Tel Aviv città del sesso e del “peccato”. È il luogo del divertimento, del piacere e del vizio per antonomasia in Terra Santa. I suoi grattacieli illuminati ospitano centinaia di bordelli, appartamenti, alberghi, night club e centri massaggi dove migliaia di prostitute ricevono giornalmente i loro clienti. Il giro d’affari è miliardario. È un’industria che non conosce crisi, dove le luci rosse del sesso non si spengono.
In Israele la prostituzione è legale, ma l’unico modo per esercitare la più antica professione al mondo, senza essere arrestati, è di farlo in strada. Infatti la legge vieta esplicitamente di prostituirsi dove ci sia un tetto. È vietato farlo negli appartamenti, in macchina, in yachts ma non all’aria aperta. La prostituzione, al chiuso, automaticamente si trasforma in sfruttamento, che è reato perseguibile. Chi offre sesso a pagamento in casa è Maitresse di se stessa, del proprio corpo e quindi punibile penalmente per induzione alla prostituzione. Questo prevede l’ordinamento israeliano ed è per questo che Shelly, prostituta di Tel Aviv, ha deciso di creare un’associazione e promuovere i diritti delle meretrici: “Due anni fa abbiamo deciso di fondare un’associazione tutta nostra, in difesa dei nostri diritti. Siamo stanche che altri parlino per noi e di noi. Abbiamo una voce e vogliamo che gli altri l’ascoltino. Rivendichiamo l’abolizione dell’attuale legge sulla professione della prostituta”.
Ad oggi qualche decina di donne ha aderito all’associazione, per lo più sono giovani tra i 20 e i 40 anni: “Siamo donne adulte e indipendenti, la prostituzione è una nostra scelta. Molte prostitute ci contattano per entrare nella nostra associazione. Tuttavia, c’è da parte di tante la preoccupazione di finire esposte e si tengono alla larga dal nostro movimento. La nostra è una associazione registrata e legalmente riconosciuta. Ciascun socio paga una retta annuale in base alle proprie possibilità”.
Il fervore di Shelly è quello tipico del sindacalista attivista: “Abbiamo degli obiettivi chiari che ci siamo posti. Prima di tutto lottiamo per abbattere gli stereotipi che ci circondano, quell’alone di falsità, come il fatto che per forza una prostituta è una drogata, alcolizzata, che in gioventù è stata vittima di abusi sessuali ed è stata costretta con la forza a diventare una prostituta. Non è così. Almeno nel mio caso e in quello delle colleghe che fanno parte della nostra associazione. Diventare una prostituta è stata una nostra libera scelta e chiediamo il massimo rispetto da parte di tutti, a partire dalle istituzioni”.
Scegliere di entrare nel ramo del sesso a pagamento non è proprio una decisione che si prende con leggerezza, non si entra vincendo un concorso pubblico: “Noi autonomamente abbiamo deciso il nostro destino. Molte di noi sono madri di famiglia, hanno un marito. C’è chi lavora come infermiera, studentessa, insegnante e poi si dedica alla prostituzione per propria volontà. È ovvio che alla base ci sono ragioni economiche. Le nostre famiglie sono informate di quello che facciamo.” Shelly ci tiene alla propria privacy, non vuole farsi fotografare in viso, farsi riconoscere, per le foto indosserà un cappello nero: “Non possiamo restare passive di fronte a leggi che ci impediscono di lavorare, che non garantiscono e tutelano la nostra persona. Sono consapevole che la nostra è una lunga battaglia, che passa direttamente attraverso l’opinione pubblica e arriva in Parlamento”.
Mi immagino una schiera di prostitute agguerrite varcare le porte della Knesset e affrontare, a testa alta, i rappresentanti delle massime cariche istituzionali, inorriditi: “Ci siamo incontrate con gli esponenti delle forze politiche, ci stanno ascoltando, sentono le nostre ragioni. Molti non le condividono, altri ci accusano di voler spudoratamente far aumentare il numero delle prostitute in Israele. Proselitismo di puttane!”.
