Le dichiarazioni infondate dette nella campagna elettorale
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Le dichiarazioni infondate dette nella campagna elettorale

Analisi delle valutazioni espresse dai contendenti. Il dibattito elettorale è risultato fuorviante e dominato dalle strumentalizzazioni. [Giuseppe M. Pignataro]

Le dichiarazioni infondate dette nella campagna elettorale
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Giuseppe Pignataro Modifica articolo

19 Febbraio 2013 - 19.14


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di Giuseppe M. Pignataro

Da quando è iniziata la campagna elettorale tutti i giorni assistiamo a dibattiti sui media in cui vengono fatte valutazioni sulla situazione economica italiana e sulla sua evoluzione degli ultimi anni. A riguardo le distanze delle posizioni tra i vari contendenti risultano quasi sempre abissali e non si riesce facilmente a capire dove sta la ragione: da una parte, dall’altra o altrove.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza analizzando quelle più frequentemente utilizzate.


– Non cresciamo da 20 anni!

Non è vero! Dal 1995 al 2007 (prima della crisi di Lehman) siamo cresciuti ad un ritmo superiore alla Germania, quello che è successo in seguito è stato devastante, abbiamo perso 7 punti di PIL mentre Germania, Francia e altri paesi hanno recuperato e a volte superato il terreno perso dopo la grande recessione del 2009; di conseguenza la giusta affermazione è che non siamo stati capaci di reagire efficacemente alla crisi e non abbiamo più saputo gestire l’emergenza susseguita alla crisi finanziaria prima e dei debiti sovrani poi (v. tav. 1).


– Abbiamo la spesa pubblica tra le più alte al mondo!

Non è vero! La spesa corrente dell’Italia è più bassa della media europea e ampiamente più bassa di Francia e Regno Unito; anche la spesa pro-capite complessiva si colloca ai livelli più bassi dell’area Euro (v. tav. 2).


– Il nostro debito pubblico è cresciuto a causa dell’eccesso di spesa pubblica!

Non è vero! Il nostro debito pubblico nel 2007 era al 103.1% del PIL, la crescita successiva è dovuta esclusivamente alla perdita di PIL su base annua di circa 100 miliardi; se avessimo mantenuto un tasso di crescita pari a quello della Francia post-crisi o se fosse stato anche pari a zero, il debito avrebbe avuto una dinamica di crescita molto più contenuta e ovviamente la situazione economica generale sarebbe assai meno drammatica.


– Il nostro debito pubblico negli ultimi anni è cresciuto in misura superiore a quello degli altri paesi europei!

Non è vero! Tra il 2007 e il 2012 il nostro debito in rapporto al PIL è cresciuto del 17,4% contro una crescita della Germania del 15,3%, della Francia del 21,8%; del Regno Unito del 40,8%, della Spagna del 33% e una media dell’UEM del 23,8% (fonte Eurostat).


– A fine 2011 l’Italia correva il rischio di non riuscire a pagare gli stipendi!

Con questa affermazione si vuole intendere che l’Italia, come era già accaduto a Irlanda, Grecia e Portogallo, stava per perdere l’accesso ai mercati a causa della crisi di sfiducia crescente sulla sostenibilità del proprio debito pubblico; questi paesi anche dopo aver perso l’accesso ai mercati, grazie agli aiuti internazionali, hanno pagato regolarmente gli stipendi ai dipendenti pubblici; inoltre la Spagna nel luglio 2012 ha raggiunto livelli di spread di 640 punti base e si è venuta a trovare in una situazione molto più grave dell’Italia, ma ciò non ha comportato né la perdita dell’accesso ai mercati né l’impossibilità di pagare regolarmente gli stipendi pubblici.


– Durante gli ultimi 20 anni l’Italia si è impoverita in misura rilevante!

Non è vero! Dal 1995 ad oggi la ricchezza italiana è cresciuta in misura rilevante passando da 4.500 miliardi di ricchezze complessive (reali e finanziarie) del 1995 a 9.400 miliardi del 2011 ed il rapporto tra ricchezze e reddito disponibile delle famiglie si è attestato ai primissimi posti in Europa così come la ricchezza pro-capite (v. bollettino economico Banca d’Italia n. 65 del 13/12/2012).


– Ci troviamo in grave difficoltà perché abbiamo accumulato troppo debito in passato!

E’ vero che tra il 1981 e il 1995 abbiamo accumulato troppo debito raggiungendo il 121,5% del PIL, ma nel 2007 il rapporto debito/PIL era sceso al 103,1% e la distanza tra debito e prodotto era di 47 miliardi; oggi la distanza è di 410 miliardi circa e il rapporto è salito al 126,5%, quindi l’eccesso di debito che crea instabilità finanziaria si è formato negli ultimi cinque anni.


