Salvini e la pandemia: impossibile che uno sciacallo si possa travestire da statista.
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Salvini e la pandemia: impossibile che uno sciacallo si possa travestire da statista.

Al capo della Lega interessa agitare il malcontento, non risolvere i problemi. Perché anche davanti a una tragedia incalcolabile, il consenso vale più della verità.

Matteo Salvini
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Arturo Scotto Modifica articolo

13 Agosto 2020 - 16.47


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La Magistratura va rispettata sempre e le indagini devono fare il loro corso.

E il dovere di chi governa è collaborare per l’accertamento delle verità.

Gli avvisi di garanzia recapitati al Presidente del Consiglio e a sei ministri del Governo sono un atto dovuto, perché in questi mesi difficilissimi tante sono state le denunce.

Da privati cittadini ad associazioni, passando per persone illustri in cerca di rinnovate notorietà.

Dal canto suo, la Procura di Roma stessa ha annunciato che si procederà all’archiviazione degli indagati.

Dunque, siamo davanti a una notizia sicuramente rilevante, perché riguarda l’esecutivo del paese, ma che non dovrebbe implicare l’apertura di un processo penale a carico di chi si è assunto la terribile responsabilità di gestire la pandemia.

Come ha scritto il Presidente Conte: ci siamo trovati a gestire un evento così tragico e così asimmetrico senza un manuale, costretti ad agire in scienza e coscienza per salvare quante più vite umane possibili.

Io sono convinto che sia questo il punto di cui è giusto discutere.

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Oggi il capo del Cts in una lunga intervista a Repubblica riconosce al Governo e al Ministro Speranza il merito di aver gestito emergenza con coraggio, visione e tempestività.

Anche quando frotte di leader politici e di virologi andavamo in Tv a minimizzare l’impatto del virus, l’esecutivo ha avuto l’intelligenza di mantenere la barra dritta.

Senza inseguire onde emotive, come hanno fatto invece autorevoli leader politici in Occidente.

Salvini oggi inizia la sua crociata con un occhio ai sondaggi e l’altro ai guai giudiziari del Presidente Fontana, la nave ammiraglia della Lega.

Chiede arresto di Giuseppe Conte e accusa il governo di avere sulla coscienza migliaia di morti.

Non sappiamo come si sarebbe comportato lui una volta al governo – facile fare la voce grossa con le ONG, più difficile minacciare di fermare lo sbarco di un virus con i tweet -, benché le prove fornite dalla classe dirigente leghista sul Corona Virus non siano state esattamente da premio Nobel.

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Ci sarà il tempo per aprire questo libro, per verificare le responsabilità in Lombardia di anni di privatizzazione strisciante della sanità, ma ora bisogna chiudere l’emergenza Covid.

Perché la storia non è finita.

Ce lo dicono i contagi che riprendono a salire in Italia, anche se nettamente meno rispetto al resto dell’Europa.

Ma a Salvini interessa agitare il malcontento, non risolvere i problemi.

Perché anche davanti a una tragedia incalcolabile, il consenso vale più della verità.

Il primo partito italiano davanti a una pandemia avrebbe dovuto dire: sediamoci, discutiamo e lavoriamo insieme.

Non chiediamo nulla, se non il diritto- dovere di essere messi nelle condizioni di collaborare.

E – accanto a questo – nelle regioni dove governiamo ce la mettiamo tutta per far funzionare le cose e a distendere il clima tra stato ed enti locali.

La Lega ha fatto esattamente l’opposto.

Non ha presidiato il sentimento di coesione nazionale che veniva richiesto dalla stragrande maggioranza dei cittadini e non ha – allo stesso tempo – dimostrato di saper dare prova di buon governo.

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Un doppio default, comunicativo e amministrativo, di cui oggi beneficia il suo competitor interno più spiazzante, Giorgia Meloni.

E’ proprio vero che non si può chiedere allo scorpione di non pungere.

Così come è impossibile immaginare che uno sciacallo si possa – seppur goffamente – travestire da statista.

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