Andare avanti per cambiare l’Italia
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Andare avanti per cambiare l’Italia

Non ha sosta la campagna mediatica del presidente–segretario: Renzi è determinato e deciso. Deve però fare i conti con i problemi del Pd e della crescita che non c'è [Nuccio Fava]

Nuccio Fava
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11 Settembre 2014 - 10.29


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di Nuccio Fava

Non ha sosta la campagna mediatica del presidente–segretario. È appena trascorso il bagno di folla tra il suo popolo alla festa nazionale dell’Unità che Renzi si concede una presenza da mattatore in tv, fortunatamente incalzato in parte da Federico Geremicca de La Stampa, la parte più dialettica e più politica dalla trasmissione. Ne risulta un presidente del Consiglio sempre all’attacco fortemente determinato e deciso. Deve però riconoscere che la crescita ancora non c’è, che bisogna ridurre il costo del lavoro e il carico fiscale alle aziende, indispensabile per rilanciare produzione e consumi che non danno segni di ripresa. Più problematico è il come recuperare le risorse, come fronteggiare le tante domande economico-sociali che salgono dai cittadini. Anche da parte dei cittadini magistrati e dei cittadini in divisa.
Le risposte liquidatorie, in qualche modo sprezzanti, aggravano perplessità e timori. Né vale dire che “non si indietreggia di un centimetro, che bisogna proseguire nel cambiamento che l’Italia vuole”.

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Nulla di realmente significativo, nemmeno per la conduzione del partito, nel frattempo appesantito e turbato dalle vicende emiliane e da quanto si preannuncia per le primarie in Calabria. L’allargamento della segreteria resterebbe un elemento di facciata, se la minoranza viene chiamata ad aggiungersi su scelte già definite e preconfezionate, senza vera dialettica e un confronto aperto. Il problema del partito non è riducibile a far coesistere maggioranza e minoranza. In un partito democratico maggioranze e minoranze hanno una funzione più vitale, al fine di approfondire e meglio rappresentare sensibilità e punti di vista che emergono nella società e nei suoi settori più dinamici. La questione riguarda tutto il sistema politico ed in ultima analisi il funzionamento della stessa democrazia. La tentazione della personalizzazione e spettacolarizzazione della leadership sembrano in questa fase una strada obbligata, ma a parte ogni altra considerazione, possono restare legate soprattutto a risposte emotive e di incerta durata. Si impone pertanto una riflessione profonda sulla riforma del partito, della forma partito, che non può essere ridotto a comitato elettorale intorno a leader. Problema che si riflette anche in periferia e nei rapporti tra dirigenze locali e quella del centro. Le stesse primarie non sono una soluzione miracolistica pur rappresentando uno sforzo positivo. Anche se l’esperienza compiuta mostra che non scompaiono manovre e giochi di potere , personalismi e comportamenti discutibili. Maiora premunt si dirà ed è comprensibile. Tuttavia il problema esiste e lo stesso segretario-presidente del Consiglio dovrebbe in qualche modo farsene carico.

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