I pm vogliono una pena "elevatissima" per i responsabili del disastro di Mottarone
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I pm vogliono una pena "elevatissima" per i responsabili del disastro di Mottarone

La procura: “I fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell’impianto di trasporto per ragioni di carattere economico"

La funivia caduta sul Mottarone
La funivia caduta sul Mottarone
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27 Maggio 2021 - 13.13


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I magistrati della procura di Verbania si sono espressi in modo severissimo nel decreto di fermo che ha portato in cella tre persone, tra cui il gestore della funivia del Mottarone, per l’incidente avvenuto domenica scorsa.
Una “condotta sconsiderata” che “ha determinato” la “morte di quattordici persone e lesioni gravissime a un minore di cinque anni”.
Per questo, in caso di accertato riconoscimento delle responsabilità la pena detentiva sarebbe “elevatissima”. 
“I fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell’impianto di trasporto per ragioni di carattere economico – ha scritto la procura nel decreto – e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza finalizzate alla tutela dell’incolumità e della vita dei passeggeri”.
I magistrati hanno fatto sapere che Gabriele Tadini, capo servizio della funivia del Mottarone, “ha ammesso di avere deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni), disattivando il sistema frenante di emergenza”. Una condotta di cui, a detta della procura, “erano stati ripetutamente informati” Enrico Perocchio e Luigi Nerini, direttore di esercizio e amministratore di Ferrovie del Mottarone. Questi ultimi però, si legge nel decreto di fermo, “avvallavano tale scelta e non si attivavano per consentire i necessari interventi di manutenzione che avrebbero richiesto il fermo dell’impianto, con ripercussioni di carattere economico”.
Per la procura di Verbania che indaga sull’incidente del Mottarone, inoltre “sussiste il pericolo concreto e prevedibilmente prossimo della volontà degli indagati di sottrarsi alle conseguenze processuali e giudiziarie delle condotte contestate, allontanandosi dai rispettivi domicili e rendendosi irreperibili”. 

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