Oggi i militari professionali italiani sono circa 180 mila e sono meno di quelli previsti dall’attuale modello di Difesa. Eppure, ammette lo stesso neo ministro ed ex ammiraglio Gianpaolo Di Paola, ne basterebbero molti meno.130-140 mila, se non addirittura 90 mila. Tradotto in soldi, una montagna, visto che gli stipendi valgono il 62 per cento del bilancio della Difesa. 23 miliardi di euro più 1,4 miliardi per le missioni all’estero.
Rimedi. Sulla struttura delle Forze armate del futuro: tagli robusti sul personale, attraverso il blocco del turn-over, e investimenti sulla tecnologia. È una strada che piace alle industrie, alla Marina e all’Aeronautica ma che solleva polemiche si un altro fronte. Innanzitutto il controverso Joint Strike Fighter, o F-35, il cacciabombardiere più costoso della storia. Lo sfortunato progetto della Lockheed è rincarato sino a 200 milioni di euro. L’uno.
L’Italia ne voleva 131, il programma prevede una spesa di almeno 15 miliardi in dodici anni. Ora sarebbero già 26 miliardi con molti dubbi sulla validità di questo costosissimo gioiello militare. E’ talmente caro che tutti i paesi interessati ci stanno ripensando, persino Israele e il Regno Unito hanno dovuto tagliarne i programmi e il Pentagono ha ridimensionato le richieste dopo che il Washington Post ha definito il progetto F-35 “un disastro”.
L’inutile gioiello. L’F-35 è un aereo progettato per le esigenze della Guerra fredda, quasi inutile in teatri come l’Afghanistan. Beffa ulteriore, del fiume di denaro necessario, in Italia resteranno solo poche gocce. Gli operai destinati a montare le ali nello stabilimento di Cameri saranno solo 600, meno dei mille impegnati oggi nella lavorazione del vecchio Eurofighter. Persino una parte della manutenzione sarà fatta all’estero.
Nel mirino dei conti anche la “Cavour”, portaerei da un miliardo e mezzo di euro, a cui servono gli F-35 a decollo corto altrimenti è la stessa nave a non avere più senso. La politica estera italiana non dovrebbe prevedere tentazioni imperiali, polemizzano in molti, non solo tra i pacifisti schierati ma anche in Parlamento. Quella supernave, a titolo di cronaca, costa duecentomila euro al giorno in navigazione, centomila quando resta in porto.
Grandeur marinara anche per il naviglio minore. Dieci fregate della classe “Fremm”, per 6 miliardi di euro. Tante, e poi, troppo costose, visto che -secondo gli esperti- l’Italia riesce a pagarle molto di più della “Marine nationale francese”. Brutta aria insomma anche sul fronte di quella che dovrebbe essere solo “difesa nazionale” e non tentazioni di improbabile leadership mediterranea nata in tempo politici di sbandamento ideale e finta abbondanza.
Rimanendo al momento in piedi la pericolosa e sempre meno sensata missione in Afghanistan, approvata la spesa di 600 milioni per blindati Lince, mezzi logistici salvavita per i nostri militari in pattuglia in quelle terre ostili che già hanno provocato 36 vittime. Un ordine che “vale” tre F-35, ma darà lavoro a duemila persone per tre anni. Sperando che nel frattempo anche quella spesa militare si riveli sostanzialmente inutile per fine missione.
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