Gerardo D’Amico di Rainews24: “Diffondere fesserie pseudoscientifiche sul Covid19 è criminale”
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Gerardo D’Amico di Rainews24: “Diffondere fesserie pseudoscientifiche sul Covid19 è criminale”

Il professionista dell’informazione coordina una nuova struttura del canale tv contro le fake news: “Troppi giornalisti e nell’infotainment fanno danni inestimabili”

Gerardo D’Amico di Rainews24
Gerardo D’Amico di Rainews24
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3 Aprile 2020 - 10.17


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di Stefano Miliani

Avrete forse ricevuto anche voi su Whatsapp un messaggio dove una donna, non identificata, rivelava che un suo amico medico di Milano, anch’egli senza nome, avvertiva che il Coronavirus resta sulle scarpe per giorni e giorni, che si propaga a quattro metri di distanza e altri dettagli allarmanti. La fonte? Accuratamente taciuta. Con il Covid19 la pratica delle bufale si è probabilmente ingigantita, anche se occorrerebbero dei dati per averne una contezza precisa. Un’informazione errata sulla salute non è un gioco innocente: suscita speranze, poi delusione, sofferenza, dolore, può anche portare a una morte evitabile con cure accertate.

Aiuta allora sentire un professionista della comunicazione scientifica, Gerardo D’Amico: giornalista di Rainews24, è autore del saggio di un anno fa Dottor Web & Mister Truffa (come Internet ti ruba salute e soldi) (pp. 324), che trovate su Amazon in formato cartaceo o in eBook. Il giornalista, nato nel 1965 a Vietri sul mare, nel salernitano, è da martedì 31 marzo segretario operativo della nuova struttura appena messa in piedi contro le notizie fasulle dal direttore di Rainews24 Antonio Di Bella.  La task force, ha detto il direttore all’Ansa, “si occupa delle fake news e delle imprecisioni riguardo all’informazione scientifica sul coronavirus, partendo dalle evidenze più urgenti per l’informazione pubblica”.

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D’Amico, se una trasmissione tv invita Vittorio Sgarbi a parlare delle misure di contenimento contro il Coronavirus e lui attacca con parole aggressive chi raccomanda di stare in casa, allora il conduttore chiama lo storico dell’arte proprio perché si scagli contro l’interlocutore, meglio se urlando. Poi rifila l’abituale pantomima in cui il conduttore suggerisce toni più pacati. È una forma del cosiddetto “infotainment”, informazione più intrattenimento. Trova corretta la scelta di quel programma?
Ci sono due aspetti. Il primo è etico e metodologico e dovrebbe valere sempre per chi fa il nostro mestiere e per chi fa infotainment e non parla di cucina o ginnastica ma di fatti importanti e specialistici come la salute: bisogna attenersi ai codici della buona informazione.

Cosa dicono quei codici?
Informarsi, verificare le fonti, dare un’informazione quanto più certificata e basata sull’evidenza. A quei codici qualche volta non si attiene chi conduce i cosiddetti contenitori televisivi ma, drammaticamente, non vi si attengono neppure molti giornalisti di tv, radio, carta stampata. Nei mesi passati dei colleghi hanno intervistato un pranoterapeuta per curare il cancro, hanno fatto puntate sull’agricoltura biodinamica con i cavoli che crescono con l’allineamento astrale, sui poteri curativi dei cristalli in una trasmissione in cui una signora in studio vedeva l’aura dei conduttori. È gravissimo, ed è inqualificabile che l’Ordine dei giornalisti, il quale deve difendere il diritto dei cittadini a un’informazione corretta, non avvii procedimenti disciplinari fino alla radiazione dei propri iscritti che si comportano così. In Toscana una bambina è morta per essere stata curata dal diabete con l’omeopatia, un altro è finito sottoterra per una otite curata sempre con quella pratica. Ma la medicina “alternativa” dilaga sempre più spesso anche su mezzi di informazione prestigiosi ed affidabili, perché la gente resta sempre affascinata dalle arti magiche, dall’ignoto e dal facile facile. Ma questa a mio parere non è informazione e non fa bene alla credibilità di chi la ospita.

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Veniamo all’emergenza sanitaria del Coronavirus.
Si parla di virologia, epidemiologia, curve statistiche, farmacologia, argomenti molto complessi che imporrebbero una preparazione di base: se non ce l’hai, e lo capisco, allora da giornalista hai il dovere di far parlare la scienza che studia questi temi, non il primo scalzacani, devi capire che tutte le sperimentazioni scientifiche prevedono ipotesi da verificare. Non puoi sbattere in prima pagina che la vitamina D cura il Covid19 o la vitamina C aiuta il sistema immunitario: non è vero. Se non lo sai non puoi affidarti al primo comunicato dell’azienda che produce un farmaco o promette di fare un vaccino, devi informarti. Devi anche valutare chi diffonde una notizia: né le riviste scientifiche né le università sono tutte dello stesso livello, Harvard non è uguale a quella di vattelapesca, anche se tutte e due si fregiano del titolo. Molti di noi hanno compiuto uno sforzo suppletivo per informarsi e far parlare chi più ne sa ma altrettanti purtroppo hanno fatto l’esatto opposto, disorientando.

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Con quali effetti?
Un simile comportamento non è deontologico ma, in questa fase davanti a milioni di persone terrorizzate, è anche criminale. Se da giornalista rilanci la fesseria arrivata da un messaggio su Whatsapp che servono i gargarismi con la candeggina, qualcuno ci crede e si ustiona. Se diffondi la notizia che il limone in acqua calda diluisce il virus a milioni di telespettatori, di fronte ai quali hai credibilità, il danno è inestimabile.

Ora i no-vax tacciono: appena l’emergenza sarà finita non torneranno a diffondere bufale?
Non tacciono. Non sono evidenti quanto prima ma circolano eccome sul web. “Patto trasversale per la scienza” (clicca qui per il loro sito) ha giustamente querelato chi prima ha detto che il virus non esiste, poi che c’è un complotto per vendere vaccini. A livello mondiale ora viviamo sulla nostra pelle com’è un mondo secondo i loro canoni, senza vaccini: chiusi in casa, senza rapporti interpersonali e la morte.

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