Don Ciotti risponde a Giorgia Meloni: "Il giorno della Lotta alla Mafia è il 21 marzo"
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Don Ciotti risponde a Giorgia Meloni: "Il giorno della Lotta alla Mafia è il 21 marzo"

Don Ciotti: «In campagna elettorale quali forze politiche hanno parlato di mafia? Nessuno. Ora tutti parlano, ma temo che la storia si ripeta. C’è aria di normalizzazione. Mi auguro di no».

Don Ciotti risponde a Giorgia Meloni: "Il giorno della Lotta alla Mafia è il 21 marzo"
Don Ciotti, presidente di Libera
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17 Gennaio 2023 - 10.40


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L’arresto di Matteo Messina Denaro non deve far gridare alla fine della Mafia, tutt’altro. I 30 anni di latitanza sono un monito che deve far riflettere sulle enormi difficoltà che lo Stato ha nel combattere le organizzazioni criminali. In un’intervista ad Avvenire, Don Luigi Ciotti – presidente di Libera – ha parlato della questione.

«È una notizia di cui essere felici ed è giusto, anzi doveroso, il riconoscimento alle forze di polizia e alla Procura di Palermo, che per tanti anni, con sforzo e impegno incessanti, anche a costo di sacrifici, hanno inseguito il latitante. Ma non vorrei si ripetessero gli errori commessi in seguito alla cattura di Riina e di Provenzano».

«Non si dimentichi il principio che l’ultima mafia è sempre la penultima. Il codice genetico della mafia affida alla sua creatura un imperativo primario, quello di sopravvivere, cambiare, mutare. Quelle mafie sono cambiate, stanno cambiando ma c’è sempre un’altra che cova, che ha sempre covato. Nei cambiamenti storici che sono avvenuti ci sono sempre le ceneri che covano sotto. E allora sarà bene porci la domanda di come sarà la mafia che viene. Non si risolve tutto arrestando il capo».

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«La mafia è molto cambiata. Ora che abbiamo preso dopo trenta anni Matteo Messina Denaro, sembra tutto risolto. No, attenzione. Guardiamo quello che, ad esempio, sta succedendo a Milano dove ci sono imprenditori che vanno a cercare loro i mafiosi. I grandi boss hanno abbandonato le forme arcaiche, adesso ci sono i manager, usano delle strategie, delle modalità, degli strumenti diversi».

«È passato dalla fase stragista a quella imprenditoriale, e ormai c’è una dimensione internazionale. Non solo Sicilia. Infatti quest’anno non a caso terremo a Milano la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Oggi le mafie viaggiano su piani molto più alti».

«Ancora non si riesce a capire chi sono stati i mandanti che si nascondono dietro tante vicende. Aveva ragione Borsellino quando diceva “mi ammazzeranno, ma il problema non è scoprire chi mi ammazzerà ma chi ha dato gli ordini”. Messina Denaro è conoscitore di questo. Mi auguro che ci sia una sua collaborazione e sono sicuro che molti oggi tremano, quelli che in questi trenta anni lo hanno assecondato, accompagnato, coperto. Per loro è un momento difficile perché se collabora si spazzeranno quelle nebbie, emergerebbero delle verità, scopriremmo delle cose fondamentali. Lo dobbiamo a chi ha perso la vita, al loro sacrificio, al loro impegno, ai loro familiari che per l’80% non sanno la verità, e senza la verità non c’è giustizia».

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«La latitanza di Messina Denaro è stata possibile anche grazie alla latitanza di una certa politica che non ha tutelato e promosso il bene comune, garantendo i diritti fondamentali, come il lavoro, la scuola, la salute. Le politiche sociali sono fondamentali, perché sono la libertà e la dignità della gente. Molto, invece, è stato fatto in questi anni da una società che si è data da fare. Penso alla raccolta di un milione di firme per la legge sull’uso sociali dei beni confiscati. Ora leggo che Giorgia Meloni propone che il 16 gennaio diventi la giornata di festa della lotta alla mafia. Io vorrei ricordarle che c’è il 21 marzo, legge dello Stato, che ricorda il sacrificio e l’impegno di tante persone».

«In campagna elettorale quali forze politiche hanno parlato di mafia? Nessuno. Ora tutti parlano, ma temo che la storia si ripeta. C’è aria di normalizzazione. Mi auguro di no».

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