È passato molto tempo da quando Raab, la prostituta di Gerico citata nella Bibbia, appendeva una cordicella di filo scarlatto alla propria finestra. Oggi in Terra Santa basta andare su internet e cliccare la parola escort per trovare “compagnia”. Oppure camminare lungo i marciapiedi di Tel Aviv e raccogliere uno dei centinaia di biglietti da visita che svolazzano al caldo vento. Esercitare illegalmente la prostituzione è considerato un crimine minore e la polizia tende a non intervenire: “La società israeliana è molto conservatrice, inasprendo le pene con la deterrenza pensano di risolvere tutti i problemi. Sono solo stupidaggini. Al momento è allo studio di una commissione l’introduzione di norme che puniscano anche il cliente, il danno per noi sarebbe enorme è evidente. Per non parlare del cliente che secondo questa bozza di legge verrebbe prima sanzionato con la rieducazione e poi se reticente con il carcere. Ecco, io penso che nella Knesset la maggioranza dei parlamentari è contraria a questa proposta di legge, in tantissimi sono convinti che sia una pessima legge. Ma non voteranno contro perchè non vogliono far vedere all’opinione pubblica che sono a favore delle prostitute. Non è ipocrisia questa? Io chiedo di poter lavorare liberamente e nelle migliori condizioni. Invece, davanti trovo solo ostacoli invalicabili, perchè? Questione di moralità? Io non mi sento immorale. Non voglio che altre donne si prostituiscano, ma se qualcuno decide liberamente di farlo perchè no? Noi chiediamo lavoro e dignità. E per poterlo fare secondo noi c’è un percorso da seguire”.
La strada indicata da Shelly parte dal riconoscimento formale della prostituzione nelle case. Ribaltando la legge attuale, accompagnando le prostitute fuori dalla strada e dentro gli appartamenti: “diamo alle prostitute la possibilità di esercitare in un posto con un livello igienico decente. Togliamo queste donne dalle mani degli sfruttatori, dall’incubo della violenza, dei maltrattamenti, delle offese. Regolamentiamo la prostituzione. Introduciamo un limite minimo all’età delle prostitute, che non può coincidere con la maggiore età, non si tratta di guidare una macchina. I 21 anni sono un’età più che sufficiente per poter prendere una decisione così importante. E poi obblighiamo tutte le prostitute a fare i test clinici, con scadenze regolari ogni tre mesi, e se, purtroppo, si scopre che una ha una malattia infettiva trasmissibile le si offre una retribuzione, attraverso coperture assicurative, e non la si fa più prostituire. Lasciateci pagare le tasse come tutti i lavoratori, fatelo per il nostro futuro e per quello delle nostre famiglie. Dateci la possibilità di essere come gli altri, di lavorare sotto un tetto. Vogliamo solo vivere in pace.” É la richiesta di una prostituta e il manifesto programmatico della sua associazione.
Shelly è una donna di 41 anni, energica e attraente. È nata e vive a Tel Aviv. Occhi penetranti. Labbra carnose. Seno voluminoso. Veste casual, jeans firmati, sandali alla moda, t-shirt a manica lunga, capello volutamente sgarrupato. Occhiale da sole glamour. Un anello di brillanti quadrato ed uno tondo con una pietra nera. Ha un tatuaggio dove non batte il sole. È bionda, ma sicuramente non è il colore naturale, il carnato della pelle è troppo scuro. È sposata con un poliziotto, che per sua fortuna non lavora alla buon costume. Ha un bambino di due anni. Ha iniziato a fare la prostituta quando si è vista rifiutare dalla banca un assegno. Aveva 32 anni. Un’amica gli ha dato i primi consigli. “La prima volta non è stato facile. Ero imbarazzata. La seconda volta non è stata meglio della prima, poi però ci si abitua e diventa parte di te. E ti rendi conto che poi non è così male.” Ora lavora due giorni a settimana, con una media di 2 o 3 clienti al giorno ma il numero, taluni giorni, può salire anche a 5 clienti: “Non lavoro mai durante lo Shabbat, le festività le passo in famiglia”.
Il cellulare rosso di Shelly squilla in continuazione. Mentre l’iphone personale con la foto del figlio è riposto sul tavolo: “Con questo lavoro non si diventa milionari ma si arriva alla fine del mese senza problemi. Ho una bella casa, una bella macchina, mi posso permettere vestiti firmati e una volta l’anno una lunga rilassante vacanza. Diciamo che non sono ricca, ma non sono nemmeno povera. Sono economicamente indipendente. Penso che andrò avanti con questa professione ancora un paio di anni e poi mi ritiro, vado in pensione. Continuerò con il mio secondo lavoro. Ho un’agenzia immobiliare”.
