Dopo la manifestazione di Barcellona, governo di Madrid e Generlitat al bivio
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Dopo la manifestazione di Barcellona, governo di Madrid e Generlitat al bivio

Il muro contro muro sta registringendo i margini per un accordo, che ormai sembra lontano. Rajoy non indietreggia, spalleggiato dalla Corte Costituzionale. I catalani decisi ad andare avanti

Manifestazione indipendentista a Barcellona
Manifestazione indipendentista a Barcellona
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Diego Minuti Modifica articolo

13 Settembre 2017 - 08.34


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La gigantesca manifestazione di Barcellona, a sostegno dell’indipendenza catalana, non è stata solo una prova di forza, una esibizione muscolare di chi vuole separarsi dalla Spagna. Ha costituito un problema politico che mette il governo centrale davanti alla delicatissima prospettiva  di perdere i cittadini della più produttiva zona del Paese per difendere l’integrità dello Stato. Da un punto di vista costituzionale il comportamento sin qui seguito da Mariano Rajoy è ineccepibile perchè ha dalla sua la Corte costituzionale che ha ampiamente bocciato l’indizione del referendum del 1 ottobre che potrebbe – ma non è ancora detto – sancire l’uscita della Catalogna dalla Spagna. Qualsiasi organismo a tutela della Costituzione non avrebbe potuto fare altrimenti, ma sono le prospettive politiche che ora dovrebbero inquietare l’esecutivo perché la scelta, rispettabilissima, del braccio di ferro sta incancrenendo la situazione, di fatto tagliandosi i ponti alle spalle per una trattativa, per un compromesso.
La generalitat catalana gode già di una ampia autonomia, ma che non basta perché se si pone alla base di una rivendicazione motivazioni storiche e culturali i punti ipotetici di un compromesso si sbriciolano. Ma Madrid non può permettere a Barcellona di andar per la sua strada, nè tanto meno giungere ora ad un punto di equilibrio che sancirebbe in ogni caso un inspiegabile arretramento della sua ancora oggi rigida posizione.
Ma la manifestazione di lunedì a Barcellona, la Diada, è ancora sotto gli occhi di tutti, ma guai al governo che si facesse condizionare dai pure importantissimi numeri e non dalla fondatezza delle rivendicazioni.

Il fatto su cui Rajoy ed il suo esecutivo dovrebbero riflettere, quando ancora non ci sono le condizioni per sedersi ad un tavolo di trattativa, è che la gente di Barcellona non gridava ‘Catalogna libera”, ma ”Addio Spagna” che solo apparentemente slogan dal medesimo contenuto. Perchè la Catalogna, con tutte le prerogative che le sono state concesse, se non proprio libera, è comunque molto lontana da Madrid. Ma dire che si vuole abbandonare la Spagna è altro, perchè significa chiudere ad ogni discussione, dare per scontato per la richiesta di indipendenza non è un momento di dialettica poltica, ma l’esigenza di un intero popolo.
Perchè tutti percepscono che la situazione di stallo non giova a nessuno ed è meglio lanciare i dadi del referendum, non sapendo quale sarà il risultato, che stare in attesa che Madrid cambi atteggiamento.
In piazza, per la Diada, c’era un popolo intero e il fatto che accanto agli anziani (ovvero i vecchi indipendentisti) ci fosse molti giovani (non meno determinati alla secessione) dovrebbe essere un elemento da considerare per chi sembra non cogliere l’essenza di una ribellione che, sino ad oggi, è rimasta nei binari della dialettica. Ma l’esasperazione è dietro l’angolo, pur se il popolo catalano ha mostrato una grande maturità, talvolta ben maggiore rispetto a chi l’ha governato. L’esito del referendum non è così scontato, come le centinaia di migliaia in piazza potrebbero far pensare. La gente che non ha manifestato ha sempre avuto nei confronti del governo centrale un rapporto conflittuale, rivendicando sempre l’originalità del modello catalano, ma non volendo rischiare un passo – l’indipendenza – che potrebbe essere lacerante.

 

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