrei e zingari nei campi di sterminio.

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Dopotutto, nelle scorse settimane diverse città della Croazia orientale, dove le minoranze etniche (specialmente la comunità serba) occupano una parte rilevante della popolazione, hanno conosciuto un exploit di atti vandalici ai danni delle targhe in cirillico affisse sugli edifici pubblici e delle chiese ortodosse serbe. E sono innumerevoli i graffiti filo-nazisti e anti-serbi apparsi sulle mura di queste città: tutti contrassegnati da una U stilizzata, ovvero il simbolo degli Ustascia, i nazisti croati che nella seconda guerra mondiale si sono macchiati di stragi di massa di serbi, ebrei e zingari. Un discorso a parte, inoltre, meriterebbero gli ormai frequenti canti e cori nazisti intonati sugli spalti degli stadi, basati fedelmente sull’urlo ufficiale di guerra degli Ustascia: “Za Dorm” (Per la Patria) e “Spremni” (Pronti). È impossibile, poi, tralasciare i collegamenti evocati da diversi analisti e politologi con la recente riscossa dello schieramento conservatore e nazionalista, che fino a quattro anni fa è sempre (tranne qualche brevissima parentesi) stato al governo. Alle ultime elezioni politiche, infatti, il principale partito di centrodestra croato (Hdz) è stato solennemente punito dai cittadini a causa del malaffare dilagante all’interno del movimento, l’unico in Europa ad essere mai stato condannato in blocco per corruzione. Ma il fronte nazionalista ha risalito la china a gennaio di quest’anno, quando una delle sue esponenti più illustri, Kolinda Grabar-Kitarovic, ha clamorosamente trionfato alle elezioni presidenziali, scalzando il rivale di centrosinistra Ivo Josipovic.

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(Fonte: Ap)

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