Brunetta, De Andrè e la cattiveria dei nani
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Brunetta, De Andrè e la cattiveria dei nani

L'ultima puntata di Brunetta vs Precari si è svolta a Viterbo. La "cattiveria" mostrata dal ministro merita una riflessione sui piccoli di statura [Piero Montanari]<br>

Renato Brunetta
Renato Brunetta
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Piero Montanari Modifica articolo

29 Luglio 2011 - 10.33


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di Piero Montanari

L’ultima puntata di Brunetta vs Precari si è svolta lunedì scorso al festival della cultura digitale di Viterbo, mentre il ministro della Funzione Pubblica veniva intervistato sul palco dal direttore del “Tempo” Mario Sechi, quello che riesce ad avere occhiali più brutti della suo fisiognomica.

Brunetta si era già distinto per la su capacità di “mediare”, da buon ministro, le discussioni che sono nate durante i suoi interventi pubblici, tant’è che viene normalmente scortato e protetto da un esercito di nani, per non farlo sentire in difficoltà e, quando le cose si mettono male – il che succede spesso – sparato via con un cannone da circo, sempre pronto all’uopo.

Premesso sono allibito, perchè non ho mai sentito un ministro della repubblica rivolgersi con tutto questo veleno, anche se nei confronti di contestatori, chiamandoli ripetutamente “disperati, cretini, poveracci, disgraziati, io sono io e voi non siete un cazzo – questo lo ha detto tra le righe – ho il consenso di 60 milioni di italiani etc”, mentre erano probabilmente persone in crisi lavorativa con problemi di sussistenza e in difficoltà e non, piuttosto, No Tav. o Black Bloc, come lui sostiene, e cioè contestatori tout court.

A questo punto dobbiamo ragionare sulla particolarità degli uomini piccoli di statura, se non addirittura affetti da nanismo, come Brunetta. La loro cattiveria è proverbiale, perchè da sempre, dall’asilo, alle scuole superiori fino all’università, hanno dovuto rintuzzare gli attacchi dei compagni che li sfottevano e delle ragazze che li ignoravano. Che vita avrà fatto Brunetta dal basso del suo scarso metro e mezzo? Ma una vita di stenti sociali, di frustrazioni, di infelicità. “Tu che sei piccolo, va dietro” gli avranno detto tante volte salendo in macchina, “Mettiti davanti Renatino, se no non ti si vede sulla foto”.

Come pensiamo che avrà vissuto la gioia di diventare, da professore universitario, anche ministro?
Ma come la rivalsa della sua vita. Il Ministro della Rivalsa Sociale. Il piccolo David vs il Gigante
Golia, che poi sarebbe la gente in difficoltà che chiede solo risposte, i precari, quelli che non ce la
fanno a finire il mese ma manco ad incominciarlo.

E lui cosa fa? Li insulta solo perchè lo contestano? Piccolo e cattivo, come solo i piccoli sanno
essere. E sottaccio, per questa volta, sul Nano dei Nani…

Ora dobbiamo rileggere insieme le prime strofe di “Un giudice”, profetica canzone di Fabrizio De Andrè che contiene uno straordinario aforisma che forse conoscete.
E ricordare, in un futuro prossimo, quando voteremo qualcuno, che la sua statura fisica – prima di
quella morale – potrà rivelarsi determinante per le sorti del Paese.

Un Giudice (Fabrizio De Andrè)

[i][i]Cosa vuol dire avere

un metro e mezzo di statura,

ve lo rivelan gli occhi

e le battute della gente,

o la curiosità

di una ragazza irriverente

che si avvicina solo

per un suo dubbio impertinente:

vuole scoprir se è vero

quanto si dice intorno ai nani,

che siano i più forniti

della virtù meno apparente,

fra tutte le virtù

la più indecente.

Passano gli anni, i mesi,

e se li conti anche i minuti,

è triste trovarsi adulti 

senza essere cresciuti;

la maldicenza insiste,

batte la lingua sul tamburo

fino a dire che un nano

è una carogna di sicuro

perché ha il cuore troppo,

troppo vicino al buco del culo.

Fu nelle notti insonni

vegliate al lume del rancore

che preparai gli esami.

diventai procuratore

per imboccar la strada

che dalle panche d’una cattedrale

porta alla sacrestia

quindi alla cattedra d’un tribunale,

giudice finalmente,

arbitro in terra del bene e del male.

E allora la mia statura

non dispensò più il buonumore

a chi alla sbarra in piedi

mi diceva “Vostro Onore”,

e di affidarli al boia

fu un piacere del tutto mio,

prima di genuflettermi

nell’ora dell’addio

non conoscendo affatto

la statura di Dio.

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