Bersani e Renzi, l'unione di fatto del Pd
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Bersani e Renzi, l'unione di fatto del Pd

Renzi è Bersani da giovane? O Bersani è Renzi da vecchio? Il paradosso spazio-temporale è possibile ma chissà. Il sindaco esce umanizzato dal confronto ma tende a destra.

Bersani e Renzi, l'unione di fatto del Pd
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29 Novembre 2012 - 12.37


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di Francesco Peloso

Un amico su twitter ha scritto: è come in un film di fantascienza americana degli anni ’60, alla fine in un paradosso spazio-temporale scopriamo che Renzi è Bersani da giovane. Oppure potremmo dire che Bersani è Renzi da vecchio, magari senza passare dalla fermata con su scritto: “Pci”. Il confronto tv ha un po’ umanizzato Renzi, uscito dalle caricature del manichino reazionario, (in fondo anche queste un po’ staliniste), ma del resto ha confermato che il sindaco è un po’ destrorso, o quantomeno astutamente prudente. Su riconoscimento unioni omosessuali ha fatto il compitino, Bersani più populista ha evocato il fantasma del terribile Casini e poi si è richiamato al modello tedesco (mah…). Però decisamente più concreto. Per un candidato giovane del centrosinistra sul tema del riconoscimento delle coppie di fatto non ci può essere incertezza, anche per ragioni di marketing.

Su Primavera araba Renzi ha studiato un po’ di più, Bersani parla di fatto a vanvera ma si aggrappa a una certezza: il riconoscimento della Palestina da parte dell’Onu; Renzi tira in ballo l’Iran, sembra aver studiacchiato ma poi barcolla su riconoscimento Palestina anche se, come ha detto con stile geniale e aulico una nostra lettrice-commentatrice, “è inutile che lecca il culo a Obama perché tanto lui non se lo caga”. E poi il sud, la questione meridionale: meglio Bersani, Renzi sembra quasi non sapere dove sia questo famoso sud del Paese, sa che due volte l’anno si gioca Fiorentina-Napoli ma non va molto oltre.

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Sul conflitto d’interessi invece Bersani è patetico e Renzi gioca facile e fa gol a porta vuota. Ancora il sindaco di Firenze manda a quel Paese Casini in un’ipotetico futuro post-elettorale, cosa che sarà poco ortodossa politicamente ma è certamente efficace. In materia di rottamazione e costi della politica è ancora il sindaco di Firenze ad avere largamente la meglio. Ma su tanti temi si è capito che in in fondo, i due, cercavano un po’ artificiosamente un modo di differenziarsi perché alla fine la pensavano in modo simile (immigrazione, scuola, lavoro ecc.). Sulle pensioni Bersani ha criticato la Fornero, Renzi è stato più realista e ha detto cose che probabilmente fuori dalla campagna elettorale pensa anche il Segretario del Pd.

Dal punto di vista della comunicazione non è sembrato esserci partita, Renzi è di questo evo Bersani di quello precedente. Però il capo del Pd è apparso più rassicurante e complessivamente più deciso a fare alcune cose. Sul fronte della politica internazionale è emerso un provincialismo penoso, che è il ritratto preciso del Paese. Per il resto buone maniere, la Maggioni – la detestavamo – meglio di Vespa, Mentana, Mimun e compagnia; sciolta, serena, e qualche domanda interessante. Tutto sembra già scritto, e però se al secondo turno si riaprisse il voto forse il risultato non sarebbe tanto scontato.

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