Shelly è una donna solare, dal sorriso ammagliante, è molto sexy: “La mia clientela è variegata, parte da 18 anni e arriva agli 80. Sposati e divorziati. Anche disabili. C’è un padre che ogni due settimane accompagna da me il figlio autistico.” Il lavoro di Shelly non è fatto di solo sesso: “Molti vengono solamente per parlare, per sfogarsi e non chiedono di fare nulla. Mi raccontano la loro vita per 45 minuti, io ascolto i loro problemi, le ansie, le frustrazioni, loro pagano e se ne vanno contenti. C’è un anziano signore che viene un paio di volte al mese, è un mio “vecchio” cliente, di solito si presenta la vigilia delle feste. Arriva sempre con un mazzo di fiori. È un vero gentleman ma sesso ormai zero. Talvolta invece che una prostituta mi convinco di essere una psicologa. E forse lo sono”.
Shelly accavalla le gambe. Indossa slip rosso fuoco, come il suo segno zodiacale. Entriamo nella parte piccante dell’intervista. Shelly non è per nulla disturbata dalle mie domande, anzi spiazzato, a poco a poco, è il sottoscritto: “La cosa più importante da tenere presente è che non bastano i soldi per comprare tutto. Io sono libera di decidere da me se fare o non fare determinate cose. Posso, se voglio, persino rifiutare un cliente, ed è successo. Ci sono delle prestazioni particolari che alcuni clienti richiedono, come la golden shower o i brown cookies. Io quei servizi non li faccio, ma c’è chi lo fa e certo non mi permetto di criticare. Comunque i clienti di solito vogliono fare del normalissimo sesso, la posizione del missionario è quella che eccita di più le persone.” Le chiedo di proseguire nei racconti, di entrare nei particolari del letto di una prostituta: “Un giorno si è presentato un cliente con una valigetta. Mi ha fatto spogliare e sdraiare sul letto. Ha estratto dalla borsa degli incensi profumati. Poi ha preso una bottiglietta d’olio e delicatamente ha iniziato a massaggiarmi il corpo. Superbo. È stato il massaggio più bello della mia vita. Purtroppo sono piaceri che accadono di rado. Una volta mi è capitato un religioso ortodosso. Sembrava invasato, aveva questa fissa idea di voler violentare una donna. L’ho lasciato fare, avevo il timore che uscisse in strada ed aggredisse qualcuno”. Nella Bibbia è scritto che non ci sia prostituta tra le figlie d’Israele, perchè la prostituzione è abominio a Dio. Secondo recenti statistiche in Israele quasi il 40% dei clienti delle prostitute sono religiosi: “Gran parte dei miei clienti sono ebrei ortodossi. Vengono da fuori Tel Aviv. Durante il periodo mestruale delle mogli non possono avere sesso. Due settimane di castità. E così vengono da noi”. Le chiedo se gli capita di avere paura, mi guarda dritto negli occhi, la risposta è sincera: “Sì. Ho paura d’invecchiare”.
È il momento di buttarla in politica. Capire cosa pensa una prostituta quarantenne israeliana: “La politica è una forma di prostituzione, la peggiore. Alle ultime elezioni ho votato per il partito Yesh Atid. Mi piace Lapid. È la novità. Non si è ancora sporcato le mani. In passato ho sempre votato per i laburisti dell’Avodà. Mi considero un’ardente femminista. Ma il radicalismo femminista e la veemenza che hanno nei nostri confronti mi disturba”. Shelly prostituta femminista e pacifista. “Voglio la pace. Siamo un piccolo Paese che fa tanto baccano nel mondo. In questo lembo di terra c’è troppa pressione. Si vive costantemente nel terrore di una nuova guerra. Negli ultimi giorni i miei clienti sono tutti isterici. Non c’è bisogno di tutto questo panico. Anche io ho preso la maschera antigas ma sono sicura che non l’indosserò mai. Beh forse potrei metterla ma per altre ragioni….”.
La leggenda tramanda che l’assassino della meretrice più famosa dell’antica Roma ovvero Messalina avesse esclamato: Se la tua morte sarà pianta da tutti i tuoi amanti, piangerà mezza Roma. Se in Israele i clienti delle prostitute saranno perseguiti penalmente piangerà un terzo della popolazione maschile.
Argomenti: israele