Genova con Lusi e Belsito, brucia di rabbia e vergogna
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Genova con Lusi e Belsito, brucia di rabbia e vergogna

Da un autorevole esponente dell'ex Pci: sciogliere le fondazioni della Margherita e dei Ds, partiti morti con casseforti piene che condizionano partiti più o meno vivi.

Genova con Lusi e Belsito, brucia di rabbia e vergogna
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18 Aprile 2012 - 15.58


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In un piccolo libro “In attesa di una veronica. Racconti tra America ed Europa”, l’europarlamentare genovese Roberto Speciale si fa scrittore e racconta alcune cose molto interessanti. Un capitolo dal titolo avvincente: « La Cuoca di Lenin e l’autista del ministro». Si parte da Vladimir Ilych Ulyanov che affermava occorresse “portare le cuoche al governo dello Stato”. Paradosso a sostegno della emancipazione e verso l’allargamento nella direzione della cosa pubblica. Oggi, proprio la destra ha preso quell’insegnamento di Lenin e lo ha fatto proprio, anche se in modo farsesco grazie ad una legge elettorale sbagliata che consente ai vertici di far eleggere non più la cuoca ma la propria igienista dentale. O il proprio portaborse, o la soubrette preferita, o, ultimamente, l’autista personale.

«E così, solo per fare un esempio e limitarmi a un’unica categoria, un parlamentare leghista, il sottosegretario Belsito, prima di ascendere a quel ruolo è stato l’autista di un ministro e così la storia con tantissimi altri. Così si dice che Francesco Storace esordì in politica come autista del ras del Msi del Lazio Marchio, così come si racconta che Cuffaro fosse l’autista di Calogero Mannino, Renato Schifani di Giuseppe La Loggia e ancora che Elio Vito trasportasse in gioventù Marco Pannella (…)». Conclusione politica: «Ma credo che ci voglia un po’ di tempo e molto talento per passare dalla guida di un’auto privata alla guida di un’istituzione pubblica. E d’altra parte ci sono ministri che se fossero dimissionati avrebbero difficoltà a trovare qualsiasi lavoro, anche da autisti». di Roberto Speciale*

Non si può non parlare della Lega anche a Genova in vista delle elezioni amministrative per il Comune se non altro perché l’ultimo tesoriere (e il penultimo) provengono da questa città e qui, sembra, si siano intrecciate vicende molto gravi che i candidati sindaci hanno tutto l’interesse a chiarire.

Non so se le inchieste che stanno scuotendo dalle fondamenta la Lega si concluderanno con la pratica scomparsa di questo partito-movimento o con una sua rigenerazione seppur ridimensionata nelle ambizioni. In ogni caso è stato strappato il mito che la circondava e la realtà appare invece nella sua crudezza: una forza politica nazionale dominata da una famiglia, anzi da un clan!

Ci troviamo di fronte anche ad aspetti grotteschi, un po’ medioevali, ad atteggiamenti che hanno ben pochi precedenti nella politica italiana, pur così ricca di esempi ed esperienze. Anche la linea di difesa dell’ex ministro Maroni appare debole: si tratterebbe di circonvenzione del segretario!

Non scrivo per insistere su questi aspetti e per infierire: sono già così evidenti che non è necessario ricalcarli. Ciò che emerge anche attraverso gli avvenimenti che colpiscono la Lega è il vuoto della politica che non mi rallegra ma anzi mi sollecita a dire che è necessario riempirlo. Una nuova e diversa politica è necessaria se non si vuole indebolire tragicamente la stessa vita democratica del Paese.

I partiti sono stati una leva formidabile (non l’unica ma sicuramente essenziale) di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, all’interesse generale e uno strumento insostituibile per formare una parte delle classi dirigenti e per disciplinare e controllare i rappresentanti della politica.

Mi pare davvero che si possa dire che ormai non esistono più i partiti ma solo, seppur diversi tra di loro, tribù, gruppi di potere, capi azienda, leader soli o autoreferenziali, comitati elettorali. Tutti apparati, in ogni caso, inadatti a formare buoni dirigenti e amministratori. E naturalmente è svaporata anche la cultura politica che è l’identità storicamente giustificata e proiettata verso il futuro che dà carne e sangue agli schieramenti e alla diversità delle forze politiche.

Bisogna ricominciare a costruire una buona politica che è fatta di idee, di regole, di servizio, di interesse generale e di visioni culturali del mondo. Non so se sarà possibile, se vi sarà l’interesse e si troveranno le energie per mettere mano a questo impegno, se vi sono, in altri termini anche solo pochi che vogliano intraprendere questa sfida. So o penso di sapere, però, che tutto questo è necessario.

In questi lunghissimi quasi venti anni la coppia Berlusconi-Bossi ha comandato quasi ininterrottamente ed ha influenzato in modo determinante il Paese. Tragicamente, secondo me e con effetti devastanti sull’economia, le istituzioni, la cultura, il costume. Non è stato però solo demerito loro ma anche dell’assenza di un’alternativa credibile e non smarrita.

Ciò che è più grave è che non si vede ancora la piena consapevolezza di questa situazione e quindi l’inizio di una resipiscenza. Sarebbero tante le cose da fare e sulle quali ricreare un barlume di fiducia per ricostruire: è fin troppo facile farne l’elenco. Prima di tutto però secondo me vanno rifondati i partiti e la loro cultura politica, il senso della loro esistenza.

A “sinistra” c’è una piccola, grande, cosa da fare subito: sciogliere le due fondazioni della Margherita e dei Ds che non hanno più nessuna motivazione perché rappresentano partiti morti con casseforti piene che condizionano partiti più o meno vivi. E poi chiarire come sia stato possibile che il tesoriere della Margherita, Lusi, sia stato eletto dal Pd in questa città a lui completamente sconosciuta e lui da noi, fino ad ieri, assolutamente ignorato. C’è il coraggio di farlo?


* Europarlamentare per due legislature, ex segretario provinciale genovese e regionale ligure del Pci negli anni ’80
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