Moratti, il nodo del Pd: meglio tentare di vincere con il terzo polo o una onorevole sconfitta?
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Moratti, il nodo del Pd: meglio tentare di vincere con il terzo polo o una onorevole sconfitta?

Dopo le dimissioni di Letizia Moratti da vicepresidente della Lombardia, e la sua candidatura con il terzo polo, nel centrosinistra il dilemma è: appoggiare la candidata di Renzi e Calenda o andare avanti da soli?

Moratti, il nodo del Pd: meglio tentare di vincere con il terzo polo o una onorevole sconfitta?
Letizia Moratti
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7 Novembre 2022 - 15.33


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“Dopo poco meno di 30 anni, il centrosinistra vuole avere qualcosa da dire sulle prossime elezioni regionali in Lombardia o vuole continuare con candidati di bandiera?”.
In fondo è questa l’unica domanda alla quale i dirigenti del Pd devono rispondere: o sostengono Letizia Moratti e rendono la riconferma di Fontana molto meno scontata o possono allungare la serie storica di sconfitte e di insignificanza al Pirellone. La battaglia interna infuria da una settimana, da quando la ex ministra ha annunciato le dimissioni dalla Giunta regionale.

Prevedibile la posizione di netta chiusura della sinistra, lady Moratti viene presentata più o meno come il diavolo, ma qui in Lombardia, il motore del partito è nelle mani dei riformisti. Che cosa faranno Giorgio Gori, il sindaco ‘santo’ dì Milano Giuseppe Sala?

Nei conciliaboli privati, i due spingono per trovare un accordo con il terzo polo. Della partita dovrebbe essere anche Lorenzo Guerini, che aspetta di incassare la presidenza del Copasir (con il plauso del terzo polo, e la netta opposizione di Conte), ma che sulla partita casalinga, non si è ancora espresso nettamente, confermando il nomignolo che Renzi gli affibbiò: ‘Arnaldo’.

Che cosa farà quindi il Pd? L’opzione più probabile è quella che ha previsto Francesco Piccolo su Repubblica ovvero non farà nulla. È più facile perdere comodamente con un bel candidato insignificante, scelto da primarie altrettanto insignificanti (e inutili: con chi le faranno le primarie?), che ‘sporcarsi le mani’ con un candidato di frontiera, che ha buone chance di vittoria.

Letizia Moratti alla fine è un nuovo Lamberto Dini, con una significativa differenza che spiega la ‘morte’ del Pd. Nel 1995, al ministro del tesoro che abbandonò Berlusconi, il centrosinistra gli affidò la chiave di Palazzo Chigi, i voti della Firenze rossa nel collegio senatoriale del 1996 (memorabile la presentazione alla casa del popolo di Vie nuove) ed infine il ministero degli Esteri per tutta la legislatura (Prodi, D’Alema ed Amato). Oggi si preferisce perdere senza affanno, sbraitando contro Calenda e Renzi.

La fine d’altra parte è già segnata: il Pd va sempre più veloce verso il ‘cimitero’ degli elefanti, ripetendo la parabola del Ps francese. In Lombardia si giocherà un match del tutto nazionale, se il Pd farà il Ps, Renzi e Calenda con Lombardia Migliore, potranno davvero assumere la fisionomia di una Renew di casa nostra.

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