Ecco dove cresce Nicola: i villaggi del Mugello modello di ecosostenibilità ambientale
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Ecco dove cresce Nicola: i villaggi del Mugello modello di ecosostenibilità ambientale

Le comunità utopiche, come quella di Campanara, non sono esperimenti isolati di hippie stravaganti, ma realtà organizzate, dislocate in tutto il Paese

Ecovillaggio di Campanara in Mugello
Ecovillaggio di Campanara in Mugello
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23 Giugno 2021 - 15.25


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La vicenda della scomparsa e del ritrovamento del piccolo Nicola ci ha fatto scoprire un mondo che pochi conoscono, ma che è realtà nel nostro Paese e neanche così isolata, come ci racconta Ilaria Betti dell’HuffPost.
Chi sceglie di vivere in un ecovillaggio sceglie di vivere a stretto contatto con la natura e con il prossimo, spesso senza tecnologia, usando energia rinnovabile e metodi di autoproduzione sostenibili. Sceglie di condividere con gli altri abitanti la stessa filosofia di vita, scevra dal materialismo contemporaneo. 
Gli ecovillaggi, come quello in cui vive la famiglia del piccolo Nicola, il bimbo di due anni scomparso e poi ritrovato nella valle di Campanara, frazione di Palazzuolo sul Senio, non sono esperimenti isolati di qualche stravagante, ma realtà diffuse e dislocate in tutta Italia. Ma come si vive in queste comunità utopiche? La Rete Italiana dei Villaggi Ecologici – Rive sostiene che “le esperienze di vita comunitaria siano dei veri e propri laboratori di sperimentazione sociale ed educativa per un mondo migliore”. 
Che cos’è un ecovillaggio
Un ecovillaggio è una realtà comunitaria nella quale cinque o più persone (sia grandi che piccini), non tutte appartenenti alla stessa cerchia familiare, decidono di vivere e costruire delle basi comuni per portare avanti un progetto di vita sostenibile, a livello ecologico, sociale, spirituale ed economico. Gli obiettivi – come specifica la Rive – possono essere i più vari, “come fare insieme un orto o un pollaio, trovare la via per trasformare i conflitti interpersonali o farsi custodi di luoghi incontaminati o abbandonati, gesti apparentemente semplici che racchiudono la strada verso il cambiamento della società a partire da se stessi e dalle proprie scelte quotidiane”.
Per Francesca Guidotti, ex presidente Rive, curatrice del libro Ecovillaggi e cohousing (Terranuova) e fondatrice della comunità Torre di Mezzo, in provincia di Prato, ogni villaggio ha le proprie caratteristiche: c’è quello che è più improntato all’agricoltura, quello che bada più alla crescita interiore, quello più ‘estremista’ che predica la vita senza agi. In generale, ci sono almeno altri venti progetti che si stanno facendo strada perché l’interesse attorno a questa scelta di vita sta aumentando. “Chi si avvicina a questo mondo è attratto inizialmente dalla possibilità di vivere in campagna – afferma ad HuffPost – ma poi si appassiona al modo di vivere della comunità. In questi villaggi non si è mai soli, si lavora per il bene collettivo, e questo dà un grande sollievo all’anima, soprattutto in un periodo storico come quello che stiamo vivendo”.
Secondo la Rive, gli ecovillaggi consolidati ed esistenti da tempo in Italia sono circa una ventina. Tra questi troviamo una delle esperienze più originali, quella del Popolo degli Elfi, che dagli anni ’80 popola l’Appennino pistoiese: si tratta di una comunità di più di 150 persone sparse in quindici diversi nuclei abitativi, alcuni dei quali distanti anche un’ora di cammino a piedi l’uno dall’altro. In una parte delle abitazioni non c’è elettricità, si mira all’autosufficienza, e, quando possibile, si pratica il baratto, sia tra i villaggi che con altre realtà. Tra le comunità più antiche e longeve d’Italia c’è anche Utopiaggia, dal 1982 sulle colline tra Perugia e Terni, fondata da tedeschi a cui poi si sono uniti anche gli italiani. Oggi gli abitanti sono 18 e tutti inseguono l’ideale di una vita senza gerarchia, in solidarietà.
L’Ecovillaggio Campanara
Tra Toscana ed Emilia, in una splendida valle immersa nel silenzio, si trova il  Campanara Ecovillage, situato in una frazione di Palazzuolo sul Senio. Il progetto prende avvio nel 1985, dall’acquisto della canonica e chiesa di Campanara. I primi ad arrivare nella valle furono otto persone appena rientrate da un lungo viaggio in India, poi seguiti da italiani ma anche stranieri, soprattutto tedeschi.
Immerso nel verde quasi incontaminato dell’appennino tosco-romagnolo, l’ecovillaggio di Campanara è votato all’autosussistenza, alla riscoperta e valorizzazione di arti e mestieri antichi e al rispetto dell’ecosistema. Chi ci vive coltiva gli orti, alleva animali, produce prodotti bio e manufatti artigianali, usano energie rinnovabili. Agli avventori, oltre a far conoscere la comunità, si offre ospitalità in tende indiane attrezzate.
Qui i telefoni cellulari sono irraggiungibili, dettaglio questo che rende ancora più affascinante questo posto così lontano dal mondo. Pina, la mamma del piccolo Nicola, vive in questo luogo dal 2009 con il compagno Leonardo: “Mi sono avvicinata al mondo contadino nel 2009 dopo una laurea triennale in scienze sociali. Mi sembrava assurdo saper utilizzare un pc e non aver mai piantato un pomodoro, non saper più riconoscere una pianta velenosa da una che cura, calpestare buonissime erbe mangerecce, quale legna usare per dei manici o dei recinti”, racconta lei su un sito web, come riportato dal Corriere della Sera. “Non volevo sfruttare né essere sfruttata — spiega ancora Pina sul sito dell’associazione Campiaperti, comunità in lotta per la sovranità alimentare— gli animali selvatici come tutto il resto li avevo visti nei libri così ho conosciuto Leonardo e altri con cui vivere con la tendenza all’autosufficienza”.
L’ecovillaggio Campanara non è l’unica realtà di questo tipo in Toscana. In tutta la regione si contano oltre una decina di grandi insediamenti dove il tempo si è fermato. C’è, ad esempio, l’ecovillaggio Ciricea, progetto di comunità no profit nato nel 2010, dove vivono attualmente 13 persone, che si dedicano al lavoro online, all’agricoltura o alla realizzazione di prodotti artigianali. C’è poi l’ecovillaggio Corricelli, Cantagallo (Prato): nelle case del borgo, nelle due capanne di paglia e nella yurta vivono otto persone e un ragazzo profugo del Ghana. Impianti fotovoltaici, collettori solari e varie sorgenti garantiscono al villaggio dell’associazione Basilico l’autosufficienza energetica. 
Di antica fondazione è La Bagnaia, Sovicille (Siena), una comune nata nel 1979, composta da una ventina di persone. Vi si produce olio, vino, carne bovina, foraggio, cereali, formaggi e miele. Il riscaldamento va a legna e ci sono pannelli solari per l’acqua calda. Per irrigare gli orti si usa l’acqua raccolta sui tetti. L’idea – si legge sul sito Ecovillaggi.it – è “quella di sperimentare nel quotidiano la condivisione delle risorse umane ed economiche e una vita di gruppo che preveda la comprensione, il rispetto reciproco e la collaborazione. Si basa sul principio di equità dei diritti e dei doveri”.

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