– Negli ultimi decenni la pressione fiscale è cresciuta in misura rilevante!

Non è vero! La pressione fiscale è rimasta stabile intorno al 40-41% tra il 2000 e il 2005, nel 2006 è cresciuta al 42% e fino al 2010 ha oscillato tra il 42 e il 43%; nel 2012 ha subito un’impennata vicina al 45% e nel 2013 supererà questo livello.


– Lo spread si è ridotto drasticamente grazie all’azione del Governo Monti!

Lo spread nel luglio del 2012 ha raggiunto i 540 punti base vicino al massimo del 2011 pari a 570 punti base; da quel momento tutti gli spread in Europa hanno cominciato a scendere grazie all’intervento della Bce (OMT) in misura molto accentuata, la stessa identica situazione si era verificata ad inizio anno 2012 allorché la BCE era intervenuta con le operazioni di immissione di liquidità nel sistema bancario europeo (LTRO); quindi è agevole dedurre che il merito è solo in minima parte dei singoli governi (v. tav. 3).


– Il Governo Monti ha risanato le finanze pubbliche italiane!

Le finanze pubbliche italiane nel 2012 hanno avuto un miglioramento in termini di deficit, passato da -3,9% a -2,6% e di avanzo primario passato da +1% a +2,9% ma complessivamente il principale indicatore costituito dal rapporto debito/PIL ha subito un drastico peggioramento passando in un anno dal 120% al 126,5% (123,5% al netto delle somme versate al Fondo Salva Stati); è quest’ultimo dato di cui occorre tenere veramente conto per stabilire l’efficacia di un’azione governativa; è necessario tuttavia precisare che gli interventi di austerità nella gestione della finanza pubblica del 2012 hanno avuto il merito di comunicare alla comunità finanziaria la fortissima volontà del paese di risanare i propri conti ma hanno il demerito non trascurabile di aver avuto effetti recessivi largamente superiori alle attese dello stesso governo, provocando un peggioramento del quadro economico complessivo senza precedenti dal dopoguerra.


– Senza l’azione del governo Monti in Italia la BCE non avrebbe potuto decidere gli interventi (OMT) che hanno determinato la riduzione degli spread in Europa!

Nel luglio 2012 era emerso con chiarezza che l’azione dei governi in difficoltà non stavano affatto calmierando i mercati ed il rischio di rottura dell’area Euro stava aumentando enormemente, è questo il motivo che ha spinto la BCE ad intervenire; la BCE è una istituzione del tutto indipendente ed è quindi una supposizione affermare che se Monti non avesse applicato la sua politica di rigore la BCE non sarebbe intervenuta; un default di Italia o Spagna o una loro uscita dai mercati avrebbe avuto comunque un costo ben più oneroso per l’intera comunità europea (e non solo) ed era quindi un interesse prioritario dell’Europa e della BCE mettere in sicurezza l’Euro.


– Le banche italiane hanno ricevuto dalla BCE 250 miliardi di Euro al tasso dell’uno percento e anziché prestarli alle famiglie e alle imprese hanno preferito comprare titoli di Stato!

E’ sostanzialmente vero che quei fondi sono affluiti prevalentemente in acquisti di titoli di Stato! Ma le motivazioni sono dovute non ad una scelta di convenienza ma ad una necessità legata ai problemi di liquidità di cui le banche hanno sofferto sui mercati a seguito della crescita esponenziale del rischio paese e alla conseguente difficoltà a rifinanziare il proprio portafoglio prestiti; ciò ha reso necessario parcheggiare quella liquidità anziché immobilizzarla in nuovi prestiti, per fronteggiare le scadenze dei bond ed altri strumenti di raccolta ed evitare così situazioni di possibili default.


– Lo spread è cresciuto in misura abnorme per colpa della speculazione!

Lo spread è cresciuto in misura rilevantissima a partire dal 21.07 del 2011 quando la coppia Merkel – Sarkozy decise nel summit europeo di quel giorno di chiedere un haircut (una perdita sul capitale) agli investitori di titoli greci (v. tav. 4); da quel momento è venuto a cadere uno dei pilastri principali dell’area Euro rappresentato dall’assenza del rischio di mancato rimborso dei titoli di debito dei paesi appartenenti; la logica conseguenza è stata la fuga degli investitori dai titoli dei paesi più indebitati come l’Italia che presentava uno dei maggiori profili di rischio (alto debito e bassa crescita); la speculazione quindi può aver contributo ad aggravare il problema degli spread crescenti ma non è stato il fattore determinante.


