Iraq, i segreti della Task Force 121 e gli orrori di Camp Nama
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Iraq, i segreti della Task Force 121 e gli orrori di Camp Nama

The Guardian ha diffuso rivelazioni di soldati testimoni oculari durante le missioni della Task Force 121. Al centro le torture ad alcuni prigionieri. [Francesca Marretta]

Iraq, i segreti della Task Force 121 e gli orrori di Camp Nama
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redazione Modifica articolo

2 Aprile 2013 - 19.12


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da Londra
Francesca Marretta

Nome in codice: Task Force 121. Si chiamavano così le squadre speciali americane e britanniche con licenza di vìolare i Diritti Umani durante la guerra in Iraq. Il quotidiano britannico The Guardian ha diffuso rivelazioni di soldati testimoni oculari durante le missioni della Task Force 121, che torturava prigionieri nel centro detenzione segreto di Camp Nama nell’aeroporto di Baghdad. Quì le “fonti” erano convinte a parlare a suon di scosse elettriche. I detenuti restavano incappucciati e tenuti in gabbie in cui entravano a stento, tipo canile. Insomma una seconda Abu Ghraib, solo che a Camp Nama le macchine fotografiche e anche gli scatti dai cellulari erano vietati.

A dieci anni dall’invasione voluta da Washington e Londra alcuni esponenti della famigerata Task Force 121 e della squadra che la sostituì, la Task Force 6-26, hanno deciso di levarsi un peso dalla coscienza e rivelare alcune delle nefandezze inflitte agli iracheni detenuti. Un soldato britannico presente a Camp Nama ricorda: “A un invalido venne strappata la protesi, usata poi per picchiarlo”.
Human Rights Watch conferma che i prigionieri di Camp Nama erano “picchiati, minacciati di morte, umiliati in vario modo e sottoposti a torture psicologiche e fisiche”. I soldati di Londra “aiutavano” gli americani che gestivano le operazioni e solo a pochi era permesso di affiancare i Rambo nelle camere degli interrogatori che erano quattro, usate a seconda del grado di abuso che vi veniva perpetrato (non risulta infatti che agli interrogati fossero comunicati i loro diritti). C’era la camera blù, quella rossa, la nera e lo specchietto per le allodole: la “soft room”.

La missione della Tak Force 121 in Iraq fu in prima battuta ottenere informazioni sulle (fantomatiche) armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Una volta appurato che le armi non si trovavano, la Task Force 121 fu incaricata di trovare il nascondiglio di Saddam Hussein e scovare i componenti della sua cricca. Compiuta questa missione, quando al-Qaeda la faceva ormai da padrone in Iraq, la nuova sfida delle élite della sicurezza atlantica fu avere a che fare col mostro che avevano contribuito a creare.

Sembra la trama di un film, ma è solo un’altra pagina di vergona alle tante scritte sull’avventura di Blair e Bush in Iraq per cui ancora pagano gli iracheni. Di fronte alle nuove rivelazioni è cominciato lo scaricabarile. Il Ministero della Difesa di Londra non si pronuncia su ordini impartiti per operazioni a Camp Nama, mentre Jeff Hoon, Ministro della Difesa all’epoca della guerra dice addirittura che lui della prigione segreta all’aeroporto della capitale irachena non sapeva nulla.

Secondo l’Ong britannica Iraq Body Count la Guerra in Iraq si è portata via 162mila persone, di cui l’80 per cento civili. Le forze Usa si sono ritirate nel 2011. Tra le vittime dui questa guerra c’è anche la Convenzione di Ginevra, ormai carta straccia nei conflitti del secondo millennio.

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