La sfida climatica minaccia l'acqua di fondo dell'Oceano Antartico
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La sfida climatica minaccia l'acqua di fondo dell'Oceano Antartico

La crisi climatica sta colpendo le acque oceaniche profonde nel Mare di Weddell. Studio su Nature Climate Change, basato anche su dati satellitari

La sfida climatica minaccia l'acqua di fondo dell'Oceano Antartico
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14 Giugno 2023 - 09.10


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Un nuovo studio pubblicato su Nature Climate Change, intitolato “Rallentamento dell’esportazione dell’Acqua di Fondo dell’Antartide guidato dai cambiamenti dei venti climatici e dei ghiacci marini”, mette in evidenza la situazione critica dell’Acqua di Fondo dell’Oceano Antartico (Aabw). Questa preziosa massa d’acqua, localizzata nell’Oceano Antartico, svolge un ruolo fondamentale nella regolazione della conservazione del calore e dell’assorbimento del carbonio nei mari.

Il team di ricerca internazionale, coordinato dal Bas-British Antarctic Survey e con la partecipazione del dottor Alessandro Silvano, un ricercatore italiano presso l’Università di Southampton, ha esaminato gli effetti dei cambiamenti climatici sulla Aabw. I risultati indicano un rallentamento dell’esportazione di questa acqua densa e fredda, causato dai cambiamenti dei venti climatici e della copertura di ghiaccio marino. Questa fase difficile rappresenta una minaccia per l’equilibrio degli ecosistemi marini e richiede un’azione urgente per affrontare la crisi climatica.

L’importanza dell’Acqua di Fondo dell’Oceano Antartico nella regolazione del clima marino rende necessaria una maggiore consapevolezza e una collaborazione internazionale per proteggere questo prezioso ecosistema.

Gli scienziati si sono basati su dati relativi a lunghe serie temporali, utilizzando sia osservazioni condotte in situ, sia dati satellitari; nello specifico sono stati impiegate le informazioni raccolte dal radiometro Amsr-E (Advanced Microwave Scanning Radiometer for Earth Observing Satellite), installato a bordo del satellite Aqua della Nasa. Questo strumento, ora non più operativo, ha misurato vari parametri geofisici per monitorare il cambiamento climatico; tra di essi, figurano la temperatura delle superfici marine, il vapore acqueo oceanico, la copertura nivale e l’andamento del ghiaccio marino.

Dall’analisi di questo insieme da dati gli studiosi hanno notato che l’Aabw non gode di una salute ottimale: questa massa d’acqua, infatti, si sta restringendo e riscaldando. È stato preso in considerazione soprattutto il Mare di Weddell su cui si affaccia il quadrante nordovest dell’Antartide e che è considerato uno dei più grandi ‘produttori’ di acqua di fondo: negli ultimi 30 anni, in questo mare, l’acqua di fondo si è ristretta del 20%, mentre quella più superficiale si è riscaldata a un ritmo 5 volte più alto rispetto ai valori globali degli oceani.

Gli autori del saggio ritengono che questo scenario sia connesso a dei cambiamenti a lungo termine verificatisi nei venti e nel ghiaccio marino. Infatti, in condizioni normali, i venti spingono il ghiaccio formatosi da poco lontano dalla sua piattaforma, creando zone ‘aperte’ per lo sviluppo di ulteriore ghiaccio; tuttavia, l’indebolimento delle correnti d’aria ha ridotto le dimensioni di queste aree vuote nella copertura glaciale, causando un rallentamento nella formazione di nuovo ghiaccio. Questo processo è stato notato nella piattaforma Filchner-Ronne, situata nella parte meridionale del Mare di Weddell.

Quando il ghiaccio comincia a formarsi, inoltre, lascia dietro di sé il sale, contribuendo alla creazione dell’acqua di fondo densa e fredda; ora, invece, la carenza di acque ricche di sale ha innescato il restringimento delle acque di fondo. Infine, i ricercatori hanno rilevato interazioni tra schemi atmosferici su vasta scala, che mettono in connessione l’Oceano Pacifico tropicale e l’Oceano Antartico: questi fenomeni hanno causato dei cambiamenti nei venti che spirano sull’Oceano Antartico, provocando una riduzione delle folate sul Mare di Weddell che poi si è tradotta in una minore formazione di ghiaccio marino.

Le conseguenze di tali processi, secondo gli studiosi, sono di vasta portata: in particolare, l’oceano può perdere la sua capacità di assorbire il carbonio dovuto alle attività umane e gli ecosistemi degli abissi rischiano di rimanere senza ossigeno.

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