– Il debito pubblico si può ridurre in misura considerevole grazie alla dismissione di patrimonio pubblico immobiliare, mobiliare e concessioni!

Non è affatto vero! In Italia nel 2012 sono state effettuate transazioni complessive di immobili non residenziali per circa 2 miliardi di Euro; pertanto, con un supporto creditizio al real-estate del tutto asfittico, non è pensabile che si possa dismettere patrimonio pubblico per importi significativi; inoltre sarebbe del tutto controproducente procedere a vendite di asset strategici.


– L’Italia durante il Governo Monti ha accresciuto la propria credibilità internazionale!

E’ senz’altro vero per certi versi, ma non rispondente alla realtà per altri; infatti il merito di credito assegnato dalle agenzie di rating del nostro paese ha subito nel 2012 downgrade per notches complessivi (livelli di merito di credito) superiori a quello che l’Italia aveva subito negli anni precedenti (6 contro 5 tra il 2008 e il 2011).


– L’unico modo per risollevare le sorti dell’Italia e dell’Europa è quella di mutualizzare i debiti (Eurobonds) e/o di trasformare la BCE in prestatore di ultima istanza come le banche centrali di Stati Uniti, Giappone e Inghilterra!

Si tratta di pure illusioni in quanto il principale paese europeo (e non solo) è del tutto contrario a tali ipotesi, questo paese pesa per il 27% in tutte le istituzioni europee, la sua contrarietà è quindi ineludibile e le motivazioni che adduce sono per molti versi comprensibili; peraltro anche se la Germania dovesse diventare disponibile su tali punti, non è pensabile che ciò avvenga prima di un’integrazione politica degli Stati; inoltre se anche si decidesse all’unanimità di andare in questa direzione occorrerebbe un periodo di tempo non breve per realizzare in concreto il progetto di integrazione; in ogni caso per andare verso questa direzione la condizione imprescindibile è che gli squilibri tra paesi ricchi e paesi poveri in Europa tendano a ridursi drasticamente, ma ciò non solo non sta accadendo ma le divergenze si stanno ampliando.


– L’Italia può riprendere un percorso di crescita solo se adotta profonde riforme strutturali!

Nella situazione che si è determinata si tratta di una condizione necessaria ma non sufficiente; infatti il fardello del debito e gli oneri che ne derivano hanno provocato una serie di fattori invalidanti tali da bloccare o frenare in misura determinante il processo di crescita; per questo anche se riuscissimo a darci un insieme di regole e di meccanismi di funzionamento, economici e civili, più evoluti e più efficaci i risultati sarebbero limitati qualora non si interviene anche su quei fattori (vulnerabilità finanziaria, flussi di credito erogato, livello della pressione fiscale).


– Grazie alla riforma Fornero migliorerà il mercato del lavoro!

La riforma Fornero è una riforma regressiva che impatta sul mercato del lavoro in modo antitetico agli obiettivi che dovevano essere perseguiti, e cioè maggiore flessibilità in uscita e in entrata; l’unico risultato conseguito è una sconcertante rigidità in entrata che sta distruggendo molti posti di lavoro.


– Grazie alla riforma Fornero il nostro sistema pensionistico è più sostenibile!

Il sistema pensionistico per essere sostenibile necessità di due condizioni imprescindibili:

– un buon tasso di sviluppo economico;

– un adeguato tasso di sviluppo demografico.

Senza queste condizioni qualunque sistema pensionistico è destinato nel tempo a diventare insostenibile; pertanto se la modifica di un sistema pensionistico in forma più restrittiva incide negativamente sullo sviluppo del PIL, accentuando per esempio la disoccupazione giovanile, la sua sostenibilità, in mancanza di altri supporti, è destinata a peggiorare.


– Abbiamo messo il paese in sicurezza finanziaria e posto le basi per un percorso di crescita!

Fino a quando la distanza tra debito e prodotto continuerà a crescere ai ritmi attuali (circa 90 miliardi di Euro nel 2012) non si può assolutamente affermare che il paese è in una condizione di sicurezza finanziaria, e fino a quando non saranno ricreate condizioni vere per rimuovere le cause che impediscono la crescita le affermazioni sul nostro futuro improntate all’ottimismo sono del tutto fuori luogo.

In definitiva pertanto, sulla base delle valutazioni espresse, il dibattito elettorale è risultato in buona parte del tutto fuorviante, confuso e ampiamente dominato dalle strumentalizzazioni. E in tali condizioni il risultato prodotto dalle elezioni difficilmente potrà giovare al paese.


TAV 1


TAV 2


TAV 3


TAV 4


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