Alfonsi (Open Arms) sull'archiviazione di Carola Rackete: "Motivazioni che ribaltano il decreto sicurezza di Salvini"
Top

Alfonsi (Open Arms) sull'archiviazione di Carola Rackete: "Motivazioni che ribaltano il decreto sicurezza di Salvini"

La portavoce dell'organizzazione umanitaria: "Un porto sicuro invece è un luogo nel quale possano essere garantiti i diritti (quello di chiedere asilo primo fra tutti) e le cure"

Alfonsi (Open Arms) sull'archiviazione di Carola Rackete: "Motivazioni che ribaltano il decreto sicurezza di Salvini"
Carola Rackete
Preroll

globalist Modifica articolo

23 Dicembre 2021 - 10.35


ATF

La decisione del gip di Agrigento è stata quella di archiviare l’indagine a carico di Carola Rackete, l’ex comandante della Sea-Watch 3, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di aver violato l’articolo 1099 del codice di navigazione perché non obbedì all’ordine di non entrare nelle acque territoriali italiane, emesso ai sensi del Decreto Sicurezza Bis.

Veronica Alfonsi, portavoce di Open Arms Italia ha affermato: “Da quello che leggiamo, nella sentenza viene ribadito come una nave non possa essere considerata un luogo sicuro per persone soccorse da un possibile naufragio e, dunque, in condizioni di fragilità. Questo mi pare un punto fondamentale anche per la vicenda che vede l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona”.

“Durante l’ultima udienza (del processo a Salvini sul caso Open Arms, ndr) l’avvocata Bongiorno ha molto insistito su questo punto tentando di far passare l’idea che il fatto di essere in acque territoriali al riparo vicino Lampedusa significasse che i naufraghi a bordo erano al sicuro – ha detto adesso Alfonsi -. Un porto sicuro invece, e la legge lo conferma, è un luogo nel quale possano essere garantiti i diritti (quello di chiedere asilo primo fra tutti) e le cure per le persone salvate dal mare. Non è certo il ponte di una nave da soccorso a poter garantire questi diritti. Per la portavoce di Open Arms c’è poi un altro punto importante, ossia l’interdizione per l’ingresso in acque territoriali italiane che allora era stata stabilita con il decreto Sicurezza.

“Anche qui si dice chiaramente che non si può impedire a una nave con persone in difficoltà a bordo di approdare in un porto italiano – spiega -. Sono diritti garantiti dalle Convenzioni internazionali e dalla nostra Costituzione. Nel nostro caso questa interdizione fu sospesa da un pronunciamento del Tar del Lazio. Noi, come tutte le navi umanitarie, abbiamo sempre agito secondo la legge e ogni volta la legge lo conferma”, conclude.

Native

Articoli correlati