Galassie più che attive a 500 milioni di anni luce
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Galassie più che attive a 500 milioni di anni luce

Un gruppo compatto di galassie, molte delle quali attive, è stato individuato da un team di ricercatori guidato da Alessandra De Rosa dell'INAF.

Galassie più che attive a 500 milioni di anni luce
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21 Luglio 2015 - 16.41


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Grazie alle osservazioni combinate del satellite XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e di quelle ottenute nella banda ottica con la Sloan Digital Sky Survey e con la camera BUSCA installata al telescopio di Calar Alto in Spagna, una collaborazione di ricercatori italiani ha scoperto un gruppo compatto di galassie davvero eccezionale.

Il team formato da Alessandra De Rosa (INAF-IAPS), Enrico Piconcelli (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma), Stefano Bianchi (Università Roma Tre e associato INAF) e Cristian Vignali (Università di Bologna e associato INAF), ha infatti individuato un sistema compatto di galassie, denominato SDSS J0959+1259, in cui la frazione di buchi neri supermassivi in piena attività è incredibilmente elevata: cinque galassie su un totale di otto componenti il gruppo ospitano infatti un buco nero che sta accrescendo materia dall’ambiente circostante ed è dotato di una massa pari a milioni di volte quella del Sole. Queste galassie sono chiamate nuclei galattici attivi, AGN.

I gruppi compatti di galassie sono dei sistemi isolati molto densi e ricchi di galassie, caratterizzate da una luminosità simile. «Grazie all’elevata densità di galassie» dice Alessandra De Rosa, la coordinatrice del lavoro e primo autore dell’articolo accettato per la pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society «i Compact Group sono sistemi in cui fenomeni come l’interazione tra galassie, l’attività nelle zone prossime al nucleo innescata da interazioni mareali e la fusione dei buchi neri di massa milioni di volte quella del Sole sono più diffusi rispetto ad altri ambienti nell’Universo, penso ad esempio agli ammassi o alle galassie isolate. Basta immaginare dei gruppi compatti spettacolari come lo Stephan quintet o il Seyfert’s sextet». Lo studio dei gruppi compatti è quindi un elemento determinante per la comprensione della formazione ed evoluzione delle galassie.

SDSS J0959+1259 è uno di questi agglomerati nell’Universo locale: distante da noi 500 milioni di anni luce, si estende in una regione di circa 800.000 anni luce di raggio. «Le osservazioni hanno permesso di stabilire che la frazione di galassie attive (AGN) in questo gruppo compatto è eccezionalmente alta, circa il 60 per cento, se si confronta con valori compresi tra il 10 e il 30 per cento che si riscontrano in genere nei gruppi di galassie» aggiunge la ricercatrice. La scoperta appare ancora più rilevante data l’elevata attività di formazione stellare, la presenza di idrogeno atomico neutro diffuso tra le galassie e la forma “tipicamente distorta” di alcune delle galassie componenti.

«Tutti questi elementi – prosegue De Rosa – suggeriscono che alcuni AGN nel Compact Group sono il risultato di una passata interazione e che le galassie stanno ancora oggi interagendo tra loro, con la possibile collisione finale dei buchi neri supermassivi presenti al loro centro».

«La vicinanza di SDSS J0959+1259 offre l’opportunità di approfondire gli effetti degli scontri tra galassie nei gruppi compatti che si pensa siano all’origine dei quasar, considerati gli AGN più luminosi dell’Universo, già attivi dieci miliardi di anni fa» aggiunge Piconcelli. L’elevata frazione di galassie attive in SDSS J0959+1259 dimostra che in questo sistema esistono condizioni favorevoli alla formazione dei buchi neri, la cui comprensione rimane una delle sfide più affascinanti dell’astrofisica moderna, e rappresenta quindi un laboratorio ideale per approfondirne la conoscenza. A seguito della scoperta, sono state programmate osservazioni più profonde e dettagliate nella banda ottica con strumenti ad alta definizione (MUSE/ESO), al fine di studiare la dinamica del gas all’interno di questo sorprendente gruppo compatto.

Il lavoro è stato sviluppato all’interno del progetto MAGNA (Multiple AGN Activity) grazie al supporto dell’International Space Science Institute (ISSI) di Berna.

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