Assunzione di suo fratello alle Poste, Alfano: uso politico di scarti di inchiesta
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Assunzione di suo fratello alle Poste, Alfano: uso politico di scarti di inchiesta

Il ministro dell'Interno è citato per l'assunzione di suo fratello alle Poste Italiane. Un'indagata intercettata: il padre mi ha mandato 80 curricula.

Angelino Alfano
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5 Luglio 2016 - 11.03


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Ci sarebbe anche il nome del ministro dell’Interno Angelino Alfano, citato per l’assunzione di suo fratello alle Poste, nelle intercettazioni allegate all’inchiesta della Procura di Roma per corruzione e riciclaggio. Lo hanno riportato oggi diversi quotidiani nazionali, fra cui Repubblica, Corriere della Sera, Il Fatto quotidiano, Mattino e Messaggero.

L’ira del ministro Alfano. “Siamo di fronte al ri-uso politico degli scarti di un’inchiesta giudiziaria. Ciò che i magistrati hanno studiato, ritenendolo non idoneo a coinvolgermi in alcun modo, viene usato per fini esclusivamente politici. Le intercettazioni non riguardano me, bensì terze e quarte persone che parlano di me. Persone, peraltro, che non vedo e non sento da anni”, lo ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, in merito all’inchiesta sulla cricca delle nomine. “Io – ha aggiunto Alfano – rimango fermo a quanto valutato da chi l’inchiesta l’ha studiata e portata avanti e ha ritenuto di non coinvolgermi. Il resto appartiene al lungo capitolo dell’uso mediatico delle intercettazioni. Ma questo – ha concluso il ministro – è un discorso ben noto a tutti, che si trascina da anni, diventando ormai una vera e propria telenovela legislativa”.

La figura di Pizza. Il faccendiere, secondo la procura, quello capace di ammorbidire una commissione d’appalto o mettere la parola giusta è Raffaele Pizza. È lui la mente dell’associazione a delinquere, il costruttore di una ragnatela che partiva dai salotti buoni per arrivare fino ai ministeri. I finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria lo hanno intercettato per mesi, mentre faceva le sue telefonate dal suo ufficio in via Lucina, a due passi da Montecitorio. E i contenuti delle intercettazioni sono scioccanti: da Angelino Alfano e suo fratello assunto alle Poste Italiane, da Vittorio Crecco l’ex dg dell’Inps, da Silvio Berlusconi, da Antonio Cannalire, braccio destro di Ponzellini in Bpm. “Pizza – scrive nell’ordinanza il gip -, per esercitare e perpetuare il potere di influenza che gli è notoriamente riconosciuto nell’ambiente degli imprenditori gravitanti nel settore degli appalti pubblici” sfruttava “i legami stabili con influenti uomini politici, spesso titolari di altissime cariche istituzionali”. Secondo quanto ricostruito dalla procura, il 9 gennaio 2015 i finanzieri registrano una conversazione tra Pizza e Davide Tedesco, collaboratore politico del ministro dell’Interno Alfano. “Pizza – scrivono le fiamme gialle – sostiene di aver facilitato, grazie ai suoi rapporti con l’ex amministratore Massimo Sarmi, l’assunzione del fratello del ministro in una società del Gruppo Poste”.

L’intercettazione sul fratello del ministro Alfano. Secondo quanto trapelato sulla stampa italiana, nell’intercettazione Pizza ha detto: “Angelino lo considero una persona perbene un amico… se gli posso dare una mano… mi ha chiamato il fratello per farmi gli auguri…tu devi sapere che lui come massimo (di stipendio, ndr) poteva avere 170.000 euro… no… io gli ho fatto avere 160.000. Tant’è che Sarmi stesso glie l’ha detto ad Angelino: io ho tolto 10.000 euro d’accordo con Lino (il soprannome di Pizza, ndr.), per poi evitare. Adesso va dicendo che la colpa è la mia, che l’ho fottuto perché non gli ho fatto dare i 170.000 euro… cioè gliel’ho pure spiegato… poi te li facciamo recuperare…sai come si dice ogni volta… stai attento… però il motivo che non arriviamo a 170 è per evitare che poi dice cazzo te danno fino all’ultima lira. Diecimila euro magari te li recuperi diversamente”. E ancora parlando con Tedesco, Pizza ha rassicurato: “Hai la mia parola d’onore che questo (Alessandro Alfano, il fratello del ministro, ndr) va dicendo in giro che io l’ho fottuto. Perciò io ho paura… dico… cazzo te faccio avere un lavoro… aoh… m’avve a fare u monumento… mo a minchia la colpa mia che quistu dice che (incomprensibile) 10.000 euro in più… che è stata una scelta politica come tu sai”.

Spunta anche il padre di Alfano. Dopo il fratello, spunta anche il padre del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, nelle carte dell’inchiesta ‘Labirinto’ portata avanti dalla procura di Roma.
L’uomo, a quanto riferito nel corso di una conversazione intercettata e contenuta nella richiesta di arresti del pm, avrebbe mandato 80 curriculum per presunte assunzioni a Poste Italiane.
A colloquio il 17 maggio del 2015 sono Marzia Capaccio, indagata, segretaria del faccendiere Raffaele Pizza ed un’altra persona, Elisabetta C. Le due donne sembrano lamentarsi per qualcosa che il ministro non avrebbe fatto.
CAPACCIO: “io ti ho spiegato cosa ci ha fatto a noi Angelino…” ELISABETTA: “e…lo so…lo so…lo so…”.
CAPACCIO: “cioè noi gli abbiamo sistemato la famiglia…questo doveva fare una cosa….la sera prima…mi ha chiamato suo padre…mi ha mandato ottanta curriculum…
ottanta….”.
ELISABETTA: “aiuto….aiuto…”.
CAPACCIO: “ottanta…. e dicendomi…non ti preoccupare….tu buttali dentro…la situazione la gestiamo noi…e il fratello comunque è un funzionario di Poste….anzi è un amministratore delegato di Poste…”.
ELISABETTA: “si..si..lo so..lo so…”.
CAPACCIO: “e questo è un danno che ha fatto il mio capo (ndr.
Pizza)…io lo sputerei in faccia solo per questo…”.
ELISABETTA: “vabbè…tanto ce ne sono tanti Marzia…è inutile dirsi…questo è il sistema purtroppo…”.
CAPACCIO: “sì ma io l’avevo già capito questo guardava solo ai cazzi suoi…glielo avevo già detto…io a differenza tua non mi faccio coinvolgere più di tanto, perchè cerco di razionalizzare un attimo di più e di valutare le persone che ho davanti…cosa che il mio capo…purtroppo in alcune circostanze nonostante la sua esperienza non è in grado di fare…”.
In precedenza era emersa un’altra intercettazione, questa volta tra Raffaele Pizza ed un collaboratore del ministro, Davide Tedesco. In questa il faccendiere sosteneva di aver facilitato, grazie ad i suoi rapporti con l’ex amministratore Massimo Sarmi, l’assunzione del fratello del titolare del Viminale in una società del Gruppo Poste.

 

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