In Ucraina ci sono mancati Gogol ed Ettore Mo
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In Ucraina ci sono mancati Gogol ed Ettore Mo

Oxana e Alina, piccole storie di piccole donne. Il conflitto dell'Est visto dai loro occhi, dalla loro rabbia e da una cattiva lezione della Storia. [Maria Magarik]

In Ucraina ci sono mancati Gogol ed Ettore Mo
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2 Ottobre 2014 - 20.08


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di Maria Magarik

Per riuscire a raccontare una guerra bisogna viverla dentro. Senza una condivisione diretta di esperienze, vite, spazio, storia, il racconto diventa o un insopportabile bollettino militare, o una astratta discussione delle menti elette, impegnate a snocciolare la realpolitik. Il pensiero parafrasato e’ di uno dei grandi inviati del passato, Ettore Mo. La capacita’ di raccontare, libera della necessità’ di schierarsi. Cosa non accaduta nella vicenda della guerra in Ucraina.

Al povero lettore italiano nella maggior parte dei casi la guerra non è’ stata raccontata, non sono stati rappresentati gli uomini e le donne, le loro storie. Ci è mancato tanto Ettore Mo, con il suo cuore, con la sua capacità’ di vivere gli eventi attraverso essere umani incontrati per strada. La guerra, semplicemente attraverso le loro storie. La Russia e l’Ucraina avranno per sempre un fortissimo legame rappresentato da Nicolaj Gogol. Ucraino di nascita, russo di adozione. Padre della grande letteratura russa. Fu proprio lui a raccontare le indimenticabili storie dei contadini dei villaggi ucraini, ma anche il piccolo mondo impiegatizio di Pietroburgo con le sue tragedie, sogni e sconfitte. E il genio di Gogol e’ stato dimenticato nei mesi del sanguinoso conflitto. Se fosse ancora tra noi si fermerebbe sicuramente a raccontare la storia di Oxana di Ivano- frankivsk, una ventenne dai bei occhi chiari, con un biglietto di sola andata in tasca per scappare dall’Ucraina e tante idee su ciò’ che accade nell’Est separatista. È’ arrabbiata con il mondo come ogni sano giovane pensante e ribelle.

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“Incazzata” con i media del proprio Paese, perché Kiev dice di aver portato 13 tonnellate di aiuti a Donetsk e Lugansk. “Prima, per mesi bombardano il proprio Paese – dice – poi si vantano di aver portato qualche scatola di conserve a migliaia di cittadini rimasti senza niente”. Oxana scrive post di rabbia. Non rimane indifferente di fronte alle fosse comuni di Gorlovka, nei pressi di Donietsk. “Non si possono ammazzare donne e bambini in nome dei valori democratici europei”. Lo sostiene con semplicità e convinzione. Figlia di una delle tanti badanti che sgobbano in Italia, sa bene che l’Europa e’ complessa e non aspetta a braccia aperte gli ucraini. Sa quanto sia amara la verità: nel vecchio Continente per migliaia dei suoi connazionali ci saranno solo lacrime e fatica. Lei studia e non si rassegna. Cercherà una strada migliore, e forse la troverà, ma non vede un futuro certo in Patria. Dice di capire Vladimir Putin e che il legame storico con la Russia non può’ essere reciso in un secondo. “Mosca, nel bene e nel male, è, e rimane, un riferimento forte. E non tutti vogliono tagliare i ponti con il grande vicino”.

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L’indipendenza ucraina ha 23 anni. È una bella ragazza, cresciuta in uno spazio fragile, lasciato dal crollo dell’Unione Sovietica. È del tutto falsa l’idea che in Russia tutti la vorrebbero morta. Certo è che questa giovane non ha trascorso molte ore sui libri di storia. In questi giorni Alina, una ventenne, si è fatta fotografare con le amiche con una svastica sulla maglietta, ed è’ stata espulsa dai social network. Inutile spiegarle che gli ucraini sono slavi, certo non ariani. E per questo i suoi avi, assieme a russi e bielorussi finivano nei campi di concentramento nazisti.

Alina cantava e ballava ai concerti di Maidan, voleva un Paese nuovo, ma oggi si ritrova nel solito regno di oligarchie con una brutta guerra in corso. Alina, prima di indossare la maglietta con la svastica, perché delusa dalle promesse non mantenute dalla rivolta di Maidan, aveva deciso, armata di iPhone, di sfidare la Russia. Indossando la tradizionale camicia ricamata e una corona di fiori in testa, si era messa nella sala di attesa dell’aeroporto moscovita di Domodedovo armata della voglia di provocare o insultare. Ma l’unica ragazza che si era avvicinata a lei era una coetanea russa. Non perché era caduta nella trappola della provocazione, ma solo perché le aveva chiesto dove avesse comprato una camicia così bella…

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Gogol amava le storie semplici perché sanno raccontare meglio la complessità del mondo. La sua Ucraina e’ colorata ed esplosiva, la sua Russia è immensa e folle. Il resto, solo temini scolastici, per di più’ schierati. E con qualche strafalcione.

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