Sondaggi politici: perplessità e chiarimenti
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Sondaggi politici: perplessità e chiarimenti

Ecco il parere di Mattia Guidi, docente all’Università di Siena, su un argomento al centro dell’attenzione.

Sondaggi politici: perplessità e chiarimenti
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20 Settembre 2022 - 21.52 Culture


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di Giuseppe Aquaro

Nonostante che i sondaggi non vengano più resi pubblici, per non influenzare o per non creare speculazioni nei giorni che ci separano dal voto, rimangono alcune perplessità riguardo a determinati valori che gli stessi ci mostrano e, soprattutto, sorgono molte domande sulla loro veridicità e attendibilità. Mattia Guidi, professore associato al Dipartimento di Scienze Sociali, Politiche e Cognitive dell’Università di Siena e docente di Comunicazione Politica, ha accettato di fare chiarezza su questo argomento rilasciando le sue considerazioni sui sondaggi e sull’andamento della campagna elettorale.

In questa campagna elettorale che peso stanno avendo i sondaggi sull’elettorato?

Partiamo dal presupposto che i sondaggi sono una fotografia delle intenzioni o delle “non intenzioni” di voto (nella situazione attuale più o meno 3 persone su 10 non andranno a votare), ma comunque ci danno informazione solo sull’oggi, non certo sul futuro. Per ciò che riguarda la loro attendibilità, possiamo dire che i sondaggi sono una rappresentazione abbastanza fedele dei valori reali, e lo scostamento che potremmo avere nella realtà è minimo. Quindi mediamente i sondaggi “ci prendono”. Per quanto riguarda la loro influenza, ci sono sicuramente elettori o elettrici che vengono influenzati dal cosiddetto “bandwagon effect” (“salire sul carro del vincitore”), ma ci sarà anche chi, pur di non far vincere il partito o la lista avversaria, voterà contro al vincitore annunciato. Quindi non si può dire che i sondaggi avvantaggino una lista o l’altra in modo univoco. L’ultima considerazione che mi sentirei di fare è che, non avendo riscontri nei sondaggi a partire da 15 giorni dalle elezioni, non possiamo dire che tutto ciò che vediamo in questi ultimi giorni prima del voto sia accurato e veritiero.

Quindi c’è da credere ai valori che ci mostrano?

La risposta è positiva. Questo perché paradossalmente tutte le compagnie che fanno i sondaggi danno un risultato più o meno simile; quindi, non è possibile che ci sia un errore di stima in tutte le rilevazioni. In generale c’è sempre la cosiddetta “forchetta” nel gergo statistico, cioè quel margine di errore che potrebbe togliere o aggiungere alla percentuale rilevata due punti.

Ci possono essere eventi che cambiano radicalmente il pensiero degli elettori?

Accade abbastanza di rado. Deve succedere qualcosa di molto significativo per far sì che si ribalti la situazione. Se dobbiamo prendere in considerazione queste elezioni, il divario che ha creato il centro destra è talmente ampio che è difficile che questo succeda e soprattutto in un modo così significativo.

È possibile avere un voto dettato da un atteggiamento conformista da parte degli elettori?

Può succedere ma non è detto che succeda in modo così ampio. Molti voti, per esempio, si spostano all’interno delle stesse coalizioni. Un esempio è Fratelli d’Italia che cresce a discapito della Lega. Ai fini del risultato finale questo non avrà una grandissima influenza.

In generale, le diverse forze politiche come stanno affrontando questa campagna elettorale?

Prendendo in considerazione le prime quattro forze in corsa a queste elezioni, se proprio volessimo dare delle pagelle su come si stanno affrontando le elezioni, metterei M5S e Fratelli d’Italia al primo posto, mentre PD e la lista Azione-Italia Viva un po’ “staccati”. Fratelli d’Italia sta affrontando queste elezioni come ci si aspetterebbe che facesse un partito che occupa una posizione di vantaggio: non affronta temi spigolosi e si appoggia soprattutto su argomenti identitari. Stessa considerazione vale per il M5S, che ha avuto dei vantaggi dall’esclusione dal centro-sinistra, potendo intraprendere una campagna elettore di “ritorno alle origini”, più identitaria, che a quanto pare sta funzionando. Differente è la situazione del PD, che, con l’esclusione del M5S dalla coalizione, ha creato una situazione in cui il “voto utile” fa fatica a essere invocato e, soprattutto, ha costruito un’alleanza non pienamente omogenea, destando non poche perplessità. E infine c’è la lista Azione-Italia Viva che ha avuto anch’essa un atteggiamento ondivago: Calenda è partito volendo allearsi con il Pd, per finire dicendo che sarebbero disposti dopo il voto a governare con la destra.

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