Spazio: la vita è nata da una molecola speciale
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Spazio: la vita è nata da una molecola speciale

I ricercatori, tra cui due italiani, hanno rilevato che la formammide era già presente nelle regioni in cui stelle come il nostro Sole si sono formate.

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18 Aprile 2015 - 17.20


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di Eleonora Ferroni

Un recente studio ha dimostrato che le molecole organiche complesse, che sono alla base delle cellule e quindi anche della vita sulla Terra, si sono create nella fase di formazione stellare, sopravvivendo a tutto il processo e continuando a formarsi anche successivamente. Molecole organiche complesse come la formammide, (con cui vengono prodotti zuccheri, carboidrati, aminoacidi e acidi nucleici essenziali a tutti noi), compaiono nelle regioni in cui stelle simili al nostro Sole e sono nate miliardi di anni fa. Allo studio, guidato da astrofisici spagnoli, hanno partecipato anche ricercatori italiani dell’INAF.

Gli autori dello studio hanno rilevato la biomolecola in cinque nuvole protostellari e hanno proposto che possa essersi formata su minuscoli granelli di polvere. La formammide è un composto costituito da idrogeno, carbonio, ossigeno e azoto, ed è stato individuato in enormi nubi presenti in quantità abbondanti nello spazio così come nella nostra galassia.

Come sappiamo, uno degli obiettivi più importanti della ricerca scientifica nello spazio è capire come è nata la vita sul nostro pianeta, così come si sono formate le diverse protomolecole nel cosmo. La formammide (NH2CHO) è un ottimo candidato per aiutare i ricercatori a trovare delle risposte. La molecola è presente soprattutto nelle nubi molecolari o negli agglomerati di gas e polvere da cui nascono le stelle. E proprio questo è stato confermato dal team internazionale di ricercatori dopo aver cercato la formammide in dieci regioni di formazione stellare.

«Abbiamo rilevato la formammide in cinque protosoli, il che dimostra che questa molecola (con ogni probabilità anche per il nostro Sistema solare) è relativamente abbondante nelle nubi molecolari e si forma nei primissimi stadi di evoluzione della stella e dei suoi pianeti», ha spiegato Ana López Sepulcre, autrice principale dello studio e ricercatore presso l’Università di Tokyo (Giappone). Gli altri cinque oggetti osservati e dove la biomolecola non è stata rilevata erano meno evoluti e più freddi, «il che indica che è necessaria una minima temperatura affinché la molecola stessa venga rilevata nel gas», ha aggiunto la scienziata.

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Lo studio “Shedding light on the formation of the pre-biotic molecule formamide with ASAI” è stato pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Gli esperti sono riusciti a spiegare, almeno in parte, anche come la formammide si possa essere formata in ambienti interstellari. «La nostra proposta è che si formi sulla superficie dei grani di polvere delle nubi molecolari di acido isocianico (HNCO), da un processo di idrogenazione o aggiunta di atomi di idrogeno», ha spiegato López Sepulcre. In questo modo la molecola «rimane attaccata al granello di polvere fino a quando raggiunge temperature tanto elevate da provocarne la sublimazione», cioè quando la protostella è già nella fase avanzata della sua formazione. La ricercatrice ha aggiunto: «E’ proprio in questo momento che la possiamo rilevare con i radiotelescopi».

In questo caso specifico il team di ricercatori si avvalso dell’ausilio di un radiotelescopio di 30 metri di diametro presso l’Institut de Radioastronomie Millimétrique (IRAM), in cima al Pico del Veleta in Sierra Nevada. Lo strumento fa parte del progetto Astrochemical Surveys At IRAM (ASAI).

Claudio Codella, ricercatore presso l’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri nonché tra gli autori del paper, ha spiegato a Media INAF: «La pubblicazione è uno dei primi prodotti del Large Program IRAM ASAI in cui è attivamente coinvolto il Gruppo di Astrochimica dell’Osservatorio di Arcetri (C. Codella, F. Fontani, L. Podio). Uno degli obiettivi di ASAI è capire la genesi e l’evoluzione delle molecole complesse pre-biotiche durante il processo di formazione di una stella di tipo solare con il suo sistema planetario». E ha aggiunto: «Il nostro metodo consiste nell’osservazione in maniera sistematica di tutta la banda spettrale da 1 a 3 mm offerta dal telescopio di 30m IRAM. Le osservazioni ci hanno permesso di rivelare un grande numero di righe di emissione, necessario per una sicura identificazione della molecola. I nostri risultati suggeriscono come la formammide si formi in ambienti freddi sui mantelli ghiacciati delle polveri per poi sublimare nel gas una volta che la protostella produce un aumento della temperatura della nume di gas e polveri in cui si è formata».

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Quando si parla di molecole pre-biotiche analizzate nello spazio, la formammide non è l’unica protagonista. Proprio questo mese, infatti, su Nature è stato pubblicato uno studio sul rilevamento di cianuro di metile o acetonitrile (CH3CN) attorno alla giovane stella MWC 480, già in nella fase di nebulosa protoplanetaria. «L’altro studio dimostra che le molecole complesse sopravvivono fino agli ultimi stadi della formazione stellare e oltre», ha specificato la prima autrice affermando che in ogni caso la formammide presenta dei vantaggi. Ecco quali: «Contiene ossigeno (ovviamente essenziale per la vita) ed è un forte candidato» per vincere la medaglia di «precursore di materiale pre-biotico, in quanto non solo porta alla formazione di aminoacidi (il che accade anche con CH3CN), ma anche di acidi nucleici e basi nucleiche, o di altro materiale genetico». La ricercatrice ha concluso: «Questo dà forza al nostro studio: la formammide era già presente nelle regioni in cui stelle come il nostro Sole si formarono e in quantità relativamente elevate».

Di recente un altro studio italiano pubblicato sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas) ha preso in analisi le molecole che hanno portato la vita sulla Terra. La ricerca ha mostrato che grazie al vento solare le molecole organiche complesse (proprio come la formammide) potrebbero essersi formate nel cosmo per poi essere state trasportate sul nostro pianeta dando il via alla nostra vita. In questo caso l’esperimento è stato condotto in laboratorio, presso l’Istituto Congiunto di Ricerca Nucleare di Dubna, dove gli acceleratori riproducono fasci di protoni ad alta energia essendo i principali costituenti della radiazione cosmica e del vento solare. Per arrivare al loro risultato, il gruppo di ricercatori guidato da Raffaele Saladino, dell’Università della Tuscia, ha esposto ai fasci di particelle una miscela di polveri di meteoriti e formammide e poi è stata osservata la formazione delle sostanze presenti nelle cellule che sono alla base della nostra esistenza.

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