Spazio: scoperto un buco nero supermassiccio precoce
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Spazio: scoperto un buco nero supermassiccio precoce

CID-947 è cresciuto molto prima di quanto aspettato mentre la sua galassia ha continuato a generare stelle.

Spazio: scoperto un buco nero supermassiccio precoce
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10 Luglio 2015 - 20.19


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di Corrado Ruscica

I buchi neri risiedono nei nuclei delle galassie. La maggior parte di essi hanno una massa piccola se confrontata con quella della galassia ospite. Oggi, un gruppo di ricercatori guidati dai colleghi della ETH di Zurigo ha scoperto un buco nero particolarmente massiccio che si è formato così rapidamente che la sua galassia ospite non è stata in grado di tenere il passo. Ciò mette in discussione alcune ipotesi precedenti sui processi di coevoluzione delle galassie e dei rispettivi buchi neri. I risultati sono pubblicati su Science.

Il gruppo internazionale di astronomi, guidati da Benny Trakhtenbrot, un ricercatore dell’Istituto di Astronomia presso ETH di Zurigo e autore principale dello studio, sta dando la caccia ad antichi buchi neri massicci utilizzando il telescopio Keck di 10 metri situato nelle Hawaii. Anche se questo tipo di osservazioni sono di routine, i ricercatori sono rimasti davvero sopresi dal primo buco nero che hanno analizzato. I primi dati raccolti hanno permesso di rivelare un buco nero gigantesco che si trova in una galassia ordinaria, sebbene distante, denominata con la sigla CID-947. Dato che la luce ha percorso un lungo tragitto prima di arrivare agli strumenti a Terra, l’epoca a cui l’oggetto viene osservato risale ad un periodo quando l’Universo aveva un’età inferiore di 2 miliardi di anni.

L’analisi dei dati raccolti alle Hawaii indica che il buco nero nella galassia CID-947 ha una massa di quasi 7 miliardi di masse solari e rappresenta uno degli oggetti più massicci della categoria identificati fino ad ora. In particolare, ciò che ha sorpreso i ricercatori non è il valore in sè della massa del buco nero, piuttosto la massa della galassia ospite. «Le misure corrispondono ad un valore della massa tipica di una galassia ordinaria», dice Trakhtenbrot. «Perciò abbiamo un buco nero gigantesco che si trova all’interno di una galassia di dimensioni normali». Il risultato è stato così sorprendente che due ricercatori hanno dovuto verificare indipendentemente la massa della galassia. Alla fine, entrambi sono arrivati alla stessa conclusione.

La domanda che ora si pongono i ricercatori è se i processi fisici avvenuti durante le epoche primordiali della storia cosmica potrebbero essere differenti. La maggior parte delle galassie, inclusa la Via Lattea, possiedono un buco nero nei loro nuclei la cui massa può assumere valori di qualche milione fino a diversi miliardi di masse solari. “I buchi neri sono gli oggetti astrofisici che creano un campo gravitazionale così intenso che nulla, nemmeno la luce, può sfuggire”, spiega Kevin Schawinski dell’ETH e co-autore dello studio. «La teoria della relatività generale descrive come i buchi neri deformano lo spaziotempo che li circonda. La loro esistenza può essere desunta dal fatto che la materia viene enormemente accelerata dal campo gravitazionale e viene forzata ad emettere radiazione particolarmente energetica».

Fino ad oggi, le osservazioni hanno mostrato che esiste una relazione tra la galassia e il suo buco nero centrale: in altre parole, maggiore è il numero delle stelle presenti nella galassia ospite e maggiore risulta la massa del buco nero. «Questo è vero per l’universo locale, che riflette in qualche modo la situazione della storia cosmica passata», dice Trakhtenbrot. Questa sorta di collegamento, assieme ad altre evidenze, ha portato gli scienziati ad assumere l’ipotesi in base alla quale l’evoluzione dei buchi neri e la formazione stellare vadano di pari passo. «Possiamo pensare che questo sia ragionevole nel momento in cui l’esistenza di una comune riserva di gas freddo sia stata responsabile della formazione stellare e della ‘alimentazione’ del buco nero galattico», continua Trakhtenbrot. Inoltre, da studi precedenti è stato notato che la radiazione emessa durante la crescita evolutiva dei buchi neri abbia controllato, o addirittura bloccato, la creazione di nuove stelle, man mano che l’intensa radiazione emessa ha riscaldato il gas nel corso del tempo. Gli ultimi risultati, comunque, suggeriscono che questi processi agiscano in maniera diversa, almeno così si ritiene nell’Universo primordiale.

Cosa rimane della formazione stellare? Intanto, bisogna dire che il buco nero osservato dai ricercatori ha una massa circa 10 volte inferiore rispetto alla sua galassia ospite. Nell’universo locale di oggi, i buchi neri raggiungono tipicamente una massa pari allo 0,2-0,5 percento della massa della galassia ospite. «Ciò vuol dire che il nostro buco nero è cresciuto in maniera più efficiente rispetto alla sua galassia, contraddicendo i modelli che predicono uno evoluzione di pari passo», dice Trakhtenbrot. I ricercatori hanno poi concluso che sebbene il buco nero abbia raggiunto il termine della sua evoluzione, le stelle si stanno ancora formando. Quindi, ciò implica che al contrario delle precedenti assunzioni, l’energia e il flusso del gas, alimentati dal buco nero, non hanno arrestato la creazione di nuove stelle.

Insomma, nel futuro la galassia potrebbe continuare la sua evoluzione, ma la relazione tra la massa del buco nero e quella delle stelle rimane sorprendentemente insolita. Gli autori ritengono che CID-947 possa essere una sorta di precursore di sistemi massicci e particolarmente estremi che osserviamo oggi nell’universo locale, come ad esempio la galassia NGC 1277 visibile nella costellazione di Perseo a circa 220 milioni di anni luce. Il passo successivo sarà quello di ricavare ulteriori indizi sulla relazione che lega il buco nero e la sua galassia ospite pianificando una serie di osservazioni dedicate che saranno realizzate con il radiotelescopio ALMA.

«La sorgente in questione è stata selezionata in banda X con il satellite Chandra dalla mia Chandra COSMOS Legacy Survey, un progetto che ho ottenuto tramite un X-ray Visionary Program di Chandra per osservare il COSMOS field per 4.8 milioni di secondi», spiega a Media INAF Francesca Civano dell’Università di Yale e Harvard Smithsonian Center for Astrophysics, co-autrice dello studio. «Secondo la teoria di co-evoluzione, buchi neri e galassie tipicamente evolvono insieme. CID-947, invece, è una sorgente particolare. Infatti la massa del suo buco nero è stata accumulata prima e adesso la galassia sta finalmente formando stelle, per raggiungere la normalità del sistema, così come si osserva in altre galassie locali».

«Questa scoperta rivela una maggiore e sorprendente complessità rispetto a quello previsto ed osservato finora nelle relazioni tra la galassia ospite ed il buco nero centrale», aggiunge Angela Bongiorno, INAF Osservatorio Astronomico di Roma e co-autrice dello studio. «In futuro, con telescopi ancora più potenti, come quelli attualmente in fase di realizzazione, potremo esplorare in modo esaustivo l’intera popolazione dei buchi neri supermassicci nell’Universo lontano, alla ricerca di oggetti peculiari come quello appena scoperto, ed avere così un quadro più chiaro delle mutue interazioni tra la galassia ed il suo nucleo nel corso della loro storia evolutiva».

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