Napolitano, una guida negli anni bui della Repubblica
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Napolitano, una guida negli anni bui della Repubblica

Dobbiamo ringraziare il Presidente per essersi speso affinché l'Italia non sprofondasse nel baratro. [Giancarlo Governi]

Napolitano, una guida negli anni bui della Repubblica
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14 Gennaio 2015 - 17.47


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di Giancarlo Governi

Giorgio Napolitano questa volta ci lascia veramente. Lo fa perché ha diritto, quando sta per compiere 90 anni, di godersi il meritato riposo e poi perché si rende conto che la sua rielezione in un mandato che la Costituzione prevede così lungo proprio perché non lo riteneva rinnovabile, sia stato un fatto eccezionale, soltanto un modo per tamponare un vuoto istituzionale che il Parlamento non era in grado di coprire. La rielezione di Napolitano fu un atto di resa dei partiti e di tutto il mondo politico. Oggi Napolitano lascia il suo alto incarico non con tutti gli onori che gli si dovrebbero ma portandosi dietro accuse gratuite e infondate da una parte della politica fuori controllo e anche fuori di testa, che in altri tempi avrebbero configurato il grave reato di vilipendio.

Di che cosa viene accusato Giorgio Napolitano proprio nel momento che sta per lasciare il suo alto incarico?

Da una parte c’è chi lo accusa di aver travalicato le sue funzioni e di essersi appropriato di funzioni e di poteri che la Costituzione non gli assegna. “Re Giorgio” lo chiamano, come a dire che in questi nove anni lui ha regnato sulla Repubblica. E questo è falso. Come è falsa l’accusa contraria che è quella che gli viene da Grillo e da tutta la cosiddetta destra populista italiana. I quali accusano Napolitano di aver firmato leggi, come la legge Fornero, che hanno rovinato l’Italia. Leggi sbagliate ma legittime, proposte da un governo legittimo e approvate dai due rami del Parlamento sulle quali il Presidente della Repubblica non può non apporre la sua firma.

Io penso che Napolitano sia stato al Quirinale negli anni difficili, nel periodo buio della Repubblica, quando bisognava assicurare all’Italia una governabilità che il sistema Europa in cui è inserita ci chiedeva, pena l’espulsione. Una governabilità che il sistema elettorale e il dissolvimento dei partiti non erano in grado di assicurare. Napolitano ha fatto del suo meglio e noi dobbiamo essergli grati e salutare la sua uscita dal Colle con tutti gli onori. A lui riserverei soltanto un rispettoso rimprovero per aver accettato la ricandidatura quando i partiti impotenti andarono da lui l’anno scorso a chiedergli di rimanere, dopo i sette lunghi e faticosissimi anni del mandato. I partiti andarono con il cappello in mano a pregarlo, e sarebbe stato meglio che lui non avesse accettato e avesse detto: impiccatevi, state lì a Montecitorio, muratevi vivi, come facevano con i cardinali che non erano in grado di eleggere un papa, ma non uscite finché non avete eletto un mio successore. E poi avrebbe dovuto mostrare minore indulgenza nei confronti dei partiti responsabili primi di questa clima che viene definito dell’antipolitica, che ci sta sommergendo. Ma ciò premesso a Giorgio Napolitano dobbiamo dire grazie per aver difeso le istituzioni ed essersi adoperato perché l’Italia non sprofondasse nel baratro.
Comunque una cosa è certa: dopo Giorgio Napolitano il ruolo della più alta istituzione della Repubblica è profondamente cambiato, non più quello di notaio ma è diventato il ruolo del garante attivo dell’equilibrio politico, ma anche colui che risponde degli obblighi che derivano all’Italia dall’essere inserita nel più ampio sistema europeo. In una fase storica in cui i governi si basano su maggioranze ibride e spesso innaturali e quantomeno instabili, mentre la istituzione del Colle ha una durata certa. I Grandi Elettori che si accingono ad eleggere il Presidente della Repubblica devono tenere conto di questo: al Quirinale, dopo i nove anni di Napolitano, non può più andare un notaio ma un garante non soltanto della Costituzione ma anche della continuità storica e politica della Repubblica.

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